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Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo pagina 216guastare l'opera dei secoli. Credo all'entusiasmo delle anime che irrompendo quandocchesia nella vita sociale anticiperanno di qualche millennio il trionfo della scienza, come il matematico calcolatore è prevenuto nelle sue scoperte dalle audaci ipotesi del poeta! — E perciò, Lucilio, seguitate il sogno della vostra gioventù, e credete rinfocolare questo immenso entusiasmo colle mene segrete, e colle oscure macchinazioni!... — No, non censurate almeno beffardamente quello che non capite. Io non corro dietro a un fantasma; accontento un bisogno. Carlo, le mene non sono sempre segrete, né le macchinazioni oscure!... Toccate questa cicatrice!... — si scoperse il petto vicino alla gola, — questa la toccai or è l'anno a Novara! Fu inutile; ma la ferita mi rimase. — E guardate questa che m'ebbi a Rieti — risposi io rimboccandomi la manica e mostrando il braccio. Lucilio mi buttò le braccia al collo con una effusione che non mi sarei mai aspettato da lui. — Oh benedette queste anime — diss'egli — che veggono il vero, e lo seguono, benché non ve le spinga una forza irresistibile! Benedetti gli uomini pei quali il sacrifizio non ha voluttà eppure vi si offrono egualmente, vittime volontarie e generose! Sono i veri grandi. — Non adulatemi — soggiunsi. — Io andai a Napoli, si può dire, per amor proprio, e avrei anzi un mezzo rimorso di aver sacrificato al mio orgogliuzzo l'interesse della mia famiglia. — No, ve lo giuro io, non avete sacrificato nulla. La vostra famiglia vi raggiungerà qui. Voi rivedrete la bella luce del giorno e le desiderate sembianze dei vostri cari. Gli è vero che il sole di Londra non è quello di Venezia; ma la melanconia delle sue tinte s'accorda perfettamente alle pupille lagrimose dell'esule. — Mi date anche speranza che la Pisana sarà per allora perfettamente guarita? — Perfettamente — rispose con un fremito nella voce il dottore. Io tremai tutto che mi parve udire, che so io? una sentenza di morte; ma egli seguitò innanzi parlandomi con tanta pacatezza della malattia della Pisana, e del corso che dovea tenere, e della cura più adattata e dell'infallibile guarigione, che la memoria di quel funereo “perfettamente” mi uscì per allora del capo. Il dottore si diede attorno assai per giovarci; d'allora in poi grazie a' suoi spontanei soccorsi non mancammo più di nulla, ed io mi vergognava di vivere in quel modo d'elemosina, ma egli diceva alla Pisana che avea dei doveri verso la sua futura cognata e non voleva per oro al mondo cedere ad altri il diritto di esserle utile. — Come? — gli diceva la Pisana — ancora v'incaponite nell'idea di sposar mia sorella? Ma non vedete che l'è vecchia più ancora d'anima che di corpo e per soprappiù monaca dalle unghie ai capelli?... — Sono incorreggibile; — rispondeva il dottore — quello ch'io ho tentato a vent'anni, e non son riescito, lo tentai a trenta a quaranta a cinquanta, lo tenterò ai sessanta che sono molto vicini. La mia vita voglio che sia un tentativo ma un forte ostinato tentativo: in tutto sono così e beati gli altri se mi imitassero! Battendo si conficca il chiodo. — Ma non si sconficca l'ostinazione d'una monaca. — Bene; dunque non parliamone di grazia: parliamo piuttosto della signora Aquilina e dei due ragazzi che dovrebbero star poco ad arrivare. Ne aveste novelle sul loro viaggio? — Ebbi ieri lettera da Bruxelles — m'intromisi a dir io. — Bruto li accompagna colla sua vecchia gamba di legno. In verità non so come ringraziarvi d'una sì grossa spesa che vi siete addossata. — Ringraziar me?... Ma non sapete che cento sterline non mi costano che la stesa d'una ricetta? Prolungo di due giornate la gotta aristocratica d'un nobile lord e guadagno di che far viaggiare l'Europa a tutti voi. Conoscete lord Byron il poeta?... Egli mi volle dare diecimila ghinee se riesciva ad allungargli di un pollice la gamba diritta di cui zoppica. Benché ci avessi qualche pretensione di riuscire con un certo metodo scoperto da me, non avea allora bisogno di denaro, né voleva perdere il mio tempo a stirare le gambe della Camera alta. Risi dunque sul muso al gran poeta rispondendogli che avevano bisogno di me allo Spedale. — Ed egli? — Ed egli si compiacque dell'epigramma; e se ne vendicò coll'addrizzarmi il più caro sonettino che sia mai stato scritto in inglese. Ve l'assicuro io che sotto quell'anima tempestosa di Don Giovanni e di Manfredo cova una pura fiamma che scoppierà un giorno o l'altro. Byron è troppo grande; oltreché nei libri e nelle rime deve finir poeta anche nella vita. — Dio lo voglia! — sclamai — perché la poesia è la realtà della felicità spirituale, la sola vera e completa. — Ben detto — rispose Lucilio rimormorando le mie parole, ed io rigonfiava di tanto onore. — La poesia è la felicità reale dello spirito. Fuor d'essa vi sono godimenti ma non contentezze!... — Ed io, son dunque poetessa perché son contenta? — chiese con voce allegra ma fievole la Pisana. — Voi siete Corinna! Voi siete Saffo! — sclamò Lucilio. — Ma non vi accontentate di balbettar odi o poemi e li create colle opere, e porgete alla sublimità poetica la loro più degna effigie, l'azione. Achille e Rinaldo prima d'esser poeti furono eroi. La Pisana si mise a ridere ma con tutta quell'ingenuità che esclude ogni sospetto di falsa modestia. — Sono una Corinna molto pallida, una Saffo assai magra! — diss'ella ridendo ancora. — Mi sembra quasi esser diventata inglese, che somiglio una cavalletta! ma ho guadagnato in idea aristocratica. — Avete guadagnato in tutto — soggiunse Lucilio infervorandosi sempre più. — L'anima vostra trasparente dal pallore del viso vi ringiovanisce e vi impedirà di diventar mai vecchia!... Chi giurasse che avete venticinqu'anni potrebbe esser creduto!... — Sì, sì, ora che è morto il povero Piovano che m'ha battezzata! Sapete ch'è una gran malinconia il trovar la nostra vita sempre più cinta e ombrata da sepolcri! Ormai la prima fila è andata quasi tutta. In prima fila siam noi. — Ma non tremeremo al fuoco, siatene certa. Né voi né io né Carlo abbiamo la smania di vivere. Abbiamo tre tempere differenti ma che s'accordano meravigliosamente in questo di esser ubbidienti e rassegnate alla natura. Bensì la mia propria natura mi comanda di spender bene e di usare spietatamente la vita. Voglio proprio cavarne ogni succo, e far come dei vinacci i quali, poiché ne fu spremuto il vino, si torchiano ancora per estrarne l'olio. — E ne avrete guadagnato? — Assai! d'aver fatto fruttificare ogni mio talento e d'aver offerto un buon esempio a quelli che verranno. Io approvai del capo, ché quella teoria del buon esempio mi avea sempre frullato entro come un ottimo negozio: e me ne fidava più che dei libri. La Pisana soggiunse ch'ella per verità in tutte le sue cose non aveva mai pensato alla gloria di trovar imitatori ma che si era data con tutta l'anima al sentimento che la trasportava. — Almeno non avete dato altrui il vostro spirito da intisichirlo! — soggiunse mestamente Lucilio. Io compiansi nel mio cuore quell'animo forte e tenace che da quarant'anni covava una piaga; e non voleva saperne né di guarigione né d'obblio. Era l'orgoglio smisurato di chi vuol sentire il dolore per mostrarsi capace di sopportarlo, e poterlo rinfacciare altrui come un tradimento o una viltà. Il medico riverito dai duchi e dai Pari di Londra non ripudiava il mediconzolo di Fossalta; non confessava di esser stato piccolo, ma pretendeva di esser sempre stato grande ad un modo; e la ferrea vecchiaia porgeva la mano alla bollente giovinezza per sollevarla alla ricompensa d'ogni dolore, alla forza incrollabile della coscienza sicura in se stessa. In quei pochi giorni che precedettero l'arrivo dei nostri viaggiatori, la Pisana mi si mostrava più fredda che pel consueto; ma di tratto in tratto le saltava qualche strano capriccio di tenerezza, e dopo si ostinava a provarmi con Tag: vita sempre poeta assai anima sue guadagnato dottore bisogno Argomenti: vita sociale, immenso entusiasmo, petto vicino, mezzo rimorso, nobile lord Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Corbaccio di Giovanni Boccaccio I nuovi tartufi di Francesco Domenico Guerrazzi Intrichi d'amore di Torquato Tasso La favorita del Mahdi di Emilio Salgari Storia di un'anima di Ambrogio Bazzero Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Blu di Russia: un pelo che incanta Le Bahamas meta di un sogno Il parrocchetto: il più diffuso e il più amato Il Lusitano: origini e caratteristiche L'alimentazione del pappagallo
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