Frasi Belle - Le più belle frasi dolci e romantiche online e altro
|
||||
Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo pagina 164allora ad Amilcare trovar ispedienti per far denaro, e avuto questo, ingegnarsi di sparagnarlo fino al toccar delle nuove paghe. Amilcare mi fece tornar in mente anche Bruto Provedoni che dicevano partito insieme col Giorgi e non ne avea più saputo novella. Egli era tuttavia alle guerricciuole liguri e piemontesi dove ad onta che il Re fosse buon amico e miglior servitore del Direttorio, questi s'adoperava sempre a mantener viva la resistenza per averne appiglio quandochessia a qualche bel colpo. Aveva intanto stuzzicato la rintonacata Repubblica Ligure a movergli guerra, e vietato a lui di difendersi; il povero Re non sapeva da qual banda volgersi; dappertutto precipizi. Fortuna che l'armigero e fedele Piemonte non somigliava per nulla la sonnacchiosa Venezia; ché altrimenti si sarebbe veduta qualche simile ignominia. Ignominia ci fu, ma tutta dal lato dei Francesi. — Mi venne allora comodissimo di chiedere anche d'Emilio Tornoni, fingendo di conoscerlo e desiderarne qualche contezza. Lucilio sporse il labbro, e nulla rispose. Giulio mi disse ghignando ch'era partito per Roma con una bella contessa milanese a farci probabilmente la rivoluzione. I loro atti dispregiativi mi diedero qualche sospetto ma non potei cavarne di più. Indi a poco rientrò quel capo svasato di Amilcare; nuovi baci, nuova maraviglia. L'era diventato negro come un arabo, con una certa voce che pareva accordata allo strepito della moschetteria; ma mi spiegarono poi che se l'aveva guastata a quel modo insegnando camminare alle reclute. Infatti il mover un passo, che è per sé cosa facilissima, i tattici di guerra l'hanno ridotta l'arte più malagevole del mondo e bisogna dire che prima di Federico II si combattessero le battaglie o senza camminare o camminando assai male; e non è incredibile che di qui a cent'anni s'insegni ai soldati a batter le terzine e marciare a passo di polka. Quella sera non volea terminare più, tante cose avevamo da raccontarci; ma eravamo usciti sui bastioni, e al sonar dei tamburi Lucilio fece motto agli altri due ch'era tempo di ritirarsi. — Eh sì! — disse Amilcare stringendosi nelle spalle. — Un ufficiale par mio ubbidirà al tamburo! — Ed io sono malato; e fo conto d'essere allo spedale — soggiunse Giulio. Io mi fidava che Lucilio li avrebbe chiamati al dovere, perché mi tardava l'ora di abboccarmi coll'Aglaura e portarle la lettera e le notizie d'Emilio; ma i due coscritti non badavano punto alle parole del dottore e mi convenne godere la loro compagnia fin'oltre le nove. Allora vollero accompagnarmi al mio alloggio, e siccome non li invitai a salire e videro il lume alle finestre e un'ombra come di donna disegnarsi sulla cortina, cominciarono a darmi la baia, e far mille conghietture, e a consolarsi con me della mia fortuna. Insomma, sussurrava quel disperatello di Amilcare che io temeva ogni poco di veder l'Aglaura al balcone. Quando Dio volle Lucilio li persuase d'andarsene, e potei salire dalla giovinetta e confortarla della sua penosa solitudine. Le porsi la lettera e la vidi sospirare e quasi piangere nel leggerla, ma faceva forza a non lasciarsi vedere. — Se è lecito, chi vi scrive? — le chiesi. Mi rispose ch'era Spiro suo fratello. Ma schivò frettolosamente tutte le altre domande che le indirizzai, e solamente mi comunicò ch'egli s'era apposto benissimo e che la credeva a Milano in mia compagnia. Com'era dunque che non veniva a raggiungerla con quel grande affetto che le aveva? — Ecco quello che non seppe chiarire; ma lo chiarii in seguito quando seppi che Spiro era stato sostenuto in carcere come manutengolo della mia fuga. Appunto quella lettera usciva della prigione e perciò l'Aglaura se n'era intenerita. Mi chiese ella poi se io pure avessi ricevuto lettere da Venezia, e rispostole che sì, me ne domandò notizia. Io senz'altro le porsi la lettera di suo padre, e quella ove la Pisana raccontava i rimescolamenti di Venezia. Lesse tutto senza batter ciglio; solamente quando giunse al punto ove erano nominati Raimondo Venchieredo e la Doretta ella dié un piccolo guizzo di sorpresa, e ripeté fra sé come per accertarsene quel nome di Doretta. — Che è? — diss'io. — Eh nulla! gli è che io pure conosco questa signora così di riverbero; e mi maravigliai di trovarne il nome in una lettera indirizzata a voi. Se avessi pensato che il Venchieredo è delle vostre parti non mi sarei stupita tanto. — E come conoscete i Venchieredo voi? — Li conosco, oh bella, perché li conosco!... Anzi no, voglio dirvelo. Erano essi in qualche corrispondenza, di interessi suppongo, con Emilio. — A proposito, deggio darvi una triste notizia. — Quale? — Il signor Emilio Tornoni è partito per Roma. (Tacqui, per prudenza, della contessa). — Lo sapeva; ma tornerà — rispose l'Aglaura con piglio quasi di sfida. — Vi pregherò intanto di informarvi domani se fosse qui il signor Ascanio Minato, aiutante del generale Baraguay d'Hilliers, e il signor d'Hauteville segretario del generale Berthier. Sono persone che mi premono per le notizie di Emilio che posso averne all'uopo. — Sarete servita. — E ditemi, avete saputo null'altro di lui? — Null'altro! — Nulla, nulla?... proprio nulla? — Nulla vi dico. — Era quasi per prender soggezione della giovinetta udendola parlare con tanta indifferenza d'aiutanti e di generali; ma non volli significarle il tacito disprezzo da me notato negli atti di Lucilio e di Del Ponte quando ebbi loro a nominare il Tornoni. Sapeva quanto piacere si dà alle innamorate sparlando dei loro belli. — Aglaura — ripresi dopo un istante di silenzio per ravvivare la conversazione — voi siete abbastanza misteriosa, e converrete che la mia bontà e la mia discrezione... — Sono senza pari — aggiunse ella. — No, non voleva dir questo, avrei soggiunto invece che meritano un granino di confidenza da parte vostra. — È vero, amico mio. Chiedete e risponderò. — Se vi pianterete così seria e pettoruta come una regina mi morranno le parole in bocca. Via, siate ilare e modesta come la prima sera che vi ho veduta... Così, così per l'appunto mi piacete!... Ditemi dunque ora come avete tanto domestici tutti questi nomi e cognomi dello Stato Maggiore francese... Mi sembravate poco fa un generale in capo che disponesse le schiere per una battaglia! — Altro non volete sapere? — Nient'altro: la mia curiosità per ora è tutta qui. — Or bene: quei signori erano amicissimi d'Emilio; ecco perché li conosco. — Anche il signor Minato. — Quello anzi più degli altri; ma gli è anche il più galantuomo, vale a dire il meno birbante di tutti questi ladroni. — Parlate piano, Aglaura!... Non siete più quella di questa mane!... Come mai svillaneggiate or quelli stessi che levaste a cielo poche ore fa?... — Io?... Io ho levato al cielo la Repubblica, non chi l'ha fabbricata. Anche l'asino talora può andar carico di pietre preziose... Del resto ladri in camera possono essere eroi all'aperto; ma eroi macellai, non... — E ditemi un poco, Spiro vi scrive di venirvi a prendere, o che n'andiate a Venezia? — Perché questa domanda?... Siete stufo d'avermi? — Felice notte, Aglaura: parleremo domani. Oggi siete maldisposta. Infatti mi ritrassi nella mia stanzuccia dietro della sua, e mi coricai pensando alla Pisana, alle strettezze che dovevano angustiarla, ai pericoli della sua solitudine. Sopratutto quel rappaciamento colla Rosa e le visite della Doretta mi davano ombra: Raimondo veniva poi; giacché capiva che egli era il grosso caprone che sarebbe passato pei buchi fatti dalle pecore. Aggiustai fin d'allora di mio capo un certo letterone da scrivere il giorno dopo, e dal pensiero della Pisana passai a quello dell'Aglaura che se stringeva meno s'oscurava anche di più. Chi potea vedere un barlume di chiaro in quel turbine di testolina? — Io no per certo. — Da Padova a Milano ella m'avea menato sempre di sorpresa in sorpresa; pareva non già una fanciulla occupata a vivere, ma un Tag: nulla lettera poco capo sorpresa generale spiro partito notizia Argomenti: grande affetto, contessa milanese, tacito disprezzo, repubblica ligure, piccolo guizzo Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: La vita comincia domani di Guido da Verona La divina commedia di Dante Alighieri Il conte di Carmagnola di Alessandro Manzoni L'amore che torna di Guido da Verona Libro proibito di Antonio Ghislanzoni Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Capo Verde, un'oasi di mare a due ore di aereo da casa Offerta capodanno ad Atlanta (Georgia, USA) Abitudini alimentari sbagliate Appartamenti per vacanze a Lugano Tallinn la capitale giovane dell'Estonia
|
||||