Frasi Belle - Le più belle frasi dolci e romantiche online e altro
|
||||
Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo pagina 147proprio con quella discrezione ben avveduta che sanno tenere di rado le veneziane, peggio poi allora che adesso. L'Aglaura sembrava accanitissima contro i Francesi e non si lasciava scappar l'occasione di chiamarli assassini, spergiuri, e mercanti di carne umana. Ma seppi in seguito che la fuga del suo amante, a cagione del nuovo ordinamento che dovea prendere lo Stato pel trattato di Campoformio, scaldava il sangue greco nelle sue vene giovanili e le faceva trascendere in qualche schiamazzata. Il giorno prima ell'era stata in procinto di ammazzarsi, e suo fratello avea impedito questo atto violento gettandole in canale un'ampolletta d'arsenico già bell'e preparato: perciò lo guardava in cagnesco; ma dentro di sé, fors'anco a riguardo della madre, non era malcontenta che l'avesse trattenuta. E così, se maturava ancora fieri propositi pel capo, quello almeno di uccidersi non la molestava più. Quando fu mezzanotte io presi commiato dagli Apostulos, e mi tornai verso casa rivolgendo in capo e Spiro e l'Aglaura, e il Leggendario dei santi; tutto insomma meno la deliberazione che pur doveva prendere quanto alla mia sorte futura. Scrissi intanto a coloro che esulavano in Toscana e nella Cisalpina il terribile caso di Leopardo che mi scusasse del ritardo. Quando anni dopo lessi le Ultime lettere di Jacopo Ortis nessuno mi sconficcò dal capo l'opinione che Ugo Foscolo avesse preso dalla storia luttuosa del mio amico qualche colore, qualche disegno fors'anco del cupo suo quadro. Del resto mi sovviene che in quella notte mi sognai più della Pisana che di Leopardo; e ciò serva a smascherare l'astuzia. CAPITOLO DECIMOQUARTO Nel quale si scopre che Armida non è una favola e che Rinaldo può vivere anche molti secoli dopo le crociate. La sbirraglia mi rimette sulla via maestra della coscienza; ma nel viaggio incappo in un'altra maga. Cosa sarà? Il giorno appresso, non mi vergogna il dirlo, ronzai tutta mattina nelle vicinanze di Santa Maria Zobenigo, ma mi dava non poco pensiero il vedere affatto chiuse le finestre del palazzo Navagero. Mi scontrai, è vero, un paio di volte nel tenente d'Ajaccio che pareva in grandi faccende; ma questo non era il conforto che cercava, per quanto l'inquietudine e il malumore che dimostrava il signor Minato fossero per me buoni pronostici. Tuttavia tornai alla mia tana col maggior grugno del mondo, pensando che se anche i Francesi partivano, non partiva perciò né isteriliva la semenza dei vaghi officiali; e che, per giunta all'ostacolo del marito, ci avrei avuto contro anche quest'altra mostruosità della Pisana. In quel momento né la lettura degli Enciclopedisti né la frenesia della libertà me la scusavano di quel subito invagarsi d'uno sbarbatello in assisa. Mi chiusi in casa e poi in camera a rosicchiare come la vigilia un tozzo di pane ammuffito; in tre giorni era diventato magro come un chiodo, ma neppur la fame mi induceva a capitolare. Così alla superficie del mio cervello era un pelago di sdegni patriottici, d'elegie funerarie, e di aerei disegni; a guardar sotto si sarebbe trovato il mio pensieruccio di sedici anni addietro vigile e tenace come una sentinella. Quell'allontanarmi dalla Pisana, Dio sa per quanto tempo, senza vederla, senza parlarle, senza aiutarla del mio consiglio contro i pericoli che la circondavano, mi dava uno sgomento così grande, che piuttosto avrei arrischiato il collo per rimanere. E questi rischi che io correva infatti, rimanendo anche dopo lo sloggio dei Francesi, servivano a puntellarmi contro la coscienza che di tanto in tanto mi faceva memore di coloro che m'attendevano a Milano. Peraltro cominciava nell'animo qualche avvisaglia d'un prossimo conflitto. Le parole di mio padre m'intronavano le orecchie, vedeva lontano lontano quell'occhiata severa e fulminante di Lucilio... Oimè! credo che soltanto il timore di questa mi facesse correre pel baule; ma nel mentre appunto ch'io lo spolverava, ed aveva acceso un lume per vedere in un camerone buio e profondo, ecco scrollarsi una gran tirata di campanello. “Chi può essere?” pensai. E i buli degli Inquisitori, e le guardie di sicurezza francesi, e gli scorridori tedeschi mi si ingarbugliarono dinanzi la fantasia. Volli piuttosto scender la scala che tirare la corda, e per le fessure dell'uscio diedi uno strepitoso: — Chi va là? Mi rispose una voce tremante di donna: — Son io; apri, Carlino! Ma perché ella fosse tremante non la conobbi meno, e mi precipitai ad aprire col petto in angoscia così profonda che appena bastava a frenarmi. La Pisana vestita a nero, coi suoi begli occhi rossi di sdegno e di lagrime, coi capelli disciolti e il solo zendado sul capo mi si gettò fra le braccia gridando che la salvassi. Credendo che l'avessero insultata per istrada, io feci per balzar fuori della porta a vendicarla contro chi che si fosse, ma ella mi fermò per un braccio, e appoggiandovisi sopra mi menò verso la scala e su per essa fino alla stanza di ricevimento, come se appunto la conoscesse tutti i buchi della casa; e sì che a mio credere non la ci era mai stata. Quando fummo seduti l'un vicino all'altra sul divano turchesco di mio padre, e si fu sedato in lei il respiro affannoso che le affaticava il petto, non potei ristare dal chiederle tosto cosa significasse quello smarrimento, quel tremore e quella subitanea apparizione. — Cosa significa? — rispose la Pisana con una vocina rabbiosa che si arrotava contro i denti prima di uscir dalle labbra. — Te lo spiego ora io cosa significa! Ho piantato mio marito, sono stanca di mia madre, fui respinta dai miei parenti. Vengo a stare con te!... — Misericordia! Fu proprio questa la mia esclamazione: me la ricordo come fosse ora; del pari mi ricordo che la Pisana non se ne adontò per nulla, e non si ritrasse d'un atomo dalla sua risoluzione. Quanto a me non mi maraviglio punto che il precipizio d'un cotal cambiamento di scena mi fosse cagione d'una penosa confusione, maggiore pel momento d'ogni gioia e d'ogni paura. Comunque fosse, mi sentii sbalzato tanto fuori dall'aria solita a respirarsi, ch'ebbi alla gola una specie di strozzamento; e soltanto dopo qualche istante mi venne fatto di rinsennare e di chiedere alla Pisana qual fosse la ventura che me le rendeva utile in qualche modo. — Ecco — soggiunse ella — già sai che a sbalzi io sono anche troppo sincera, come son bugiarda alcune altre volte, e chiusa e riservata per costume. Oggi non posso tacerti nulla: ho tutta l'anima sulla punta della lingua, e buon per te che imparerai a conoscermi a fondo. Io mi maritai per far dispetto a te e piacere a mia madre, ma son vendette e sacrifizi che presto vengono a noia, e col mio temperamento non si può voler bene ventiquattr'ore ad un marito decrepito, magagnato, e geloso. Dal signor Giulio io avea sofferto qualche omaggio per tua intercessione, ma era stizzita contro di te; figurati poi col tuo raccomandato!... Per giunta io aveva l'anima riboccante d'amor di patria e di smania di libertà; mentre mio marito veniva colla tosse a predicarmi la calma, la moderazione; ché non sapeva mai come potessero volger le cose. Figurati se andavamo d'accordo ogni giorno meglio!... Io m'accontentava sulle prime di veder mia madre gustare saporitamente i manicaretti di casa Navagero, e perdere alla bassetta i zecchini del genero; ma poco stante mi vergognai di quello che innanzi mi appagava, e allora tra mio marito, mia madre e tutti gli altri vecchi, mediconzoli e barbassori che mi si stringevano alle coste, mi parve proprio di essere la pecora in mezzo ai lupi. Mi annoiava, Carlino, mi annoiava tanto, che fui le cento volte per iscriverti una lettera, buttando via ogni superbia; ma mi tratteneva... mi tratteneva per paura di un rifiuto. — Oh che ti pensi ora? — io sclamai. — Un rifiuto da me?... Non è cosa neppur possibile all'immaginazione! Come si vede, durante il discorso della Pisana io aveva cercato e trovato il filo per uscire dal laberinto; questo era di amarla, di Tag: contro madre marito dopo casa tanto capo giorno uno Argomenti: respiro affannoso, nuovo ordinamento, sangue greco, terribile caso, divano turchesco Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi Mastro don Gesualdo di Giovanni Verga Novelle rusticane di Giovanni Verga Corbaccio di Giovanni Boccaccio Fior di passione di Matilde Serao Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come fare un profumo alle rose A chi rivolgersi per adottare un gatto Offerta Capodanno a Praga Cosa fare all'arrivo di un cucciolo a casa Cosa fare finite le procedure di adozione dal canile
|
||||