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Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo pagina 115alla camera della vecchia e mi vi precipitai entro in un buio terribile gridando da forsennato. Mi rispose dalla profonda oscurità un suono spaventevole come d'un respiro affannato insieme e minaccioso: il bramito della fiera, il gemito di un fanciullo armonizzavano in quel rantolo cupo e continuo. — Signora, signora! — sclamai coi capelli irti sul capo. — Son io! Sono Carlino! Risponda! Allora udii il romore d'un corpo che a stento si sollevava, e gli occhi mi si sbarravano fuori delle orbite per pur discernere qualche cosa in quel mistero di tenebre. Avanzarmi per toccare, retrocedere in cerca di lume erano partiti che non mi passavano neppur pel capo tanto la terribilità di quell'incertezza mi rendeva attonito ed inerte. — Ascolta; — cominciò allora una voce la quale a stento io riconobbi per quella della Contessa vecchia — ascolta, Carlino: giacché non ho prete voglio confessarmi a te. Sappi... dunque... sappi che la mia volontà non ha mai consentito a male alcuno... che ho fatto tutto, tutto il bene che ho potuto... che ho amato i miei figliuoli, le mie nipoti, i miei parenti... che ho beneficato il prossimo... che ho sperato in Dio... Ed ora ho cent'anni; cent'anni, Carlino! cosa mi serve aver vissuto un secolo?... Ora ho cent'anni, Carlino, e muoio nella solitudine, nel dolore, nella disperazione!... Io tremai tutto da capo a fondo; e sviscerando coll'occhio della pietà tutti i misteri di quell'anima ravvivata soltanto per sentire il terror della morte: — Signora — gridai — signora, non crede ella in Dio?... — Gli ho creduto finora — mi rispose con voce che s'andava spegnendo. E indovinai da quelle parole un sorriso senza speranza. Allora non udendola più moversi né respirare avanzai fino alla sponda del letto, e toccai rabbrividendo un braccio già aggranchito dalla morte. Fu un momento che mi parve di vederla; mi parve di vederla, benché le tenebre si affoltassero sempre più in quella stanza funeraria, e sentii le punte avvelenate de' suoi ultimi sguardi figgermisi in cuore senza misericordia, e quasi mi sembrò che l'anima sua abbandonando l'antico compagno mi soffiasse in volto una maledizione. Maledetta questa vita lusinghiera e fugace che ci mena a diporto per golfi ameni e incantevoli e ci avventa poi naufraghi disperati contro uno scoglio!... Maledetta l'aria che ci accarezza giovani adulti e decrepiti per soffocarci moribondi!... Maledetta la famiglia che ci vezzeggia, che ne circonda lieti e felici, e si sparpaglia qua e là e ci abbandona negli istanti supremi e nella solitudine della disperazione! Maledetta la pace che finisce coll'angoscia, la fede che si volge in bestemmia, la carità che raccoglie l'ingratitudine! Maledetto... La mia mente in questi tetri delirii vacillava fra il furore e la stupidità; quella vita santa e centenaria troncata a quel modo negli spasimi dello spavento mi travolgeva la ragione, e stetti lunga pezza con quel braccio gelato tra mano che non avrei saputo dire se fossi vivo o morto. Finalmente mi riscossi vedendo farsi luce nella stanza, e vidi essere il Cappellano che si maravigliò non poco di trovarmi in quel luogo. Lo Spaccafumo gli veniva dietro recando una candela. In tutt'altro momento la scompostezza delle loro figure, il pallore del viso, l'infossamento degli occhi, il sanguinar delle carni mi avrebbe messo raccapriccio; allora invece non vi badai nemmeno. Il prete s'accostò senza parole al letto della vecchia, e sollevato l'altro suo braccio lo lasciò ricadere. — Cani di Francesi! — mormorò egli. — Ecco ch'ella è morta senza i conforti della religione!... E sì, io non ne ho colpa, mio Dio?... Ciò dicendo egli si guardava la persona tutta pesta e lacerata pei mali trattamenti dei soldati, dei quali avea sfidato la collera col voler rimanere al letto dell'inferma. Lo avevano trascinato fuori di là sbeffeggiandolo e percotendolo, ma egli avea ronzato sempre intorno al castello e tornava allora non appena i saccheggiatori si erano dileguati. Quanto allo Spaccafumo, egli indovinava cento miglia lontano le disgrazie del Cappellano e non mancava mai di accorrere in buon punto; l'era proprio una seconda vista aguzzata dalla gratitudine e dall'amicizia. Io, né potei forse allora né volli poi amareggiare il dolore del buon prete raccontandogli la morte della signora. Tacqui dunque e m'inginocchiai con esso loro a recitare le litanie dei morti; nell'animo mio più per conforto ai vivi che per suffragio alla defunta. Indi ricomponemmo il cadavere in un'attitudine cristiana; ma l'idea impressa dalla morte su quelle sembianze sformate contrastava spaventosamente colle mani giunte in croce in atto di preghiera. Io che volgeva nell'anima il segreto di quel contrasto mi allontanai poco dopo, lasciando il prete ed il suo compagno recitare con devoto fervore le orazioni dei defunti. Vagai a lungo per la campagna come uno spettro; indi tornato in paese seppi da qualche fuggiasco la storia terribile di quella scorreria soldatesca che dopo aver insozzato tutto il territorio s'era rovesciato col furore dell'ubbriachezza sul castello di Fratta. I vitùperi che una masnada di sicari doveva aver commesso su quella povera vecchia che sola era rimasta ad affrontarli, non voleva immaginarmeli. Ma quel poco che ne avea veduto il Cappellano, lo stato miserevole del cadavere, il disordine della stanza attestavano degli scherni spietati ch'ella aveva sofferto. Confesso che il mio entusiasmo pei Francesi si rallentò d'assai; ma poi a ripensarvi mi parve impossible che premeditatamente si lasciassero commettere tali mostruosità, e divisando che le dovevano imputarsi al talento bestiale di alcuni soldati, decisi di trarne giustizia. La fama dipingeva il general Bonaparte come un vero repubblicano, il difensore della libertà; mi cacciai in capo di ricorrere a lui, e due giorni dopo, quando il corpo della Contessa fu deposto coi soliti onori nella tomba gentilizia, mi misi in viaggio per Udine ove aveva allora sua stanza lo Stato Maggiore dell'esercito francese. Dai dati raccolti avea potuto argomentare che i colpevoli appartenessero all'ugual battaglione di bersaglieri che scortava il convoglio dei grani partito quel giorno stesso da Portogruaro: perciò non disperava che verrebbe fatto di rintracciarli e di punirli ad esemplare castigo. La virtù antica del giovine liberatore d'Italia era caparra, secondo me, di pronta giustizia. Ad Udine trovai la solita confusione. Gli ospiti che comandavano, i padroni che ubbidivano. Le autorità veneziane senza forza senza dignità senza consiglio; il popolo e i signori del paese spartiti in diverse opinioni le une più strane e fallaci delle altre. Ma moltissimi che giorni prima aveano gridato evviva agli usseri d'Ungheria e ai dragoni di Boemia, plaudivano allora ai sanculotti di Parigi. Questo era il frutto della nullaggine politica di tanti secoli: non si credeva più di essere al mondo che per guardare; spettatori e non attori. Gli attori si fanno pagare, e chi sta in poltrona è giusto che compensi quelli che si movono per lui... Il generale in capite Napoleone Buonaparte (così lo chiamavano allora) dimorava in casa Florio. Chiesi di abboccarmi con essolui affermando di aver a fare gravissime comunicazioni sopra cose avvenute nella provincia, e siccome egli mestava in fin d'allora nel torbido coi malcontenti veneziani, così mi venne concessa un'udienza. Questo perché non lo seppi che in appresso. Il Generale era nelle mani del suo cameriere che gli radeva la barba; allora non disdegnava di farsi vedere uomo, anzi ostentava una certa semplicità catoniana, cosicché al primo aspetto rimasi confortato d'assai. Era magro sparuto irrequieto; lunghi capelli stesi gli ingombravano la fronte, le tempie e la nuca fin giù oltre al collare del vestito. Somigliava appunto a quel bel ritratto che ce ne ha lasciato l'Appiani, e che si osserva alla villa Melzi a Bellagio: dono del Primo Console Presidente al Vicepresidente, superba lusinga Tag: signora vecchia carlino prete aver stanza tutto morte capo Argomenti: capo tanto, suono spaventevole, rantolo cupo, devoto fervore, storia terribile Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Corbaccio di Giovanni Boccaccio Diario del primo amore di Giacomo Leopardi Giambi ed Epodi di Giosuè Carducci I nuovi tartufi di Francesco Domenico Guerrazzi Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Capo Verde, un'oasi di mare a due ore di aereo da casa Come seccare i petali di rosa Come fare il profumo in casa Praga fra i principali poli turistici europei Vacanze Maldive, Malé
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