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Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo pagina 114rispose in buon italiano che cercava del Sopraintendente ai granai, che cercava del Vice–capitano, e che se costoro non gli comparivano tosto dinanzi li avrebbe fatti impiccare all'albero della libertà. Un evviva frenetico alla libertà sancì da parte del popolo questa sentenza; l'atrio era già invaso dalla turba e fra i cavalli dei Francesi e il gridare dei cittadini succedette un bell'inferno. Finalmente il sergente, vedendo di non poter salire le scale a cavallo e che il Vice–capitano non si dava alcuna premura di scendere, balzò da cavallo, e mi disse che lo accompagnassi presso quei signori magistrati. Al veder me avviato del pari coll'officiale francese, un'altra gridata scrollò il Capitaniato dalle fondamenta. — Viva il signor Avogadore! Saliti che fummo io ed il sergente, dopo molte indagini ci venne fatto di stanare il Cassiere della camera dei dazi, il Sopraintendente ai granai ed il Vice–capitano, i quali si erano stretti a mucchio come tre serpenti in un canto della soffitta. Ma ebbimo un bel che fare a salvarli dall'unghie del popolo che ci aveva seguito; e solamente colla mia autorità spalleggiata da qualche bestemmia del sergente giunsi ad imporre un po' di silenzio. Il sergente allora si fece a domandare coi modi più burberi che una sovvenzione di cinquemila ducati gli fosse fatta a titolo di viaria, e che i granai rimanessero aperti in servizio della libertà e dell'esercito francese. Il popolo colse anche questo pretesto per gridar un evviva alla libertà. I tre magistrati tremavano di conserva che parevano tre arboscelli investiti dal zefiro; ma il Cassiere ebbe fiato di rispondere che non avevano ordini, che se si fosse usata la forza... — Che forza o non forza! — gli gridò minacciosamente il sergente. — Il generale Bonaparte ha vinto ier mattina una battaglia al Tagliamento; noi abbiamo sparso il nostro sangue in difesa della libertà e un popolo libero ci negherà adesso un qualche ristoro? I cinquemila ducati devono essere sborsati prima di un'ora, e il resto della cassa il Generale comanda che lo si metta a disposizione del popolo. Quanto ai granai, fornito che ne sia il campo a Dignano, si lascino aperti alle famiglie più bisognose. Ecco i benefici intendimenti dei repubblicani francesi! — Vivano i Francesi! Abbasso i San Marchini! Viva la libertà! — gridava la turba infuriando nelle sale dell'ufficio, fracassando mobili e gettando carte e scaffali fuori dalle finestre. Gli altri di fuori strepitavano con peggiori urli per la rabbia di non poter fare altrettanto. Allora mi fu meraviglioso il vedere che la paura così pressante e vicina non avesse liberato i tre magistrati dal vecchio e doveroso spavento dell'Inquisizione di Stato. Tutti e tre concepirono l'ugual idea, ma il Vice–capitano fu il primo che si arrischiò di esporla. — Signore — balbettò esso — signor ufficiale pregiatissimo, il popolo, come lei dice, è libero; noi... noi non c'entriamo per nulla... I granai e la cassa si sa dove sono. Qui (e accennava a me), qui c'è appunto l'illustrissimo signor Avogadore creato appunto stamane per servizio del Comune, faccia il piacere di rivolgersi a lui. Quanto a noi... noi abdicheremo nelle mani... nelle mani... Non sapeva nelle mani di chi abdicare, ma una nuova vociata della turba lo sollevò dal peso di quella dichiarazione. — Viva la libertà! Vivano i Francesi!... Viva il signor Avogadore!... Il sergente volse le spalle a quei tre disgraziati, mi prese a braccetto e mi condusse giù per le scale. E mentre parte della folla restava a trastullarsi coi suoi vecchi magistrati imponendo loro la coccarda e facendoli gridare viva questo e viva quello, un altro codazzo di popolo seguì il drappello dei Francesi che accerchiando la mia importantissima persona si avviava all'ufficio della cassa. Lungo la via notai al sergente ch'io non aveva le chiavi, ma egli mi rispose con un sorrisetto di compassione, e cacciò gli sproni nel ventre al cavallo per far più presto. Le porte furono sfondate da due zappatori; il sergente penetrò nella cassa, chiuse le somme ritrovatevi nella sua valigia, dichiarò che non v'aveano se non quattromila ducati, e riprese il cammino verso i granai lasciando anche là la rabbia popolare sfogarsi nei mobili e nelle carte. Sotto i granai trovammo già pronta una lunga fila di carri, parte soldateschi, parte requisiti dalle cascine dei dintorni, e scortati da buona mano di cacciatori provenzali. Mediante l'opera di costoro gli orzi i frumenti le farine furono insaccate e caricate in brevissimo spazio di tempo; al popolo fu concesso lo spolverio delle farine che usciva dalle finestre, e nullameno esso gridava sempre: — Vivano i Francesi! Abbasso San Marco!... Viva la libertà... Approntato il convoglio, il capitano che lo dirigeva ed avea raccolto i riferimenti del sergente, mi chiamò solennemente a sé onorandomi ad ogni due parole dei titoli di cittadino e di avogadore. Mi proclamò benemerito della libertà, salvatore della patria, e figliuolo adottivo del popolo francese. Indi i carri presero la via in buona regola verso San Vito, i cavalleggieri scomparvero colla valigia in un nembo di polvere, ed io mi rimasi allibito sorpreso scornato fra un popolo poco contento e meno ancora satollo. Tuttavia gridavano ancora: — Viva i Francesi! Viva la libertà! — solamente si erano dimenticati del loro avogadore, e questo mi procurò il vantaggio di potermela svignare appena cominciò ad imbrunire. Il ronzino non aveva tempo di rintracciarlo e poi non mi bastava il cuore di cimentarmi sovr'esso a qualche nuovo trionfo; capii che miglior prudenza era rimaner a piedi. A piedi dunque, e col rammarico di aver perduto in superbe frascherie tutta quella giornata, ripresi per sentieri e per traghetti il cammino di Fratta. Molte considerazioni politiche e filosofiche sull'instabilità della gloria umana, e del favor popolare, e sulle bizzarre usanze dei paladini della libertà mi distoglievano la mente dalla paura che qualche disgrazia fosse successa nel frattempo al castello. Peraltro le cascine deserte per le quali ebbi a passare e le tracce di disordine e di saccheggio che osservai in esse mi davano qualche pensiero e fecero sì che affrettassi il passo involontariamente, e che mano a mano che m'avvicinava a casa mi pentissi sempre più di aver trascurato per tante ore la faccenda più importante per la quale mi era mosso. Pur troppo i miei timori erano fondati. — A Fratta trovai letteralmente quello che si dice la casa del diavolo. Le case del villaggio abbandonate; frantumi di botti di carri di masserizie ammonticchiati qua e là; rimasugli di fuochi ancora fumanti; sulla piazza le tracce della più gran gazzarra del mondo. Carnami mezzo crudi, mezzo arrostiti; vino versato a pozzanghere; sacchi di farina rovesciati, avanzi di stoviglie di piatti di bicchieri: e in mezzo a questo il bestiame sciolto dalle stalle che pascolava e nel chiaroscuro della notte imminente dava a quella scena l'apparenza d'una visione fantastica. Io mi precipitai nel castello gridando a perdifiato: — Giacomo! Lorenzo! Faustina! — ma la mia voce si perdeva nei cortili deserti, e solo di sotto all'atrio mi rispose il nitrir d'un cavallo. Era il ronzino di Marchetto, che sbrigliatosi nel parapiglia di Portogruaro era tornato a casa, più fedele e più coraggioso il povero animale di tutti quegli altri animali che si vantavano forniti di cervello e di cuore. Un dubbio crudele mi squarciò l'anima riguardo alla vecchia Contessa, e passai di volo i cortili e i corritoi a rischio anche di fiaccarmi il collo contro qualche colonna. Là dentro, perché la luna non potea penetrare, non mi caddero sott'occhio i segni della tregenda, ma ne fiutava passando il puzzo stomachevole. Inciampando nelle imposte scassinate, nelle mobilie fracassate, salii mezzo carpone le scale, nella sala fui quasi per ismarrirmi tanta era la confusione delle cose che la ingombravano; lo spavento mi rischiarava, giunsi Tag: popolo sergente viva tre noi avogadore parte cavallo mezzo Argomenti: due parole, popolo libero, generale comanda, doveroso spavento, notte imminente Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni Il conte di Carmagnola di Alessandro Manzoni Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili Intrichi d'amore di Torquato Tasso La favorita del Mahdi di Emilio Salgari Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Parco Nazionale Canaima in Venezuela : la natura a portata di mano Come fare i capelli con treccia francese Crema occhi La Mer Eye Cream Acconciature di San Valentino per romanticismo Abbronzatura spray per una pelle perfetta senza sole
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