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Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo pagina 137fantasmi. Crollato il fondamento, come reggerà la parete?... Che v'ha di saldo nell'uomo, se l'uomo appunto svanisce come il vapore del mattino? Sfreddato il calore del sentimento, le parole suonano sulle labbra come il vento in una fessura: vanità, tutto vanità!... “. Eppure, ad onta di questi scorati soliloquii, egli riprendeva la penna per iscrivere qualche inno patriottico, qualche filippica repubblicana che consolasse d'un'aureola di gloria il suo prossimo tramonto. Si vergognava poi di quanto avea scritto e lo buttava sul fuoco. Quando mal si può esprimere quello che più ci occupa l'animo, peggio poi si tenta d'interpretare sentimenti annebbiati e lontani. Giulio pensava troppo a sé e si rinserrava troppo nella considerazione del proprio destino, per poter comprendere degnamente le speranze e gli affetti dell'umanità intera. Cotali cose egli le aveva non dirò imparate, ma trovate sui libri; gli si erano appiccicate al cervello come fantasticaggini di moda e nulla più. Figuratevi se in tanta stretta di passioni proprie ed urgenti poteva ritrarre di colà quell'entusiasmo pieno e sincero che solo incalorisce le opere d'arte!... L'erudite declamazioni di Barzoni e la greca pedanteria del giovane Foscolo da lui sì crudamente satireggiate covavano più fuoco di tutti i suoi pensieri politici, imbrodolati di Rousseau e di Voltaire, ma privi d'ogni suggello di persuasione. Egli se n'accorgeva, e stritolava la penna coi denti, e si gettava sfinito sul letto. Una tosse profonda e ostinata affaticava le sue lunghe notti, mentre egli inondato di sudore, dolente sopra ogni fianco, e col volto sbigottito dalla paura si palpava il petto, e sollevava stentatamente i polmoni sfibrati, per pur persuadersi che la morte gli stava ancora da lunge. In quei momenti Ascanio e la Pisana, affacciati ad un balcone che dava sul Canalazzo, cinguettavano d'amore con tutte quelle tenerezze del vocabolario francese, mentre Sua Eccellenza Navagero sgomentito degli occhiacci dell'ufficiale sonnecchiava o fingeva di sonnecchiare sopra una poltrona. Io che non ardiva penetrare in quella casa, passava poi nel Canalazzo colla mia gondola a notte profonda; e vedeva profilarsi nel quadro illuminato della finestra le figure dei due amanti. Povero Giulio! Povero Carlino! La Provvidenza, a guardar le cose in monte, governa tutto con giustizia. Non vi sono due esseri felici, che non si oppongano loro, come ombre di un dipinto, due sventurati. Peraltro se la mia disgrazia era forse minore, ognuno mi consentirà ch'io la meritava assai meno di Giulio. La sventura vendica tutto ma non santifica nulla, men che meno poi la superbia, l'invidia e la libidine. Se egli volle consumarsi in queste tre brutte passioni, fu sua la colpa; e noi lo compiangeremo, ben lontani dal glorificarlo. La croce era un patibolo, e il solo Cristo ha potuto cambiarla in un altare. L'estate volgeva al suo termine. Già i fieri Bocchesi di Perasto avevano arso piangendo l'ultimo stendardo di San Marco. La Repubblica di Venezia era morta, e un ultimo suo spirito vagolava ancora nei remoti orizzonti della vita sulle marine di Levante. Vidiman, il governatore di Corfù, fratello al più saggio, al più generoso dei Municipali, spirava l'anima nel dolore alle continue vessazioni dei Francesi, sbarcati colà a guisa di padroni. Le popolazioni, stomacate della veneziana debolezza, sdegnavano di servire ai servi; meglio addirittura i Francesi o qualunque altro che la floscia inettitudine di cento patrizi. Ciò che molti secoli addietro si rispettava per la forza, poi si venerava per la prudenza, indi si tollerava per abitudine, allora cadeva nel disprezzo che conséguita sempre all'ossequio goduto lungamente a torto. Nella Municipalità la stessa disperazione d'ogni consiglio ingenerava la discordia: Dandolo e Giuliani predicavano la repubblica universale, quest'ultimo senza alcun riguardo dei sospettosi alleati. Vidiman consigliava la moderazione, perché la storia gli insegnava che se v'è salute pei governi nuovi, essa dipende dalla prudenza e dalla lentezza delle mutazioni. Strepitavano fra loro in quella sala del Gran Consiglio, ove la schietta parola d'un patrizio avea deciso altre volte delle sorti d'Italia. Il sommo impiccio era per me che doveva dar forma di protocolli a interminabili chiacchierate, a vicendevoli rimbrotti senza scopo e senza dignità. Finalmente la gran notizia che serpeggiava negli animi in forma di paura, scoppiò dalle labbra in suono di vera e certa disperazione. La Francia consentiva pel trattato di Campoformio che gli Imperiali occupassero Venezia e gli Stati di Levante e di terraferma fino all'Adige. Per sé teneva i Paesi Bassi austriaci, e per la Repubblica Cisalpina le provincie della Lombardia veneta. Il patto e le parole erano degne di chi le scriveva. Venezia si destò raccapricciando dalla sua letargia, come quei moribondi che rinvengono la chiarezza della mente all'estremo momento dell'agonia. I municipali mandarono ambascerie al Direttorio, a Bonaparte, perché fosse loro permesso di difendersi. Questa frase corrispondeva appuntino all'altra del trattato suddetto, nel quale si consentiva l'occupazione di Venezia. Domandar al carnefice un'arma per difendersi contro di lui, è invero un'ingenuità fuori d'ogni credenza! Ma i Municipali sapevano la propria impotenza e non altro cercavano che illudersi fino all'estremo. Bonaparte cacciò in prigione gli inviati; quelli di Parigi credo non giungessero neppur in tempo da recitare la loro commedia. Una bella mattina il Villetard, lagrimoso coccodrillo, capitò ad annunziare in piena adunanza che Venezia doveva sacrificarsi al bene di tutta Europa, che gli piangeva il cuore di tale necessità, ma che dovevano subirla con grande animo; che la Repubblica Cisalpina offeriva patria, cittadinanza e perfino il luogo ad una nuova Venezia per quanti fra essi rifuggivano dalla nuova servitù: e che i danari dell'erario e la vendita dei pubblici averi servirebbe a confortare il loro esiglio di qualche agiatezza. La superba indole italiana si rilevò subitamente a quest'ultima proposta. Deboli, discordi, creduli, ciarlieri, inetti sì; venali non mai! Tutta l'adunanza diede in un grido d'indignazione; si rifiutarono le indegne offerte, si rifiutò di approvare quanto la Repubblica francese aveva sì facilmente e barbaramente consentito, si decise di rimettere nel popolo la somma delle cose, dimandando a lui la scelta fra servitù e libertà. Il popolo votò frequente, raccolto, silenzioso; e il voto fu per la libertà; indi la Municipalità si disciolse, e molti partirono per l'esiglio, donde alcuni, Vidiman fra gli altri, non tornarono mai più. Villetard ne scrisse a Milano, e Bonaparte rispose altero schernitore ma furibondo. Lasciarsi schiacciare ma non obbedire è ancora un delitto pei tiranni. Serrurier entrò a quei giorni, vero beccamorti della Repubblica. Disalberò le navi, mandò a Tolone cannoni, gomene, fregate e vascelli, diede un'ultima mano al saccheggio della cassa pubblica, delle chiese e delle gallerie, raschiò le dorature di Bucintoro, fece baldoria del resto, e si assicurò per sempre dal rimorso di aver lasciato pei nuovi padroni il valsente vivo d'un quattrino. Questo fu il rispetto all'alleanza giurata, alla protezione promessa, ai sacrifici imposti e vilmente forse, più che generosamente, consentiti. Così adoperarono coloro verso Venezia che avea difeso per tanti secoli tutta la cristianità dalla barbarie mussulmana. Ma quei maiali non leggevano storie; preparavano orrendi capitoli alle storie future. La sera stessa che i Municipali deposero la propria autorità, quanti eravamo rimasti amici della libertà, e nemici coraggiosi del tradimento, convenimmo alla solita casa dietro il ponte dell'Arsenale. Il numero era più scarso del solito: altri si schivavano per paura, molti eran già partiti con diversi propositi. L'adunanza fu più per confortarsi a vicenda e per istringerci la mano che per deliberare. Tag: repubblica adunanza tutto paura giulio due cose disperazione francese Argomenti: repubblica francese, sommo impiccio, valsente vivo Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Le smanie per la villeggiatura di Carlo Goldoni Storia di un'anima di Ambrogio Bazzero Corbaccio di Giovanni Boccaccio Decameron di Giovanni Boccaccio La divina commedia di Dante Alighieri Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Praga fra i principali poli turistici europei L'innesto della rosa Sposarsi senza spendere troppo In hotel a Parigi prima e a Londra poi con Tour ed Olimpiadi Disneyland Paris: itinerari di visita
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