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Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo pagina 112fu sedato il tumulto promosso dalla sua presenza, egli volse al basso uno sguardo tranquillo ma severo, poi con voce quasi di paterno rimprovero domandò: — Figliuoli miei, cosa volete dal padre vostro spirituale? Un silenzio, come quello che aveva accolto le parole del canonico, seguì a una tale dimanda: ma il pentimento soverchiava lo stupore, e già qualcheduno piegava le ginocchia, altri levavano le braccia in segno di preghiera, quando una voce unanime scoppiò da mille bocche che parvero una sola. — La benedizione, la benedizione!... Tutti s'inginocchiarono, io chinai il capo sulla criniera arruffata del mio ronzino, e la benedizione domandata scese sopra di noi. Allora, prima anche che il Vescovo potesse soggiungere, come voleva, qualche parola di pace, la folla dié volta urlando che si doveva andare dal Vice–capitano, e colla folla io e il mio cavallo fummo trascinati dinanzi alla Podesteria. Quattro Schiavoni che sedevano alla porta si precipitarono nell'atrio chiudendo e sbarrando le imposte; indi, dopo molte chiamate e molte consultazioni, il signor Vice–capitano si decise a presentarsi sulla loggia. La turba non aveva né schioppi né pistole, e il degno magistrato ebbe cuore di fidarsi: — Cos'è questa novità, figliuoli miei?... — cominciò con voce tremolante. — Oggi è giorno di lavoro, ognuno di voi ha famiglia, come l'ho anch'io; si dovrebbe attendere ciascuno ai proprii doveri, e invece... Un evviva alla libertà dei pazzi indemoniati soffocò a questo punto la voce dell'arringatore. — La libertà ve la siete presa, mi pare — continuò con un piglio di vera umiltà. — Godetevela, figliuoli miei; in queste cose io non ci posso entrare... — Via gli Schiavoni!... Alla corda gli Schiavoni! — sorsero urlando parecchi. — I Francesi! viva i Francesi! vogliamo la libertà! — risposero altri. Questi signori Francesi mi vennero allora in mente per la prima volta in quel subbuglio; e misero qualche chiarezza nelle mie idee. In pari tempo mi ricordai di Fratta e del perché fossi venuto a Portogruaro; ma quel signor Vice–capitano non mi pareva in così buone acque da poter pensare a soccorrere gli altri oltreché se stesso. Egli mostrava una grandissima voglia di ritirarsi dalla loggia, e ci volevano le continue gridate della folla per fare ch'ei rimanesse. — Ma signori miei — balbettava egli — non so qual utile io rechi a me ed a voi collo starmene qui sulla pergola in esposizione!... Io non sono che un ufficiale, uno strumento cieco dell'Eccellentissimo signor Luogotenente; dipendo affatto da lui... — Non, no!... Deve dipendere da noi! — Non abbiamo più padroni! — Viva la libertà! — Abbasso il Luogotenente... — Badino bene, signori! loro non sono autorità costituite, loro non hanno legittimi magistrati... — Bene!... Ci costituiremo! Nominiamo un avogadore. Ai voti ai voti l'avogadore. Ella ubbidirà al nostro avogadore!... — Ma per carità — si opponeva disperatamente il Vice–capitano — questa è vera ribellione. Eleggere l'avogadore va benissimo, ma diano prima il tempo di scriverne all'Eccellentissimo Luogotenente che ne passi parola al Serenissimo Collegio... — Morte al Collegio! — Vogliamo l'avogadore! Fermi! fermi! Pena la vita al Vice–capitano, se osa muoversi! — Ai voti l'avogadore! Ai voti! La confusione cresceva sempre e con essa lo schiamazzo; e da questo e da quello si bisbigliavano dieci nomi per la votazione; ma non v'è merito degli assenti che vinca l'autorità dei presenti. Un villano anche questa volta si pose a gridare: — Nominiamo il signor Carlino! — E tutti dietro lui a strepitare: — Ecco l'Avogadore del popolo! Viva il signor Carlino! Abbasso il Vice–capitano!... In verità, io non m'era avventurato in quel rimescolio con mire tanto ambiziose; ma poiché mi vidi tanto in alto, non mi bastò il cuore di scendere; rimane poi sempre in dubbio se lo avrei potuto. Cominciarono a stringermisi intorno, a sollevare quasi sulle spalle la pancia del cavallo, a sventolarmi il viso con moccichini sudici, con cappelli e con berrette, a battermi le mani come ad un attore che abbia ben rappresentato la propria parte. Il Vice–capitano mi guardava dalla loggia come un cagrosso alla catena guarderebbe il botoletto sguinzagliato; ma ogni volta ch'egli facesse atto di ritirarsi, subito mille facce da galera gli si voltavano contro minacciando di appiccar fuoco al Capitanato s'egli non obbediva al nuovo avogadore. — Sissignori, si ritirino loro, mandino di sopra il signor Avogadore... e ce la intenderemo fra noi... La folla tumultuava senza sapere il perché, e già molti dei curiosi se l'erano cavata, e alcuni fra i contadini stanchi di quella commedia avevano ripreso il cammino verso casa. Per me io non sapeva in qual mondo mi fossi, perché mi avessero nominato avogadore, e qual costrutto dovesse avere l'abboccamento cui m'invitava il Vice–capitano. Ma mi piaceva quell'esser diventato uomo di rilievo, e tutto sacrificai alla speranza della gloria. — Apra, apra le porte!... Lasci entrar l'Avogadore! — gridava la folla. — Signori miei — rispose il Capitano — ho moglie e figliuoli, e non ho voglia di farli morire dallo spavento... Aprirò le porte quando loro si sieno allontanati... Veggono che non ho tutto il torto... Patti chiari e amicizia lunga!... La gente non ci sentiva di allontanarsi, ed io, tra perché ero stanco di stare a cavallo, tra perché mi tardava l'ora di trattar da paro a paro con un Vice–capitano, mi accinsi a persuadernela. — Cittadini — presi a dire — vi ringrazio; vi sarò grato eternamente! Sono commosso ed onorato da tanti contrassegni d'affetto e di stima. Tuttavia il signor Vice–capitano non ha torto. Bisogna dimostrargli confidenza perch'egli si fidi di noi... Sparpagliatevi, state tranquilli... Aspettatemi in piazza... Intanto io difenderò le vostre ragioni... — Viva l'Avogadore!... Bene! benissimo!... in piazza, in piazza!... Vogliamo che si apra il granaio della Podesteria!... Vogliamo la cassa del dazio macina!... Quello è il sangue dei poveri!... — Sì, state tranquilli... fidatevi di me!... giustizia sarà fatta... ma nel frattempo restate in piazza tranquilli ad aspettarmi... — In piazza, in piazza!... Viva il signor Carlino! viva l'Avogadore!... Abbasso San Marco!... Viva la libertà! In tali grida la folla rovinò tumultuosa verso la piazza a saccheggiare qualche botteguccia di panettiere e d'erbivendola; ma il chiasso era maggiore della fame e non ci furono guai. Alcuni de' più diffidenti rimasero per vedere se il Vice–capitano atteneva le sue promesse; io scavalcai con tutto il piacere, consegnai il ronzino ad uno di loro, e attesi alla porta che mi aprissero. Infatti, con ogni accorgimento di prudenza un caporale di Schiavoni aperse una fessura, ed io vi entrai di sbieco; e poi si rimisero le sbarre e i catenacci come proprio se volessero tenermi prigione. Quel fracasso di serramenti e di chiavistelli mi diede un qualche sospetto, ma poi mi ricordai di essere un personaggio importante, un avogadore, e salii le scale a testa ritta e col braccio inarcato sul fianco, come appunto se avessi in tasca tutto il mio popolo pronto a difendermi. Il Capitano rientrato premurosamente dalla loggia mi aspettava in una sala fra una combriccola di scrivani e di sbirri che non mi andò a sangue per nulla. Egli non aveva più quella cera umile e compiacente mostrata alla turba un cinque minuti prima. La fronte arcigna, il labbro arrovesciato, e il piglio sbrigativo del Vice–capitano non ricordavano per nulla il pallore verdognolo, gli sguardi errabondi, e il gesto tremante della vittima. Mi venne incontro baldanzosamente chiedendomi: — Di grazia, qual è il suo nome? Io lo ringraziai fra me di avermi sollevato dalla pena di interrogar il primo, giacché proprio non avrei saputo a qual chiodo appiccarmi. Così, stuzzicato nel mio amor proprio alzai la cresta come un galletto. — Mi chiamo Carlo Tag: avogadore viva piazza folla loggia voce noi tutto volta Argomenti: pari tempo, sguardo tranquillo, paterno rimprovero, voce unanime, degno magistrato Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Corbaccio di Giovanni Boccaccio Diario del primo amore di Giacomo Leopardi I nuovi tartufi di Francesco Domenico Guerrazzi Il conte di Carmagnola di Alessandro Manzoni Il fiore di Dante Alighieri Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Praga fra i principali poli turistici europei Bigne al limone Come affrontare e superare l'infedeltà del proprio marito San Valentino 2012 a Perugia Venerdì menù di magro, salutare ed ecologico
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