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Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo pagina 74matura; ma in quanto all'animo, al temperamento, i difetti della bambina si disegnavano così esatti nella donna che non mi accorsi certamente del punto in cui questi supplirono a quelli. Gli uni forse non furono che la continuazione degli altri, e il loro sviluppo naturale. Eccomi ora ad un punto, dal quale ebbe a cominciare un mio nuovo tormento, o meglio ad accrescersi uno già incominciato. Circa a quel tempo uscì di collegio il signor Raimondo di Venchieredo e venne ad abitare nel suo castello vicino a Cordovado; ma siccome non toccava ancora gli anni della maggiore età, così un suo zio materno di Venezia, che gli era tutore, lo affidò alla sorveglianza d'un precettore, d'un certo padre Pendola, che, venuto a Venezia non si sapeva donde, erasi acquistato una grandissima opinione di erudito. Questo abate misterioso ebbe certo le sue ottime ragioni per accettare l'incarico: e in confidenza io credo che fosse di soppiatto un beniamino degli Inquisitori di Stato. Lo si diceva romagnuolo di nascita, ma viaggiava con passaporto russo; si sa che i RR. PP. Gesuiti dopo la soppressione dell'ordine loro s'erano ricoverati a Pietroburgo e che la Repubblica di Venezia non s'era mai professata loro protettrice. Ad ogni modo le massime politiche della Signoria non erano più quelle di fra Paolo Sarpi quando il padre Pendola si stabilì col suo alunno a Venchieredo; e tanto egli, come il giovane castellano, fecero grandissimo colpo nella società di Portogruaro che s'era affrettata ad invitarli e a festeggiarli. La Pisana, dopo la prima comparsa di questo giovine nelle sale Frumier, si dimenticava sovente di Lucilio per badare a lui; io poi seduto vicino al Cancelliere mi rodeva l'anima, e gettava le mie occhiate al vento. CAPITOLO SETTIMO Contiene il panegirico del padre Pendola e del suo alunno. Due matrimoni andati in fumo senza un perché. La contessa Clara e sua madre si trapiantano a Venezia, dove le segue il dottor Lucilio, e diventa assai famigliare della Legazione francese. Perché io mi stancassi della Pisana, e mi mettessi a vagheggiare tutto il bel sesso dei dintorni: perché finissi col vagheggiare la giurisprudenza all'Università di Padova, dove rimasi fino all'agosto del 1792 odorando da lontano la rivoluzione di Francia. Le lusinghe della signora Contessa pel collocamento della Clara parve sulla prime che non dovessero andar deluse. Tutti, si può dire, i giovani di Portogruaro e dei dintorni le morivano cogli occhi addosso; non l'avrebbe avuto che a scegliere per essere subito impalmata da quello fra essi che meglio le fosse piaciuto. Primo di tutti il Partistagno la riguardava come cosa sua; anzi quando osservava che altri la contemplasse con troppa devozione, permetteva alla propria fisonomia certi atti di malcontento, che dichiaravano apertamente le intenzioni dell'animo. Nella sua entrata in casa Frumier erasi egli imprudentemente accostato al crocchio del padrone di casa; ma poi avea dovuto sloggiare, perché non era tanto gonzo da non vedere la meschina figura che vi faceva. Allora avea preso posto fra due vecchie ed un monsignore ad un tavolino di tresette, e di là seguitava la antica usanza di onorare continuamente la Clara delle sue occhiate conquistatrici. Quest'abitudine non talentava gran fatto a' suoi compagni di gioco; laonde a quel tavoliere era un eterno brontolio di richiami e di rimproveri. Ma il bel cavaliero restava imperturbabile; pagava le partite perdute, le faceva pagare al compagno, e non si scomponeva per nulla. Fortuna che era giovine e bello: per cui le vecchiette gli perdonavano le sue distrazioni, e il monsignore, essendo padre spirituale di una fra queste, doveva di necessità perdonargli anche lui. Il marchesino Fessi, il Conte Dall'Elsa e qualche altro aristocratico zerbino della città corteggiavano essi pure la Clara. Ma l'assedio galante di questi signori era meno discreto; le occhiate erano il meno; si sbracciavano in inchini, in complimenti, in lodi, in profferte. Facevano gli scherzosi col braccio arrotondato sul fianco e la gamba protesa; quando poi indossavano il vestito gallonato delle domeniche, il loro brio non aveva più freno. Giravano fra le seggiole delle signore, si curvavano su questa e su quella, consigliavano ora un giocatore ed ora un altro; ma ponevano somma cura di non restar invischiati in nessuna partita. I giovani abati e il professor Dessalli in particolare, sedevano assai volentieri qualche quarto d'ora vicino alla Clara: il loro abito li proteggeva dalle maligne calunnie, e il contegno della zitella era tale che molto si affaceva colla gravità sacerdotale. Insomma la bionda castellana di Fratta avea messo in subbuglio tutte le teste della conversazione; ed ella ebbe la strana modestia di non accorgersene. Giulio Del Ponte, che non era il meno infervorato, si maravigliava e si stizziva di tanto riserbo; egli andava anzi più oltre, e benché non ne parasse nulla, avea concepito qualche sospetto sopra Lucilio. Infatti soltanto un cuore già occupato da un grande affetto poteva resistere freddamente a tutta quella giostra d'amore che torneava per lui. E chi mai poteva aver fatto breccia colà, se non il dottorino di Fossalta? — Così la pensava il signor Giulio; e dal pensare al bisbigliarne qualche cosa, il tratto fu più breve d'un passo di formica. Cominciavano a pigliar fiato cotali mormorazioni, quando il padre Pendola presentò il giovine Venchieredo in casa Frumier. Il Conte di Fratta ne rimase un po' imbarazzato; perché non si dimenticava che se non per opera, certo per tolleranza sua, il padre di quel cavalierino mangiava il pane bigio nella Rocca della Chiusa. Ma la Contessa, che era donna di talento, trascorse un bel tratto innanzi coll'immaginazione, e architettò di sbalzo un disegno che poteva togliere fra le due case ogni ruggine. Il Partistagno, nel quale aveva posto grandi speranze dapprincipio, non dava sentore di volersi muovere; adunque qual male sarebbe stato di tirare il Venchieredo ad un buon matrimonio colla Clara?... Riuniti così gli interessi delle due famiglie, si avrebbe avuto il diritto di adoperarsi per la liberazione del condannato; allora la riconoscenza e la felicità avrebbero dato di frego alle brutte memorie del tempo trascorso; e che si potesse giungere a sì lieta conclusione ne dava caparra la protezione validissima del senatore Frumier. Il padre Pendola era un sacerdote di coscienza e un uomo di molto garbo; capacitatolo una volta della convenienza di questo maritaggio, egli ne avrebbe persuaso certamente il suo alunno; dunque bisognava cominciare per di là, e l'accorata dama si pose immantinente all'opera. Il reverendo padre non era di coloro che vedono una spanna oltre al naso, e vogliono dar ad intendere di vederci lontano un miglio; anzi tutt'altro; vedeva lontanissimo e portava gli occhiali con una cera rassegnatissima di minchioneria. Ma io credo che non gli bisognarono due alzate d'occhi per leggere nel cervello della Contessa; e contento d'essere accarezzato corrispose alle premure di lei con una modestia veramente edificante. — Poveretto! — pensava la signora — crede che lo vezzeggi pel suo raro merito! È meglio lasciarglielo credere; ché ci servirà con miglior volontà. Il giovine Venchieredo intanto correva incontro di gran lena agli onesti divisamenti della Contessa. Si può dire che di colpo egli restò innamorato della Clara. Innamorato proprio come un asino, o come un giovinetto appena uscito di collegio. Cercava tutte le maniere di piacerle, si studiava di sederle più vicino che potesse per toccar se non altro col ginocchio le pieghe del suo abito, la guardava sempre e delle sue poche e timorose parole non facea dono che a lei sola. La provvida mamma era al colmo della consolazione; precettore e scolaro calavano innocentemente alle vischiate che con tanta accortezza ella avea saputo disporre. Ma il padre Pendola non si sgomentiva di quelle scalmane amorose del giovine; egli conosceva il suo alunno meglio Tag: padre pendola due contessa giovine alunno sue meglio vicino Argomenti: reverendo padre, grande affetto, certo padre, padre spirituale, pane bigio Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: La vita comincia domani di Guido da Verona Storia di un'anima di Ambrogio Bazzero Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni Fior di passione di Matilde Serao L'arte di prender marito di Paolo Mantegazza Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Malta: una perla in mezzo al mare La riproduzione dei pesci rossi Vacanza Mauritius, l'Isola del Sorriso Offerta capodanno alle Hawaii Passaggio Pedonale di Breslavia
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