Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo pagina 222

Testo di pubblico dominio

sapete che la natura non lo preclude. E cos'è dunque questo odio forsennato della luce, questo spavento di me stesso, questo desiderio infinito d'obblio e di riposo che tutto mi occupa? Non son forse altrettanti richiami con cui la natura mi invita a sé, al suo grembo misterioso pieno di misteri, di pace, e fors'anco di speranza?... — Forse!... Ecco la parola che vi dà torto. Qui invece nella vita una cosa sola v'ha di certo e immutabilmente certo. La giustizia!... Rispondetemi ora preciso e sincero, perché già vedete ch'io espongo la quistione nei termini più chiari. Credete voi fermamente di esser giusto verso tutti, verso i vostri figli, verso la moglie i parenti gli amici la patria, verso la Pisana stessa, e verso la vostra coscienza, rifiutando cieco e disperato la vita?... Orsù dunque; non obbiezioni né debolezze; rispondete! — Pietà, pietà di me, Lucilio!... Ve ne prego, ve ne scongiuro, lasciate ch'io muoia!... Ho veduto i miei figli, ho veduto quanto più di caro e prezioso aveva nel mondo; li stringerò a lungo sul cuore, li esorterò ad essere buoni e leali, cittadini forti ed operosi; li vedrò ancora per grazia vostra un'ultima volta, e spirerò l'anima in pace!... Pietà, Lucilio!... Per carità, lasciatemi morire!... — E se la coscienza vostra vivesse oltre la tomba, e vi mostrasse i figli vostri miseri sciagurati vili forse e spregevoli per cagion vostra... — Oh no, Lucilio, essi hanno la loro madre: essa li aiuterà de' suoi consigli che valgon certo quanto i miei. — E se alla morte vostra conseguitasse quella di vostra moglie?... Se fosse il primo anello d'una lunga catena di sciagure e di disperazioni che si perpetuasse nel sangue vostro fino all'ultima generazione? E se pesasse sopra di voi morto lontano impotente, ma conscio ancora, la terribile responsabilità dell'esempio?... Se lo spirito della Pisana rifiutasse un omaggio deturpato dalle lagrime del sangue altrui?... Se forte com'ella fu nel dolore nella pietà nell'abnegazione guardasse con disprezzo a voi fuggitivo per ignoranza per debolezza, e le sue forti aspirazioni vaganti nell'aereo mondo dei fantasmi rifuggissero dalle vostre misere e ingiuste?... Se doveste esser separati per tutta l'eternità, se la vostra morte pusillanime e spietata fosse il principio d'un allontanamento che dovesse crescere sempre, crescendo insieme i tormenti della disunione e i vani desiderii di raggiungersi?... Se la natura, che voi pazzamente affermate complice del vostro delirio, un unico mezzo di riparazione vi offerisse, quello di imitarla nella virtù nella rassegnazione, quello di vivere per farvi il più che è possibile simile a lei, e confondervi ad essa quando la natura stessa vi inviti a quelle che voi chiamate dubbiose e arcane speranze? Oh Carlo! pensateci altamente. Non aggravate gli insulti verso la Pisana, facendo la sua virtù responsabile di tutti i mali che potrebbero derivare dalla vostra pazzia. — Amico, dite bene, ci penserò. Sento che in questo istante la fredda ragione non potrebbe trovar posto nel tumulto delle mie passioni; e mi conosco abbastanza forte per credere che non cerco pretesti nella dilazione, e che di qui ad un anno sarò come adesso ove le condizioni del mio spirito non sieno cambiate. — Del resto — riprese Lucilio — io mi studiai finora premunirvi contro ogni evento possibile; e spero che se parlerete colla Pisana i suoi discorsi il suo contegno i suoi sguardi vi persuaderanno meglio de' miei ragionamenti. Ma non voglio poi dire che siamo giunti a tale eccesso di disperazione e di pericolo. Se ella potesse giungere a Venezia, e riposarsi nelle sue abitudini d'altro tempo... — Oh dite il vero, dottore? ci sarebbero delle speranze? Non fate ora per confortarmi, per illudermi? — Son tanto lontano dal volervi ingannare che finora vi lasciai persuaso del peggio. Adesso non vi rendo molte speranze, ma sibbene quelle che la provvida natura ci consente sempre, finch'ella non arresta, forse provvida del pari, l'arcano movimento della vita. Intanto questo vi consiglio, che vi parrà certo strano, di intrattenervi a lungo colla Pisana, e di fidarvi alla scuola de' suoi esempi. Vi prometto che ella finirà di sconsigliarvi da ogni azione disperata: e questa confidenza che ho in lei suggelli la sincerità di quanto vi son venuto dicendo. — Grazie! — io soggiunsi stringendogli la mano — certo né da lei mi possono venire esempi, né da voi consigli indegni di me. Così finì quel colloquio per me assai memorabile, e che decise forse di tutta la mia vita avvenire. Io rimasi perplesso e costernato assai; ma la fortezza d'animo di Lucilio mi avea in certo qual modo rattemprato, e perciò mi proposi di dargli retta raccostandomi alla Pisana e cercando di riparare ai mali involontariamente commessi coll'accordare la mia condotta ai suoi desiderii, e darle così la più alta testimonianza che si potesse d'amore e di devozione. Pur troppo sulle prime que' miei tentativi mi sconfortarono più che altro: la povera Pisana faceva il possibile di sfuggirmi, pareva che sentendosi in procinto di abbandonarmi non volesse trovar piacere alla mia compagnia per provar poi maggiori angosce nel momento della separazione. Od anche le dispiaceva che io le dimostrassi qualche preferenza in confronto dell'Aquilina. Ad ogni modo, non mi scoraggiando per que' suoi forzati dispetti, e continuando a dimostrarle con ogni maggiore accorgimento la mia gratitudine e il profondissimo rammarico di non averla dimostrata meglio e prima d'allora, giunsi a vincere quell'ostinata ritrosia e a rimenarla ben presto all'antica confidenza. Mio Dio, qual tormento era per me il veder ravvivarsi dentro agli occhi suoi la fiamma della vita, e assistere insieme al continuo deperimento delle sue forze che a mala pena le reggevano la stanca e stremata persona!... Qual terribile spettacolo la giocondità con cui accoglieva quel mio ritorno alla tenerezza di una volta; e la spensierata rassegnazione che la faceva scrollare le spalle e sorridere quando accennava del suo futuro! Un giorno io avea parlato con Lucilio il quale mi assicurava che se le cose procedevano a quel modo avremmo potuto arrischiare nella settimana seguente il viaggio verso Venezia. La sera mi trovai soletto colla Pisana, perché Lucilio aveva accompagnato mia moglie mio cognato e i miei ragazzi a vedere non so quali meraviglie di Londra; ell'era più pallida ma più allegra del solito; sperava sempre che nel suo bizzarro temperamento anche la salute potesse ravvivarsi d'improvviso sfuggendo alle regole comuni degli altri esseri, e che il male non fosse irreparabile con quella festività d'umore che allora le rinasceva. — Pisana — le dissi — il mese venturo potremo essere a Venezia. Non ti pare che soltanto il pensiero ci faccia bene? Ella sorrise levando gli occhi al cielo, né rispose nulla. — Non credi — continuai — che l'aria nativa, la pace che gioiremo tutti uniti e tranquilli finiranno di guarirti dalla melanconia? — Melanconia, Carlo? — mi rispose. — E come t'immagini mai ch'io sia melanconica?... Avrai osservato che una vera giocondità naturale e continua non l'ho mai avuta; erano sprazzi di luce, lampi fuggitivi e nulla più. Sono sempre stata una creatura molto variabile, ma più sovente taciturna e ingrognata. Soltanto ora mi sorride un bel tempo di serenità e di pace; non mi son mai sentita così calma e contenta. Credo che ho recitato la mia parte e spero qualche applauso. — Pisana, Pisana, non parlare così!... Tu meriti molto maggiori applausi che noi non ti possiamo dare e li avrai. Torneremo a Venezia; là... — Oh Carlo! non parlarmi di Venezia, la mia patria è molto più vicina, o lontana se vuoi, ma ci si arriva con un viaggio molto più rapido. Lassù, lassù, Carlo!... Vedi; la povera Clara mi ha fatto se non altro credere e sperare nella misericordia di Dio. Non è giunta a cacciarmi in capo la sua teoria dei peccati; ma pel resto ci credo, e m'aspetto di non

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Argomenti: desiderio infinito,    grembo misterioso,    terribile responsabilità,    morte pusillanime,    virtù responsabile

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