Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo pagina 80

Testo di pubblico dominio

Venchieredo e di dar intanto una voce al padre Pendola perché egli colla sua meravigliosa prudenza le additasse un mezzo da convertir la Clara all'obbedienza, senza ricorrere a maniere violente e scandalose. Peraltro alcunché di questo ostinato resistere della zitella al desiderio dei suoi trapelava di fuori; e Lucilio sembrava non se n'accorgere, tanto serbava con essa le solite maniere, e il Partistagno compariva alle veglie del castello di Fratta e alla conversazione di casa Frumier più sorridente e glorioso che mai. Il padre Pendola udito il grave caso si offerse esso stesso a paciero fra la Contessa e la nobile donzella; tutti ne concepirono le grandi speranze; e lasciato ch'ei fu a quattr'occhi con essa, alcuno si fermò per curiosità ad origliare dietro l'uscio. — Contessina — principiò a dire il reverendo — cosa ne dice di questo bel tempo? La Clara s'inchinò un po' confusa per non saper come rispondere; ma il padre stesso la tolse d'impiccio continuando: — Una stagione come questa non l'abbiamo goduta da un pezzo e sì che si può dire di esser appena usciti dall'inverno. L'Eccellentissimo Senatore mi ha concesso, anzi doveva dir pregato, di andarne a visitare il mio caro alunno, quell'ottimo giovane, quel compito cavaliere ch'ella ben dovrebbe conoscere. Ma così passando ho voluto vedere di loro, e chieder novella delle cose di famiglia. — Grazie, padre — balbettò la fanciulla non vedendolo disposto a proseguire. Il padre prese buon augurio da quella timidità, argomentando che come le avea strappato quel grazie, le avrebbe poi fatto dire e promettere ogni cosa che avrebbe voluto. — Contessina; — riprese egli colla sua voce più melliflua — la sua signora madre ha riposto in me qualche confidenza e oggi sperava di udire da lei quanto il mio cuore desiderava da lungo tempo. In quella vece ella non mi ha dato che mezze parole; sembra che ella non abbia inteso i retti e santi divisamenti de' suoi genitori; ma spero che quando io le li abbia spiegati meglio, non avrà più ombra di dubbio nell'accettarli come comandati dal Signore. — Parli pure — soggiunse la Clara con fare modesto ma calmo questa volta e sicuro. — Contessina, ella ha in mano il mezzo di ridare la gioia e la concordia non solo a due illustri famiglie, ma si può dire ad un intero territorio; e mi si vuol far credere che per altri scrupoli pietosi ella non voglia approfittarne. Mi permetterà ella di credere che non si interpretò bene la sua risposta, e che quello che parve irragionevole rifiuto e scandalosa ribellione altro non fu che peritanza di pudore o impeto di troppa carità? — Padre, io non so forse spiegarmi abbastanza, ma col ripetere le stesse cose molte volte spero che alla fine mi capiranno. No, io non mi sento chiamata al matrimonio. Dio mi tragge per un'altra strada: sarei una cattivissima moglie e posso continuare a vivere da figliuola dabbene; la mia coscienza mi comanda di attenermi a quest'ultimo partito. — Ottimamente, Contessina. Io non sarò certamente quello che vorrà condannarla di questo rispetto alle leggi della coscienza. Questo anzi raddoppia la stima ch'io aveva per lei e mi fa sperare che in seguito ci raccosteremo nelle opinioni. Mi vuol ella permettere che col mio umilissimo ma devoto criterio l'aiuti a illuminare quella coscienza che forse s'è un po' turbata, un po' oscurata nei tentennamenti, nelle battaglie dei giorni passati? Nessuno, Contessina, è tanto santo da credere ciecamente alla coscienza propria rifiutando i lumi e i suggerimenti dell'altrui. — Parli pure, parli pure, padre: io son qui per ascoltarla e per confessare che avrò torto, quando ne sia persuasa. “Mi dicevano che è stupida!” pensava l'ottimo padre “altro che stupida! Mi accorgo che avrò una stizzosa gatta da pelare, e bravo se ci riesco!” — Or dunque — soggiunse egli a voce alta — ella saprà prima di me che l'obbedienza è la prima legge delle figliuole coscienziose e timorate di Dio. Onora il padre e la madre se vuoi vivere lungamente sopra la terra; lo disse il medesimo Dio, ed ella finora ha sempre messo in pratica questo divino precetto. Ma l'obbedienza, figliuola cara, non soffre eccezioni, non cerca nessuna scappatoia; l'obbedienza obbedisce, ecco tutto. Ecco la coscienza come l'intendiamo noi poveri ministri dell'Evangelo. — E così pure l'intendo anch'io — rispose umilmente la Clara. “Che l'avessi persuasa a quest'ora?” pensò di nuovo il reverendo. “Non me ne fido un cavolo davvero”. Tuttavia fece le viste di crederlo, e alzando le mani al cielo: — Grazie, diletta figliuola in Cristo! — sclamò — grazie di questa buona parola; così per questa strada d'abnegazione e di sacrifizio si tocca l'ultimo grado della perfezione, così si potrà persuadere con suo grande vantaggio che la potrà diventare ancor più eccellente sposa e madre di famiglia che non fu fino ad ora buona e costumata figliuola... Oh non durerà una grande fatica, la si assicuri!... Uno sposo quale fu destinato a lei dal cielo non è sì facile trovarlo al giorno d'oggi! L'ho educato io, Contessina; io l'ho formato colla midolla più pura del mio spirito e colle massime più sante del cristianesimo. Dio la vuol rimeritare della sua insigne pietà, del suo filiale rispetto!... Che egli seguiti a benedirla, e che egli sia ringraziato dell'aver permesso a me di portare nell'anima sua la luce della persuasione!... Il buon padre tenendo sempre le mani e gli occhi verso il cielo si disponeva ad uscire dalla stanza per recare alla Contessa la buona novella; ma la Clara era troppo sincera per lasciarlo in un inganno sì madornale. La sincerità in quel frangente la aiutò tanto bene quanto la furberia, perché il buon padre fidava appunto nel suo scarso coraggio e nell'innocente semplicità, e credeva che si sarebbe lasciata credere persuasa per la ritrosia di dovergli contraddire. Fu adunque molto maravigliato di sentirsi fermar per una manica dalla fanciulla; e capì cosa annunziava quel gesto. Tuttavia non volle darsi per disperato e si volse a lei con un'unzione veramente paterna. — Cosa ha figliuola? — diss'egli inzuccherando ogni parola con un sorriso serafico. — Ah capisco! vuol esser lei la prima a recare a' suoi genitori una tanta consolazione! Dopo averli martoriati tanto, forse a fin di bene, le parrà giusto di gettarsi a' loro piedi, di implorar perdono, di assicurarli della sua sommissione filiale! Andiamo dunque; venga pure con me. — Padre — rispose la Clara per nulla sgomentita da questa finta sicurezza del predicatore — io forse intendo l'obbedienza io un modo differente dal suo. A me pare che obbedire sia un arrendersi oltreché nella lettera, anche nello spirito, ai comandamenti dei superiori. Ma quando uno di questi comandamenti sentiamo di non poterlo osservare pienamente, sarebbe ipocrisia fingere di piegarvisi colle apparenze! — Ah, figliuola mia! cosa dice mai! sono sottigliezze scolastiche. San Tommaso... — San Tommaso fu un gran santo, ed io lo rispetto e lo venero. Quanto a me, ripeto a lei quello che dovetti dire alla signora madre, alla nonna, al papà ed allo zio. Io non posso promettere di amare un marito che non potrò amar mai. Obbedire nel concedermi a questo marito sarebbe un obbedire col corpo, colla bocca; ma col cuore no. Col cuore non potrei mai. Laonde mi permetterà, padre, di rimaner zitella! — Oh, Contessina! badi e torni a badare! Il suo ragionamento pecca nella forma e nella sostanza. L'obbedienza non ha la lingua così lunga. — L'obbedienza quando è interrogata risponde, ed io non chiamata non avrei risposto mai, ne l'assicuro, reverendo padre! — Alto là, Contessina! ancora una parola! Ho da dirle tutto?... Ho dunque da spiegarle tutta la virtù che si può cristianamente pretendere da una figliuola esemplare?... Ella si professa pronta ad obbedire tutti quei comandi dei suoi genitori che si sente capace di eseguire!! Ottimamente, figliuola!... Ma cosa le

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Argomenti: irragionevole rifiuto,    devoto criterio,    grande vantaggio,    scarso coraggio

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