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Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo pagina 59Capitano entrò più morto che vivo sostenuto dalla moglie, e gridando che tutto era perduto. S'udivano di fuori le strida e le preghiere delle famiglie di Fulgenzio e del fattore che chiedevano esser ricoverate nella casa padronale come in luogo più sicuro. In tinello era un affacciarsi confuso e precipitoso di volti sorpresi e sparuti, un gesteggiare di preghiere e di segni di croce, un piangere di donne, un bestemmiare di uomini, un esorcizzare di monsignori. Il Conte avea perduto la sua ombra che avea stimato opportuno di ficcarsi più ancora all'ombra sotto il tappeto della tavola. La Contessa quasi svenuta guizzava come un'anguilla, la Clara s'ingegnava di confortarla come poteva meglio. Io per me aveva presa tra le braccia la Pisana, ben deciso a lasciarmi squartare prima di cederla a chichessia: il solo Lucilio avea la testa a segno in quel parapiglia. Domandò a Marchetto, ed ai servi, se tutte le porte fossero serrate; indi chiese al cavallante se avesse veduto le due Cernide prima di scappare dalla torre. Il cavallante non le aveva vedute; ma ad ogni modo non bastavano due soli uomini a menar tutto quel gran romore che si udiva di fuori; e Lucilio giudicò tosto che qualche nuovo accidente fosse intervenuto. Avesse già avuto effetto il ricorso al Vice–capitano? — Pareva troppo presto; tanto più che la soverchia premura non era il difetto delle milizie d'allora. Certo peraltro qualche soccorso era capitato; se pure gli assalitori non erano tanto ubbriachi da favorirsi le archibugiate fra di loro. In quella, alle querele delle donne di Fulgenzio e del fattore successe contro le finestre un tambussare di uomini, e un gridar che si aprisse e che si stesse quieti, perché tutto era finito. Il Conte e la Contessa non s'acquietavano per nulla, credendo che fosse uno stratagemma immaginato per entrar in casa a tradimento. Tutti si stringevano angosciamente intorno a Lucilio aspettando consiglio e salute da lui solo; la contessina Clara s'era messa alla porta della scala deliberata a correre dalla nonna non appena il pericolo si facesse imminente. I suoi occhi rispondevano valorosamente agli sguardi del giovane; che badasse egli pure agli altri, poiché per lei si sentiva forte e sicura contro ogni evento. Io teneva la Pisana piucchemai stretta fra le braccia, ma la fanciulletta mossa all'emulazione dal mio coraggio gridava che la lasciassi, e che si sarebbe difesa da sé. L'orgoglio poteva tanto sull'immaginazione di lei che le pareva di bastare contro un esercito. Frattanto il signor Lucilio accostatosi ad una finestra avea domandato chi fossero coloro che bussavano. — Amici, amici! di San Mauro e di Lugugnana! — risposero molte voci. — Aprite! Sono il Partistagno! I malandrini furono snidati! — soggiunse un'altra voce ben nota che sciolse si può dire il respiro a tutta quella gente trepidante tra la paura e la speranza. Un grido di consolazione fece tremare i vetri ed i muri del tinello e se tutti fossero diventati pazzi ad un punto non avrebbero dato in più strane e grottesche dimostrazioni di gioia. Mi ricorda e mi ricorderà sempre del signor Conte, il quale al fausto suono di quella voce amica si mise le mani alla tempia, ne sollevò la perrucca, e stette con questa sollevata verso il cielo, come offrendola in voto per la grazia ricevuta. Io ne risi, ne risi tanto, che buon per me che la grandezza del contento stornasse dalla mia persona l'attenzione generale! — Finalmente le porte furono aperte, le finestre spalancate; s'accesero fanali, lucerne, lampioni, e candelabri; e al festivo splendore d'una piena illuminazione, fra il suono delle canzoni trionfali, dei Te Deum e delle più divote giaculatorie, il Partistagno invase coll'armata liberatrice tutto il pianterreno del castello. Gli abbracciari le lagrime i ringraziamenti le meraviglie furono senza fine; la Contessa, dimenticando ogni riguardo, era saltata al collo del giovine vincitore, il Conte, monsignor Orlando, e il canonico di Sant'Andrea vollero imitarla; la Clara lo ringraziò con vera effusione d'aver risparmiato alla sua famiglia chi sa quante ore di spavento e d'incertezza, e fors'anco qualche disgrazia meno immaginaria. Il solo Lucilio non si congiunse al giubilo e all'ammirazione comune; forse lo scioglimento non gli quadrava, e l'avrebbe voluto derivare dovunque fuorché dalla parte per la quale era venuto. Tuttavia era troppo giusto ed accorto per non mascherare questi propositati sentimenti d'invidia; e fu egli il primo che richiese il Partistagno del modo e della fortuna che l'aveva menato a quella buona opera. Il Partistagno raccontò allora com'egli fosse venuto quella sera per la solita visita al castello, ma un po' più tardi del consueto pel riparo di alcune arginature che l'ebbe trattenuto a San Mauro. Gli sgherri di Venchieredo gli avevano proibito d'entrare, ed egli avea fatto un gran gridare contro quella soperchieria, ma non ne avea cavato nulla; e alla fine vedendo che le chiacchiere non contavano un fico, ed accorgendosi che quel gridare al contrabbando era una copertina a Dio sa quali diavolerie, s'era proposto di partire e tornar alla carica con ben altri argomenti che le parole. — Perché io non sono un prepotente di mestiere; — soggiunse il Partistagno — ma all'uopo anch'io posso qualche cosa e so farmi valere. — E ciò dicendo mostrava tesi i muscoli dei polsi, e faceva digrignare certi denti acuti e sottili che somigliavano quelli del leone. Infatti l'era tornato di galoppo a San Mauro, e là, raccoltivi alcuni suoi fidati, nonché molte Cernide di Lugugnana che vi stavano ancora a lavoro sopra l'argine, s'era ravviato verso Fratta. Eravi giunto proprio nel momento che la torre veniva occupata per sorpresa da quattro bravacci; ond'egli, sgominato prima assai facilmente gli ubbriachi che armeggiavano sulla piazza e nell'osteria, si mise a guadar la fossa con parecchi de' suoi. Con qualche fatica guadagnarono l'altra riva senzaché coloro che aveano occupato la torre si dessero cura di ributtarli, intesi com'erano a scassinar gangheri e serrature per penetrare nell'archivio. E poi dopo qualche schioppettata, scambiatasi così tra il chiaroscuro più per braveria che per bisogno, i quattro malandrini erano venuti nelle sue mani; e li teneva guardati nella stessa torre ove s'erano introdotti con sì sfacciata sceleraggine. Fra questi era il capobanda Gaetano. Quanto poi al portinaio del castello l'era già morto quando le Cernide di Lugugnana s'erano accorte di lui. — Povero Germano! — sclamò il cavallante. — E che non ci sia proprio più pericolo? che tutti siano partiti? che non ci si rifacciano addosso per la rivincita? — chiese il signor Conte al quale non pareva vero che un tanto temporale si fosse squagliato per aria senza qualche grande fracasso di fulmini. — I capi sono bene ammanettati e saranno savi come bambini fino al momento che li regoli meglio il boia; — rispose il Partistagno — quanto agli altri scommetto che non si sovvengono più di qual odor sappia l'aria di Fratta, e che lor non cale niente affatto di fiutarla ancora. — Dio sia lodato! — sclamò la Contessa — signor Barone di Partistagno, noi tutti e le cose nostre ci facciamo roba sua in riconoscenza dell'immenso servigio che ci ha prestato. — Ella è il più gran guerriero dei secoli moderni! — gridò il Capitano asciugandosi sulla fronte il sudore che vi avea lasciato la paura. — Pare peraltro che anche lei avesse pensato ad una buona difesa — rispose il Partistagno. — Finestre e porte erano così tappate che non ci sarebbe passata una formica. Il Capitano ammutolì, s'avvicinò col fianco alla tavola per non far vedere ch'egli era senza spada e della mano accennò a Lucilio, come per riferir a lui tutto il merito di tali precauzioni. — Ah è stato il signor Lucilio!? — sclamò Partistagno con un lieve sapore d'ironia. — Bisogna confessare che non si poteva usare maggior prudenza. Il panegirico della prudenza in bocca Tag: tanto conte tutto torre contro contessa tutti capitano san Argomenti: nuovo accidente, lieve sapore, casa padronale, fausto suono, festivo splendore Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Corbaccio di Giovanni Boccaccio Garibaldi di Francesco Crispi Le femmine puntigliose di Carlo Goldoni Le sottilissime astuzie di Bertoldo di Giulio Cesare Croce Marocco di Edmondo De Amicis Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Valle dell'Irno Offerte Capodanno Bali Come piantare le rose Torre del Santuario di Jasna Gòra Come far durare a lungo il profumo
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