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Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo pagina 201spirito che la rianima, comprendereste forse il miracolo che si compié allora nell'esser mio!... Fui come soffocato dalla felicità; indi la vita scoppiò ribollente da quel momentaneo assopimento, e sentii un misto di calore e di freschezza corrermi salutare e voluttuoso i nervi le vene. La Pisana non volle più staccarsi dal mio capezzale; fu questa la sua maniera di chieder perdono e di ottenerlo pronto ed intero. Che dico mai ottenerlo? A ciò avea bastato uno sguardo. Capii allora la vera cagione del mio male, la quale la superbia forse mi avea tenuto nascosta. Mi sentii rivivere, diedi la berta ai medici, e rifiutai le loro insulse pozioni. La Pisana non dormì più una notte, non uscì un istante dalla mia stanza, non lasciò che altra mano fuori della sua toccasse le mie membra, le mie vesti, il mio letto. In tre giorni divenne così pallida e scarna che pareva più malata di me. Io credo che per non vederla soffrire a lungo condensai tanto sforzo di volontà nell'adoperarmi a guarire, che accorciai la malattia di qualche settimana, e mutai in perfetta salute la convalescenza. Spiro e l'Aglaura guardavano meravigliati: la Pisana pareva che meno non si aspettasse, tanto era la fede e la sincerità dell'amor suo. Che cosa non le avrei perdonato!?... Fu di quella volta come delle altre. Le labbra tacquero, ma parlarono i cuori: ella mi avea ridonato la vita e la possibilità di amarla ancora. Me le professai debitore, e l'umiltà e la tenerezza d'un amore infinito mi compensarono dello spensierato abbandono d'un giorno. — Carlo — mi disse un giorno la Pisana poich'io fui ristabilito tanto da poter uscire — l'aria di Venezia non ti si affà molto, hai bisogno di campagna. Vuoi che facciamo una visita allo zio monsignore di Fratta? Non so come avrei potuto rispondere ad un invito che sì bene interpretava i più ardenti voti del mio cuore. Rivedere colla Pisana i luoghi della nostra prima felicità sarebbe stato per me un vero paradiso. Mi avanzava qualche piccola somma di danaro accumulata dalle pigioni della mia casa negli ultimi quattr'anni; il ritiro in campagna avrebbe aiutato l'economia; tutto concorreva a rendere questo disegno oltreché bello, utile e salutare. D'altra parte io sapeva che Raimondo Venchieredo stava ancora in Venezia, sapeva omai delle arti basse e maligne da lui messe in opera per accertar la Pisana de' miei amori colla contessa Migliana e per giovarsi a' suoi intenti d'un momento di dispetto. Avea perdonato alla Pisana ma non a lui; né era sicuro da un impeto di furore ove mi fosse intervenuto d'incontrarlo. Per due giorni ancora la Pisana non mi parlò di partire, ma la vedeva affaccendata in altri pensieri, e mi pareva che si disponesse ad una lunga assenza. Finalmente venne a casa mia col suo baule e mi disse: — Cugino, eccomi pronta. Mio marito non è guarito; ma la sua malattia ha ripreso un andamento regolare; i medici dicono che così può durare ancora molti anni. Mia sorella che domani esce di convento... — Come? — io sclamai. — La Clara si sveste di monaca? — Non lo sapete? Il suo convento fu soppresso; le hanno dato una pensione, e uscirà appunto domani. Ben inteso ch'ella non ha la benché minima idea di rompere i suoi voti; e che digiunerà egualmente le sue tre quaresime all'anno. Ma intanto ella acconsente a far l'infermiera a mio marito; io l'ho persuaso che lo zio monsignore abbisogna di me, e mia madre poi, che avrà dalla mia partenza il suo tornaconto, asseconda con tutte le forze questo progetto. — Che tornaconto ha mai tua madre da questo viaggio? — Il tornaconto che le ho ceduto definitivamente non solo il godimento ma la proprietà della dote!... — Che pazzia! E per te dunque, cosa ti rimane? — Per me mi rimangono due lire al giorno che mio marito vuol passarmi ad ogni costo malgrado la strettezza della sua fortuna; e con quelle in campagna posso vivere da gran signora. — Scusa, sai, Pisana; ma il sacrifizio che hai fatto per tua madre mi sembra altrettanto imprudente che inutile. Qual vantaggio recherà a lei l'avere la proprietà oltre il godimento della dote? — Qual vantaggio? Non so; ma probabilmente quello di potersela mangiare. E poi fare questi conti non si stava a me. Mia madre mi ha mostrato le sue tristi condizioni, la sua vecchiaia che vien domandando sempre nuovi commodi, nuove spese, i debiti da cui è molestata; infine io ho veduto anche i bisogni delle sue passioncelle e non voleva che per giuocare due partite di tresette ella fosse costretta a vendere il pagliericcio. Le ho risposto dunque: “Volete così... Sia! Ma mi lascerete partire perché ho bisogno d'una boccata d'aria libera e di rivedere le nostre campagne.” “Va', va' pure, e che il cielo ti benedica, figliuola mia” soggiunse mia madre. Io credo ch'ella si consolò tutta di vedermi in procinto d'andarmene, perché le mie suggestioni non avrebbero più persuaso Rinaldo a comperarsi ogni tanto o un cappello nuovo o un vestito meno indecente, e così a lei sarebbe rimasto qualche zecchino di più. Andai dunque da un notaio, fu stesa e firmata la scritta di cessione. Ma nel punto di consegnarla a mia madre, non ti figuri mai più il favore ch'io le chiesi in contraccambio. — Cosa mai? Le chiedesti il diritto eventuale all'eredità Navagero, o la cessione de' suoi crediti verso la sostanza di Fratta? — Nulla di tutto questo, Carlo. Da un pezzo era pizzicata da una indiscreta curiosità messami in capo, te ne ricordi, da quella pettegola della Faustina. Domandai dunque a mia madre che proprio sinceramente colla mano sul cuore mi confessasse se io non ero figliuola di monsignore di Sant'Andrea!... — Eh va' là! Pazzerella!... E cosa ti rispose la Contessa? — Mi rispose quello che tu. Mi diede della sguaiata della pazzerella; e non volle dir nulla. Ah, Carlo! de' miei ottomila ducati non ci ho proprio ritratto un bruscolo, nemmeno tanto da cavarmi una curiosità! Questo incidente può darvi un'idea non solamente dell'indole e dell'educazione avuta dalla Pisana, ma anche fino ad un certo punto dei costumi veneziani del secolo passato. Nel punto stesso che una figliuola con sublime sacrificio si toglieva il pane di bocca, si spogliava dell'ultimo suo avere per accontentare i vizietti della madre, chiedeva in compenso di tanto benefizio una cinica confessione, e un gusterello di curiosità altrettanto inutile che scandalosa. Non aggiungo di più. Ma basta un finestrello aperto per lumeggiare un quadro. — E a te dunque — soggiunsi io — non restano ora che due grame lirette al giorno concesseti dalla misera munificenza del nobiluomo Navagero, sicché una voltata d'umore di questo vecchio pazzo può metterti addirittura all'ospizio dei poveri!!... — Eh guà'! — disse la Pisana. — Son giovine e robusta; posso lavorare, e poi io starò con te, e il mantenimento me lo conterai per salario. Un cotale accomodamento quadrava col modo di pensare della Pisana; e non isconveniva punto a me: solamente mi sarebbe abbisognata qualche professione per accrescere di qualche cosa le mie meschinissime entrate, finché la sospirata morte del Navagero porgesse comodità di pensare ad uno stabilimento definitivo. Per allora misi da banda questa idea; l'importante era di partir subito, perché la mia salute terminasse di raffermarsi. Io aveva in borsa un centinaio di ducati, la Pisana volle a tutti i costi consegnarmene altri duecento ch'ella avea ricavato da certe gioie, e con questa gran somma ci disposimo allegramente alla partenza. Prima di lasciar Venezia ebbi anche la fortuna di rivedere per l'ultima volta il vecchio Apostulos reduce allora dalla Grecia; egli era involto in quelle macchinazioni d'allora per la liberazione della sua patria mediante il patrocinio dei così detti Fanarioti o Greci di Costantinopoli; e faceva un gran correre qua e là col pretesto del commercio. Spiro, che propendeva al partito più giovane, che poi soperchiò tutti gli altri e fomentò l'ultima guerra Tag: madre tanto giorno due gran rivedere idea tornaconto marito Argomenti: cappello nuovo, tanto sforzo, amore infinito, spensierato abbandono, sublime sacrificio Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Fior di passione di Matilde Serao Corbaccio di Giovanni Boccaccio Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni Il benefattore di Luigi Capuana Il fiore di Dante Alighieri Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come gestire il rapporto con la suocera Come aiutare la memoria Disneyland Paris: itinerari di visita Dieta Dukan, funziona davvero? Dieta Dukan sì o no?
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