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Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo pagina 185di prima: anzi la consolazione andò tant'oltre che cominciai anche a spaventarmene. Alle volte saltava su per mordere come una vipera; e s'ingrugnava e aveva il coraggio di tener il broncio un'intera giornata. Voleva poi tutto a modo suo e dal silenzio ostinato passava in men ch'io non dico ad una garrulità quasi favolosa. Così ella ebbe il vanto di cancellare dalla mia memoria tutti quegli anni vissuti frammezzo e di ricondurmi alle tempestose fanciullaggini di Fratta. Davvero che a chiuder gli occhi avrei creduto di essere non già a Genova quasi veterano d'una guerra lunga e accanita, ma in riva alle fosse delle nostre praterie a bucar chiocciole e a lustrar sassolini. Mi sentiva imbambolire come un bisnonno; e sì che non era ancora padre né aveva premura di diventarlo. Questo era per esempio un punto sempre controverso tra me e lei: ch'ella avrebbe voluto un bambino ad ogni costo, ed io, per quanto mi scaldassi a dimostrarle che nella nostra posizione, in quel luogo, in quei tempi, un figliuolo sarebbe stato il peggiore degli imbrogli, dovevo sempre metter le pive nel sacco. Altrimenti pel gran sussurro mi sarebbe crollato il soffitto sul capo. Cominciarono i soliti dissapori, gli alterchi, le gelosie: tutto per quel benedetto bambino; eppur vi giuro che se la Provvidenza non ce lo mandava, io non ce ne aveva né colpa né rimorso. Finallora io m'era sempre congratulato colla Pisana che non aveva mai sospettato di me, e queste congratulazioni, se volete, erano intinte un pochino d'ironia, perché la sua sicurezza mi pareva originata o da freddezza d'amore o da piena confidenza nei proprii meriti. Ma allora almeno non fui più in grado di lamentarmi. Non poteva arrischiare un'occhiata fuori della finestra, ch'ella non mi allungasse tanto di grugno. Non me ne diceva la cagione, ma me la lasciava travedere. Rimpetto dimoravano due crestaie, una stiratrice, la moglie d'un arsenalotto e una mammana. Ella mi diceva invaghito di tutta questa marmaglia e non era il miglior elogio al mio buon gusto; massime quanto alla mammana ch'era più brutta d'un peccato non commesso. Indarno io teneva i miei occhi a casa come san Luigi; faceva per fintaggine, e me lo diceva con un sogghignetto più pestifero di qualunque impertinenza. Stufa, diceva ella, di farmi la buona moglie, comincio ad uscire, a volerne star a zonzo le mezze giornate: e sì che la città non dava motivo ad allegre passeggiate. Dappertutto era un puzzo d'ospedale o di cataletto, e bare si gettavano dalle finestre, e ammalati che si trasportavano a braccia, e immondizie che si rimescolavano per litigare ai vermi qualche avanzo di carogna. Finalmente volle ad ogni costo che la menassi fin sui castelli per far visita a' miei amici ch'erano in fazione. S'io non mi mostrava di buona voglia m'accagionava di paura e quasi di codardia: non contento di far nulla voleva anche frodare quelli che facevano, di quel po' di conforto che sarebbe loro venuto dalla compagnia di qualche buon'anima. Conveniva adattarsi e menarla. Se avesse preteso che la conducessi nel campo trincerato di Otto o fra le turbe monferrine raccolte dall'Azzeretto a minacciar più che Genova gli scrigni dei Genovesi, scommetto che avrei accondisceso; tanto m'aveva ridotto grullo e marito. Un giorno tornavamo da una visita fatta al colonnello Alessandro nel forte di Quezza, ch'era uno dei più esposti. Le bombe piovevano sulle casematte mentre noi facevamo un brindisi col Malaga alla fortuna di Bonaparte e alla costanza di Massena. La Pisana baccheggiava come una vivandiera, e in quel momento le avrei dato uno schiaffo; ma si serbava sempre così bella così bella per quante pazzie e scioccaggini commettesse, che avrei temuto di guastarla. Uscendo dal forte, Alessandro ci gridava dietro che badassimo ai bei fuochi d'artifizio; infatti le bombe di Otto descrivevano per aria le più vezzose parabole, e se non ci fosse stato il tonfo della caduta e il fragore e la rovina dello scoppio, sarebbe stato un onestissimo divertimento. Io affrettava il passo; e ve lo assicuro, non tanto per me quanto per veder la Pisana fuori di quel gran pericolo; ma ella se ne aveva a male, e borbottava della mia dappocaggine, e mi faceva montar la stizza portando a cielo Alessandro, e le sue belle maniere soldatesche, e i suoi frizzi e le sue baiate che non erano poi d'un gusto molto raffinato. Ma la Pisana aveva la passione dei tipi; e certo le sarebbe spiaciuto un lazzerone senza cenci e senza maccheroni, come un colonnello mugnaio senza pizzicotti e senza bestemmie. Io mi difendeva con dignitoso silenzio; ma ella dava a divedere d'ascrivere questa ritenutezza ad invidia. Allora la mia bile sforzò il turacciolo, e diedi una gran vociata gridando che se fossi stato donna io avrei voluto lodarmi piuttosto di Monsignore suo zio che di quel zoticone di colonnello. Lì appiccammo una lite; ché ella mi tacciava d'ingratitudine, ed io lei di soverchia indulgenza per le scurrili maniere di Alessandro. Terminammo a casa col sederci allo scuro io sopra una seggiola ed ella sopra un'altra col viso rivolto alla parete. Lucilio rientrando indi a poco ci trovò addormentati, segno evidentissimo che la tempesta aveva appena sfiorato i nostri umori biliosi; e sì che vento di parole non n'era mancato. La Pisana per farmi dispetto seguitò lunga pezza a lodare e magnificare i buoni portamenti e il valore stragrande del colonnello Alessandro, dicendo che per farsi di mugnaio esperto soldato in così breve tempo si voleva un ingegno sperticato, e che ella già aveva sempre augurato bene di quel giovine distinguendolo dagli altri fin da piccino. Io ingelosiva furiosamente di questi richiami ad un tempo, nel quale molte volte aveva dovuto soffrire la fortunata rivalità del piccolo Sandro; e vedendo compiacersi lei di cotali memorie, ognuno si figurerà i sospetti che ne induceva. Così, gelosi ambidue, stancheggiati dal digiuno, divisi dal resto del mondo, e con un futuro dinanzi che non dava nulla da sperare, noi cercavamo del nostro meglio ogni via per infastidirci scambievolmente. Ma appena poi il bell'Alessandro mostrava volersi ingalluzzire per le lusingherie della Pisana, ecco ch'ella se ne ritraeva quasi spaventata. E toccava a me farle veduto che certe schifiltosità non istanno bene, che bisogna compatire alle educazioni un po' precipitate, e che la trivialità d'un bravo e dabben soldataccio non va guari confusa colle oscene allusioni d'un bellimbusto sboccato. Alessandro, in uggia a me mentre era careggiato dalla Pisana, e difeso invece quando ella lo aspreggiava, non sapeva più per qual manico prendere il coltello; e stava nella nostra conversazione come un ballerino sulla corda prima di essersi bilanciato. Peraltro quando la Pisana si mostrava affatto ingiusta col povero colonnello io aveva ancora un mezzo di farle cadere la stizza; ed era il ricordarle quel buon brodo di pollo d'India procuratole da lui solo. Ella che ne aveva gran desiderio da un pezzo, perché i zuccherini cominciavano a impastarle la bocca, gli tornava allora dietro coi più dolci vezzi del mondo; e Alessandro s'incatorzoliva tutto per la contentezza. Ma quand'io gli accennava così in ombra la ragione di quelle carezze, s'imbrunava in faccia brontolando che la sua padrona non aveva altri gatti e che buon per lui, giacché al secondo rischio Dio sa cosa poteva avvenire. Crescevano intanto le strettezze dei viveri, cresceva la pressura degli assedianti e non si combatteva più per alcuna speranza di libertà o d'indipendenza. Che voleva Massena? Far di Genova una nuova Pompei popolata di cadaveri invece che di scheletri, o più che coll'armi, colla paura della pestilenza allontanare i nemici dalle mura combattute? — Era un lamento, un furore universale. Egli solo, il generale, aveva le sue idee per ritardare ad ogni costo d'un mese d'un giorno la resa della piazza: Bonaparte in quel mezzo avrebbe raccolto gli ultimi ardori repubblicani di Francia per incendiarne una seconda volta Tag: sarebbe colonnello sempre gran tanto sue tutto costo nostra Argomenti: breve tempo, silenzio ostinato, valore stragrande, povero colonnello, secondo rischio Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Corbaccio di Giovanni Boccaccio I nuovi tartufi di Francesco Domenico Guerrazzi Il fiore di Dante Alighieri L'Olimpia di Giambattista Della Porta Diario del primo amore di Giacomo Leopardi Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Vacanza Mauritius, l'Isola del Sorriso Come gestire una serena convivenza Lisbona, città da vedere e da sentire Vacanze alle Piccole Antille Il parrocchetto: il più diffuso e il più amato
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