Frasi Belle - Le più belle frasi dolci e romantiche online e altro
|
||||
Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo pagina 120trono la sfibrata aristocrazia; e buona parte della gente di lettere e di garbo le dava mano in cotali macchinazioni. I Piombi ed i Pozzi erano vani spauracchi; un monitorio dell'ambasciatore Lallement spalancava ai rei di Stato quelle porte che non si riaprivano di solito che ai condannati del capo o ai cadaveri. Il dottor Lucilio si facea notare per la sua fervorosa devozione alla causa dei Francesi; e forse l'addentellato a questo zelo virile si trovava da lungo tempo disposto nelle misteriose turbolenze della sua gioventù. Si sa già ch'egli era, come allora si diceva, filosofo; e fra i filosofi principalmente si cernevano i caporioni delle società secrete, che serpeggiavano fin d'allora cupe e corrosive sotto la vernice crepolante della vecchia società. Ad ogni modo nel suo apostolato liberalesco ei ci metteva tutto il calore tutta l'accortezza di cui era capace; e i patrizi che lo incontravano in Piazza, tremavano, come i peccatori alla notturna apparizione d'un demonio. Gli è vero che se uno d'essi ammalava, non era restio dal ricorrere a questo demonio, perché trovasse il bandolo di guarirlo. Allora il celebre medico tastava quei polsi, guardava quelle facce con un certo ghigno che lo vendicava dell'odio sofferto. Pareva che dicesse: “Io vi disprezzo tanto che voglio anche guarirvi, e so che mi siete nemici, ma non me ne cale.” Le signore dimostravano a Lucilio quel rispetto timido e vergognoso che pare uno stregamento, e suole ad una sola occhiata ad un sol cenno trasformarsi più che in amore in venerazione e in servitù. Dicevano ch'egli fosse maestro nell'arte di Mesmer e ne contavano miracoli; certo peraltro di quel suo potere egli usava assai parcamente. E non vi fu donna che potesse dire di aver raccolto da' suoi occhi il lampo d'un desiderio. Serbava l'indipendenza la castità il mistero del mago; ed io solo conosceva forse il segreto di tale sua ritenutezza, poiché i costumi d'allora e più la sua fama di gran medico, di gran filosofo, non consentivano il sospetto d'un amore che lo preoccupasse tutto. Eppur era; e ve lo posso dir io; e quell'amore, allargatosi in un'anima capace come la sua, pigliava oggimai la forza e la grandezza d'una passione irresistibile. Direte voi che egli avea lasciata tranquilla la Clara presso sua madre, che non s'era sbizzarrito nel darle la scalata al balcone, o nel cantarle la serenata dalla gondola, ché l'avea lasciata entrare in convento e che so io. Ma l'amor suo non apparteneva ai comuni: egli non voleva rapire ma ottenere: sicuro della Clara e ch'essa lo avrebbe aspettato un secolo senza piegare e senza disperarsi, egli agognava e maturava con ogni fervore d'opere e di sacrifici il momento quando lo avrebbero pregato di prendersela, tenendosi onorati del suo parentado. L'amore e la religione politica s'erano confusi in un solo sentimento tanto vivace tanto potente tanto ostinato quanto possono esserlo tutte le forze d'un'indole così robusta, strette e attortigliate in un solo fascio. Quand'egli si abbatteva nel viso adunco e orgoglioso della Contessa, o nella faccia nebbiosa slavata aristocratica del conte Rinaldo, o in quei visetti mobili graziosi sdolcinati di casa Frumier, egli sorrideva di sottecchi. Sentiva che era prossimo a diventar il padrone lui, e allora avrebbe potuto intimare a quei vanarelli i patti qualunque da lui stimati convenevoli. La loro pieghevole natura e la facilità degli spaventi lo assicuravano dal timore di un'importuna opposizione. Ma la Contessa dal canto suo non si stava colle mani alla cintola; essa conosceva Lucilio più forse ch'egli non credesse, e le mura d'un monastero le sembravano debole riparo contro la sua temerità. Perciò aveva raccomandato particolarmente la figliuola a una certa madre Redenta Navagero che era la più gran santa e astuta monaca del convento, perché con altri argomenti le rafforzasse l'anima contro le tentazioni del demonio. Infatti costei ci si mise di gran lena e non dirò che a quel tempo fosse ita molto innanzi, ma avea fatto già uscire del capo alla Clara se non Lucilio certo tutte le altre cose del mondo. Non era poco; molti fili erano tagliati; restava il capo grosso, la gomena maestra, ma scuoti sega e risega, non disperava di recidere anche quello, e di ridurre quella diletta animina al beato isolamento dell'estasi claustrale. La Clara per mezzo d'una servigiale del monastero riceveva qualche notizia di Lucilio; ma ciò succedeva di rado e negli intervalli chiedeva conforto alle reminiscenze e alla devozione. Ma la divozione spostò a poco a poco le reminiscenze, massime quando il confessore e la madre Redenta la ebbero persuasa a non divagare troppo in immagini mondane, e ad abbondare nella preghiera, allora che se ne avea tanto bisogno per gli urgenti pericoli della Repubblica e della religione. Per quelle monache, quasi tutte patrizie, Repubblica di San Marco e religione cristiana formavano un solo impasto; e a udirle parlare delle cose di Francia e dei Francesi sarebbe stato il gusto più matto del mondo. Nominar Parigi o l'inferno era per esse l'egual cosa; e le più vecchie tremavano di raccapriccio pensando le orrende cose che avrebbero potuto commettere quei diavoli incarnati una volta entrati in Venezia. Le più giovani dicevano: — Non bisogna spaventarsi, Iddio ci aiuterà! — E taluna fors'anco che aveva fatto i voti per ubbidienza o per distrazione, sperava di abbisognare quandocchessia di questo soccorso divino. Qui non è il caso di dire che sarebbe stato il soccorso di Pisa; ma ad ogni modo chi non ebbe una decisiva vocazione, non è poi obbligato a cercare e ad adorare la necessità di fingere d'averla avuta. La Clara, più sincera e meno bigotta, si scandolezzava di queste mezze eresie. Quanto ai Francesi, ella stava colle vecchie, massime dopo l'orrenda tragedia della nonna, che sebbene contata a lei con tutti i debiti riguardi, pure l'aveva fatta piangere lunghi giorni e lunghissime notti. Ella li credeva con tutta buona fede eretici, bestiali, indemoniati; e nelle litanie dei santi, dopo aver pregato il Signore per l'allontanamento di ogni male, lo supplicava mentalmente di liberar Venezia dai Francesi che le sembravano il male più grosso. Per Venezia infatti se non il più grosso erano certo il male più nuovo ed imminente. Le altre disgrazie già incancrenite non davano più sentore di sé. Quella era la piaga viva e sanguinosa che si dilatava nello Stato, facendone rifluir al cuore gli umori guasti e stagnanti. Ogni giorno recava l'annunzio d'una nuova defezione, d'un nuovo tradimento, di un'altra ribellione. Il Doge si scomponeva il corno sul capo anche nelle grandi cerimonie; i Savi perdevano la testa e commettevano al Nobile di Parigi che comperasse da qualche portiere i segreti del Direttorio. Tentarono anche di giungere al cuore di Bonaparte per una lunga trafila d'amici, di cui il primo capo era un banchiere francese stabilito a Venezia e pagato perciò, credo, alcune migliaia di ducati. Figuratevi che puntelli da sostenere un governo pericolante! — La storia della Repubblica di Venezia si trovò nel caso eguale degli spettacoli comici d'inverno; una tragedia non basta ad occupare le ore troppo lunghe, ci vuole dopo la farsa. E la farsa ci fu, ma non tutta da ridere. Molti giovinastri, non per liberalità d'opinione, ma per ruzzata da bravi, si perdevano a far la satira di que' parrucconi senza cervello; come succede a tutti i grandi diventati piccoli, a tutti i potenti ridotti inetti che s'hanno subito addosso le maledizioni il danno e le beffe. I libelli, i versacci, le cantafere che andarono attorno a quel tempo, servirono lunga pezza dappoi a incartocciar sardelle; ma sembra impossibile il merito che allor si faceva agli autori di quelle sconce e vili parodie. Giulio Del Ponte, letteratuzzo sparvierato, non gli parve vero d'impiegare il proprio ingegno a sì alta usura e si mescolò per bene in tali pettegolezzi. Egli godeva di vedersi segnato a dito; e bisogna anche dire che Tag: capo tanto certo gran forse amore madre tutti dire Argomenti: lungo tempo, san marco, pieghevole natura, zelo virile, certo ghigno Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Il fiore di Dante Alighieri Le femmine puntigliose di Carlo Goldoni Le sottilissime astuzie di Bertoldo di Giulio Cesare Croce Nel sogno di era Corbaccio di Giovanni Boccaccio Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Il cavallo arabo: antichità, bellezza e forza Significato del giglio Vacanze a Istria: una storia da raccontare Capo Verde, un'oasi di mare a due ore di aereo da casa Offerta Capodanno a Los Angeles
|
||||