Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo pagina 119

Testo di pubblico dominio

loro scrigno. Mi confessò con maligna compiacenza che la Contessa avea cercato di sentir il peso delle sue doble, ma che non avea potuto vederne neppur il colore; e in questo batteva la mano al taschino sulla solita sonagliera di monete. Tale guardinga taccagneria non mi andò a' versi affatto, e son quasi certo ch'egli se ne avvide. Ma non usò per questo la cortesia di cambiar registro, anzi vi ribadì sopra come un uomo incapato nella propria opinione che il danaro sia la cosa meglio apprezzata ed apprezzabile. Io invece dei pochi ducati che aveva in tasca ne avrei dato la metà al primo accattone che me li chiedesse; e forse la pensava così perché ne aveva sempre avuti pochi. La povertà mi fu maestra di generosità; ed i suoi precetti mi giovarono anche quando io non l'ebbi più per aia e per compagna. Peraltro ebbi campo indi a poco a rilevare che mio padre non era uno spilorcio. Egli mi trasse quel giorno alle migliori botteghe, perché vi provvedessi da raffazzonarmi come il più compito damerino di San Marco. Indi mi condusse alla mia stanza che aveva una porta libera sulla scala, e mi lasciò colla promessa ch'egli avrebbe fatto di me il secondo capostipite della famiglia Altoviti. — I nostri antenati furono tra i fondatori di Venezia: — mi diss'egli prima di partire — venivano da Aquileia ed erano romani della stirpe Metella. Ora che Venezia tende a rifarsi, bisogna che un Altoviti ci ponga le mani. Lascia fare a me! Il signor padre sbruffava in tali parole tutta la boria proverbiale della povera nobiltà di Torcello; ma le doble levantine s'adoperarono tanto che il mio diritto all'iscrizione nel Libro d'Oro fu riconosciuto immantinente, ed io comparvi per la prima volta come patrizio votante al Maggior Consiglio nella seduta del 2 aprile 1797. Quanto a lui, egli non voleva immischiarsene; pareva non si tenesse degno di porsi in cima al rinnovamento del casato e che stesse contento di fornirmene i mezzi. Quei pochi giorni vissuti signorilmente a Venezia, e per mezzo della Contessa di Fratta e degli eccellentissimi Frumier nelle migliori conversazioni, mi avevano fruttato una fama straordinaria. Non era spiacevole di figura, le mie maniere si stoglievano un poco dalle solite leziosaggini, la coltura non mancava affatto ma non soffocava neppure colle pedanterie quel modesto brio concessomi da natura; più di tutto poi credo che la voce di dovizioso mi accreditasse come ottimo partito presso tutte le zitelle, o presso le madri che ne avevano. Carlino di qua, Carlino di là, tutti mi chiamavano, tutti mi volevano. Anche qualche sposina non fece la disdegnosa; e insomma io non ebbi che a scegliere fra molte maniere di felicità. Per allora non ne scelsi alcuna, e la novità mi occupò talmente, che perfin la Pisana non mi dava più da pensare una volta ch'io l'avessi fuori degli occhi. Ella forse se ne stizziva; ma per essere in una fase di superbia non si degnava di mostrarlo, e soltanto si accontentava di sfogar quella stizza contro il povero Giulio. Mi ricorda che a quel tempo lo vidi parecchie volte, e sarei anche tornato ad averne compassione, se le mie occupazioni me ne porgevano il tempo nulla nulla. Il povero giovine stava sempre fra la vita e la morte e dàlli una volta e dàlli due, s'era ridotto a tale che ad ogni mosca che ronzasse intorno alla Pisana sdilinquiva di paura. Intanto le cose d'Italia si stravolgevano sempre più. Già da più che sei mesi Modena Bologna e Ferrara aveano dato l'esempio di una servile imitazione di Francia, dietro eccitamento francese: aveano improvvisato, come una bolla di sapone, la Repubblica cispadana. Carlo Emanuele succedeva a Vittorio Amedeo nel regno di Sardegna già occupato e ridotto in provincia militare francese. Tutta Italia s'insudiciava i ginocchi dietro le orme trionfali di Bonaparte ed egli ingannava questi, sbeffeggiava quelli con alleanze con lusinghe con mezzi termini. Gli Stati veneziani di terraferma da lui astutamente stuzzicati si levavano a romore contro lo stendardo del Leone: sorgevano per tutto alberi della libertà; egli solo sapeva con quanta radice. E fu un momento ch'egli dubitò della propria fortuna pel gran nugolo di nemici che aveva dinanzi a combattere, per la grande distanza di provincie non tanto fedeli né pienamente illuse che lo divideva da Francia; ma rifiutatigli i proposti negoziati, buttò via ogni timore e andò fino a Leoben ad imporre all'Austria i preliminari di pace. La Serenissima Signoria aveva veduto passarsi dinanzi quel turbine di guerra, come l'agonizzante che travede nell'annebbiata fantasia lo spettro della morte. Altro non avea fatto che avvilirsi, pazientare, pregare e supplicare, dinanzi al nemico prepotente che la schiacciava oncia ad oncia, disonorandola cogli inganni e col vitupero. Francesco Battaja, Provveditore straordinario in terraferma, fu l'interprete più degno di cotali vilissimi sensi di servitù; e infamò peggiormente la sua codarda obbedienza coll'inobbedienza e col tradimento più codardi ancora. Alle umilianti proteste contro l'invasione delle città, l'occupazione dei castelli e delle fortezze, il sollevamento delle popolazioni, lo spoglio delle pubbliche casse, e la devastazione universale. Buonaparte rispondeva con beffarde proposte d'alleanza, con ironici lamenti, e con domande di tributi. Il procuratore Francesco Pesaro e Giambattista Cornes, Savio di terraferma, si erano abboccati con lui a Gorizia per protestare contro la parte presa da officiali francesi nelle rivoluzioni di Brescia e di Bergamo, nonché contro le piraterie degli armatori francesi negli intimi recessi del golfo. Ne ebbero tale risposta che, sulla chiusa del loro rapporto, i due inviati non esitarono ad affermare che soltanto dalla divina assistenza bisognava sperare alla loro negoziazione quell'esito che dalle durissime circostanze non era permesso in alcun modo di attendere. Francesco Pesaro ebbe animo retto e chiara antiveggenza; ma gli mancavano la costanza e l'entusiasmo, come mostrò dappoi; per questo né fu capace di salvar la Repubblica né di imprimere alla sua caduta un suggello di grandezza. I turbolenti intanto romoreggiavano; i paurosi davano ansa al partito, e fu veduto nel Maggior Consiglio lo strano caso che la filosofia e la paura votassero contro la stabilità e il coraggio. Ma la vera filosofia a quei giorni avrebbe dovuto consigliare di cercar la salute nella propria dignità, non di chiederla in ginocchione alla sapienza politica d'un condottiero. Io per me fui degli illusi, e me ne pento e me ne dolgo; ma operava a fin di bene, e d'altra parte l'amicizia di Amilcare ancora prigione, Lucilio intrinseco affatto dell'ambasciatore francese, e mio padre più di tutti fiducioso nel prossimo rinnovamento di Venezia, mi spingevano per quella via. O terribile insegnamento! Ripudiare, schernire le virtù antiche senza prima essersi ricinti il cuore colle nuove, e implorare la libertà col lievito della servitù già gonfio nell'animo! Vi sono diritti che sol meritati possono chiamarsi tali; la libertà non si domanda ma si vuole: a chi la domanda vilmente è giusto rispondere cogli sputi: e Bonaparte aveva ragione e Venezia torto. Soltanto anche un eroe che ha ragione può esser codardo nei modi di farsela. Il partito democratico, che allora poteva chiamarsi ed era infatti francese, non predominava forse a Venezia per numero; sibbene per gagliardia d'animo, per forza d'azione, e sopratutto per potenza d'aiuti. I contrari non formavano partito; ma un volume inerte di viltà e d'impotenza, che dalla grandezza non riceveva alcun accrescimento di forza. I nervi ubbidiscono all'anima, le braccia all'idea, e dove non vi sono né idee né anima, o intorpidisce il letargo o la vita stultizza. I perrucconi veneziani erano nel primo caso. La Legazione francese non il Senato né il Collegio dei Savi governava allora. Essa sotto l'occhio stesso e a marcio dispetto dell'Inquisizione preparava i fili della trama che dovea precipitare dal

Tag: contro    francese    partito    tutti    padre    volta    prima    dinanzi    forse    

Argomenti: legazione francese,    strano caso,    secondo capostipite,    boria proverbiale,    modesto brio

Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina:

Diario del primo amore di Giacomo Leopardi
L'arte di prender marito di Paolo Mantegazza
Novelle rusticane di Giovanni Verga
Storia di un'anima di Ambrogio Bazzero
Garibaldi di Francesco Crispi

Articoli del sito affini al contenuto della pagina:

La treccia alla francese
Il cavallo arabo: antichità, bellezza e forza
I primi segnali di una gravidanza
La cura dell'acquario
Dryas iulia: la farfalla più insolita del mondo


<- precedente 1   |    2   |    3   |    4   |    5   |    6   |    7   |    8   |    9   |    10   |    11   |    12   |    13   |    14   |    15   |    16   |    17   |    18   |    19   |    20   |    21   |    22   |    23   |    24   |    25   |    26   |    27   |    28   |    29   |    30   |    31   |    32   |    33   |    34   |    35   |    36   |    37   |    38   |    39   |    40   |    41   |    42   |    43   |    44   |    45   |    46   |    47   |    48   |    49   |    50   |    51   |    52   |    53   |    54   |    55   |    56   |    57   |    58   |    59   |    60   |    61   |    62   |    63   |    64   |    65   |    66   |    67   |    68   |    69   |    70   |    71   |    72   |    73   |    74   |    75   |    76   |    77   |    78   |    79   |    80   |    81   |    82   |    83   |    84   |    85   |    86   |    87   |    88   |    89   |    90   |    91   |    92   |    93   |    94   |    95   |    96   |    97   |    98   |    99   |    100   |    101   |    102   |    103   |    104   |    105   |    106   |    107   |    108   |    109   |    110   |    111   |    112   |    113   |    114   |    115   |    116   |    117   |    118   |    119   |    120   |    121   |    122   |    123   |    124   |    125   |    126   |    127   |    128   |    129   |    130   |    131   |    132   |    133   |    134   |    135   |    136   |    137   |    138   |    139   |    140   |    141   |    142   |    143   |    144   |    145   |    146   |    147   |    148   |    149   |    150   |    151   |    152   |    153   |    154   |    155   |    156   |    157   |    158   |    159   |    160   |    161   |    162   |    163   |    164   |    165   |    166   |    167   |    168   |    169   |    170   |    171   |    172   |    173   |    174   |    175   |    176   |    177   |    178   |    179   |    180   |    181   |    182   |    183   |    184   |    185   |    186   |    187   |    188   |    189   |    190   |    191   |    192   |    193   |    194   |    195   |    196   |    197   |    198   |    199   |    200   |    201   |    202   |    203   |    204   |    205   |    206   |    207   |    208   |    209   |    210   |    211   |    212   |    213   |    214   |    215   |    216   |    217   |    218   |    219   |    220   |    221   |    222   |    223   |    224   |    225   |    226   |    227   |    228   |    229   |    230   |    231   |    232   |    233   |    234   |    235   |    236   |    237   |    238   |    239   |    240   |    241   |    242   |    243   |    244   |    245   |    246   |    247   |    248   |    249   |    250   |    251   |    252   |    253   |    254   |    255 successiva ->