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Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo pagina 41Venchieredo — rispose la fanciulla. — Ah lei è la signora Doretta! — sclamò Leopardo che con una doppia voglia di guardarla se ne trovò doppiamente impedito per la confusione di averla trattata alle prime con poco rispetto. La giovinetta alzò gli occhi come per significare: — Sì, son proprio io quella, e non capisco perché se ne debba stupire. — Leopardo restrinse intorno al cuore tutta la riserva del suo coraggio per tornare alla carica; ma l'era così novizio lui nell'usanza delle interrogazioni, che non fu meraviglia se per la prima volta vi fece una mediocrissima figura. — N'è vero che fa molto caldo oggi? — riprese egli. — Un caldo da morire — rispose la Doretta. — Ma crede che continuerà? — domandò l'altro. — Eh, secondo i lunari! — soggiunse malignamente la fanciulla. — Lo Schieson dice di sì, e il Strolic promette di no. — E lei mo cosa ne pronostica? — seguitò Leopardo andando di male in peggio. — Io per me sono indifferente! — rispose la fanciulla che cominciava a prender qualche sollazzo di quel dialogo. — Il piovano di Venchieredo fa i tridui tanto per l'arsura che per la brina, e a me il pregare per questa o per quella non cresce minimamente l'incommodo. — Come è vivace e piacevole! — pensò Leopardo; e questo pensiero gli distolse il cervello da quella faticosa inchiesta d'interrogazioni così ben riuscita infin allora. — Ha preso molto selvatico? — si decise a dimandar la Doretta vedendolo tacere e non volendo trascurare una sì peregrina occasione di trastullarsi. — Oh! — sclamò il giovine, come accorgendosi solo in quel momento di aver il fucile ad armacollo. — L'avverto che ha dimenticato a casa la pietra! — continuò la furbetta. — O sarebbe un'arma di nuovo stampo? L'archibugio di Leopardo rimontava alla prima generazione delle armi da fuoco, e converrebbe averlo veduto per capire tutta la malizia di quella finta ingenuità. — È un antico schioppo di famiglia — rispose gravemente il giovine che ci avea meditato sopra assai e ne conosceva per tradizione nascita vita e miracoli. — Esso ha combattuto in Morea col mio trisarcavolo; mio nonno ha ucciso col medesimo ventidue beccaccini in un giorno; cosa che potrebbe fin sembrare incredibile, ove si osservi che bisognano dieci buoni minuti a caricarlo, e che dopo l'accensione della polvere nel bacinetto, lo sparo tarda mezzo minuto ad uscire. Infatti mio padre non arrivò mai a colpirne più di dieci ed io non oltrepassai fin'ora il numero di sei. Ma i beccaccini si vengono educando alla malizia, e in quel mezzo minuto che lo sparo s'incanta, mi scappano un mezzo miglio lontano. Verrà tempo che si dovrà correr lor dietro colla spingarda. Intanto io tiro innanzi col mio schioppo; ma il male si è che la morsa non stringe più, e alle volte prendo la mira e scocco il grilletto, ma dopo mezzo minuto, quando lo scoppio dovrebbe avvenire, m'accorgo invece che manca la pietra. Bisognerà che lo porti a Fratta da mastro Germano perché lo accomodi. È vero che potrei anche dire al papà che ne provvedesse un nuovo; ma son sicuro che mi risponderebbe di non mettermi a far novità in famiglia. Infatti questa è anche la mia idea. Se lo schioppo è un po' malandato dopo aver fatto le campagne di Morea ed aver ucciso ventidue beccaccini in un giorno, bisogna proprio compatirlo. Tuttavia, dico, lo porterò a mastro Germano perché lo raccomodi. Non è vero che ho ragione io, signora Doretta? — Sì certo — rispose la fanciulla ritraendo i suoi piedi dal ruscello e asciugandoli nell'erba. — I beccaccini poi gli daranno ragione mille volte. Leopardo frattanto guardava amorosamente e ne puliva la canna colla manica della giacchetta. — Per ora rimedieremo così — riprese egli cavando di tasca una manata di pietre focaie e scegliendo la più acconcia per metterla nella morsa. — Vede, signora Doretta, come mi tocca munirmi contro i casi fortuiti? Devo sempre avere una saccoccia piena di pietre; ma non è colpa dello schioppo se la vecchiaia gli ha limato i denti. Si porta la fiaschetta della polvere e la stoppa e i pallini; si possono ben portare anche le pietre. — Sicuro: lei è robusto e non si sgomenta per ciò — soggiunse la Doretta. — Le pare? per quattro pietruzze? non so nemmeno d'averle — riprese il giovine riponendole in tasca. — Io poi potrei portar anco lei di gran corsa fino a Venchieredo, che non sfiaterei più della canna del mio schioppo. Ho buone gambe, ottimi polmoni, e vo e torno in una mattina dai paludi di Lugugnana. — Caspita, che precipizio! — sclamò la fanciulla. — Il signor Conte quando scende colà a caccia non ci va che a cavallo e resta fuori tre giorni. — Io poi sono più spiccio; vo e torno come un lampo. — Senza prender nulla però! — Come senza prender nulla? Le anitre per fortuna non impararono ancora la malizia dei beccaccini; e aspetterebbero il comodo del mio fucile non un mezzo minuto ma una mezz'ora. Io non vengo mai di là che colla bisaccia piena. Gli è vero che vado a cercare il selvatico dove c'è; e che non mi spavento di sprofondarmi nel palude fino alla cintola. — Misericordia! — sclamò la Doretta — e non ha paura di rimanervi seppellito? — Io non ho paura altro che dei mali che mi son toccati davvero; — rispose Leopardo — ed anco di quelli non mi prendo gran soggezione. Agli altri poi non penso nemmeno; e siccome fino ad ora non son morto mai, così non avrei la menoma paura di morire, anco se mi vedessi spianata in viso una fila di moschetti! Bella questa di farsi paura d'un male che non si conosce! Non ci vorrebbe altro! La Doretta, che fino allora si avea preso beffa della semplicità di quel giovane, cominciò a guardarlo con qualche rispetto. Di più Leopardo, vinto il primo ostacolo, si sentiva proprio in vena di aprire l'animo suo forse per la prima volta; e le confessioni che spontanee e sincere gli venivano alle labbra non movevano meno la sua curiosità che quella della ragazza. Egli non s'era mai impacciato a far il sindaco di se stesso; e perciò ascoltava le proprie parole come altrettante novelle molto interessanti. — La mi dica la verità; — continuò egli sedendo rimpetto alla giovane che ristette allora dal mandar gli occhi attorno in cerca dei zoccoletti — mi dica la verità, chi le ha insegnato a voler tanto bene alla fontana di Venchieredo? Questa domanda angustiò un poco la Doretta e l'imbrogliarsi toccò allora a lei. Ciarlare e scherzare sapeva assai oltre al bisogno; ma render conto di checchessia non poteva che con un grandissimo sforzo d'attenzione e di gravità. Tuttavia, cosa strana! appetto di quella buona pasta di Leopardo non le riuscì di buttarla in ridere e la dovette rispondergli balbettando che la vicinanza della fontana al casale di suo padre l'avea adescata fin da fanciulletta a giocarvi entro; e che allora continuava perché ci prendeva gusto. — Benissimo! — riprese Leopardo ch'era troppo modesto per accorgersi dell'impiccio della Doretta come era anco troppo dabbene per essersi prima accorto delle sue beffe — ma non l'avrà paura, m'immagino, di scherzare coll'acqua del ruscello! — Paura!? — disse la giovane arrossendo — non saprei il perché! — Ecco; perché sdrucciolandovi entro si potrebbe annegare — rispose Leopardo. — Oh bella! non ci penso io a questi pericoli! — soggiunse la Doretta. — Ed io non penso né a questi né a nessuno — riprese il giovine fisando i suoi grandi e tranquilli occhi turchini in quelli piccioletti e vivissimi della zitella. — Il mondo va innanzi con me, e potrebbe andare senza di me. Questo è il mio conforto, e del resto il Signore pensa a tutto. Ma la ci viene sovente, ella, alla fontana? — Oh spessissimo; — rispose la Doretta — massime quando ho caldo. Leopardo pensò che come si erano incontrati quella volta potevano incontrarsi altre volte ancora; ma un tal pensiero gli parve troppo ardito e lo confinò in una lunga Tag: leopardo paura fanciulla mezzo schioppo anco minuto vero giovine Argomenti: mezzo miglio, mastro germano, antico schioppo, ragione mille Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: La divina commedia di Dante Alighieri Fior di passione di Matilde Serao La strega ovvero degli inganni de' demoni di Giovan Francesco Pico Della Mirandola La vita comincia domani di Guido da Verona Marocco di Edmondo De Amicis Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Mixed wrestling e wrestling Catfight e boxe Aceto balsamico di Modena, virtù e proprietà Il falso corallo Tangeri, una porta sul deserto
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