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Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 83ballo gli altri, quelli che vorrebbero attendere ai fatti loro; e che tanto gli uni quanto gli altri debbano venir tra i piedi a me, pover'uomo, che non m'impaccio degli affari altrui, e che non cerco altro che di starmene quieto a casa mia! Quel birbone di Don Rodrigo s'ha da ficcare in capo di sturbare un matrimonio, proprio nella mia parrocchia, e m'ha da venire una intimazione di quella sorte! Un pazzo che ha nascita e quattrini, casa ben piantata, e parenti in alto, e potrebbe godersi la sua vita tranquilla, signorilmente: attendere a dare dei buoni pranzi, stare allegro, e fare degli allegri: signor no: ha da desiderare la donna d'altri, tanto per venire a molestarmi. Oh questa ragazza benedetta vuol essere la mia morte! Deve proprio capitare in mano di costui (e così dicendo guatava sottecchi il Conte quasi per vedere se poteva arrischiarsi a strapazzarlo mentalmente); e costui che è sempre stato lontano dai vescovi come il diavolo dall'acqua santa, ha da venir qui in persona, a cercare l'arcivescovo, senza che nessuno ce lo abbia mandato per forza, proprio per metter me in impaccio: e questo arcivescovo, benedett'uomo che vorrebbe dirizzar le gambe ai cani, a cui pare che il mondo rovini quando la gente sta ferma, che deve sempre far qualche cosa egli, e far fare qualche cosa agli altri; subito, subito, tutto va bene, gran consolazione, la pecora smarrita, credere tutto, darvi dentro, e far trottare il curato. Che si abbiano concluso fra loro, Dio lo sa: ma, cospetto non bisogna andar così in furia a questo mondo. La santità non basta, ci vuole un po' di prudenza, e sì che dovrebbe avere imparato: ha avuto delle belle brighe, a forza di cercarne, e di voler fare andar le cose a modo suo: ma pare che vi c'ingrassi: non ne lascia scappare una; la carità va bene; ma la prima carità dovrebb'essere per un povero curato, che un vescovo, un vero vescovo di giudizio lo dovrebbe tener prezioso come la pupilla degli occhj suoi. Chi sa costui che cosa gli ha contato? che fini ha? potrebb'essere una trappola: ahi! ahi! ahi! Ma se anche, come spero, fosse convertito costui (e qui guardava il Conte) dovrebbe sapere Monsignore illustrissimo che dei peccatori inveterati non è da fidarsi così subito, bisogna provarli: i primi momenti sono bruschi; e la forza dell'abito fa ricadere uno quasi senza che se ne avvegga, e intanto... chi è sotto è sotto: ahi! ahi! ahi! S'aveva mò a mandar così un povero curato galantuomo sotto la bocca del cannone? – Don Abbondio era a questo punto della sua meditazione quando la cavalcata giunse alla taverna dove cominciava la salita, e ne uscirono bravi secondo il solito, i quali videro con istupore il Conte con un prete dietro una lettiga. Pensarono che potesse essere, non lo seppero indovinare, e non fecero altro che inchinarsi al Conte, il quale con viso serio proseguì il suo cammino. Ma Don Abbondio, continuava: – ci siamo. Oh che faccie! Questa è la porta dell'inferno! E costui vedete che faccie stralunate fa anch'egli! Un po' pare Sant'Antonio nel deserto quando scacciava le tentazioni, un po' pare Oloferne in persona! Dio m'ajuti; e lo deve per giustizia. – Infatti i pensieri che si affollavano nella mente del Conte passavano per dir così rapidamente sulla sua faccia, come le nuvolette spinte dal vento passano in furia a traverso la faccia del sole; alternando ad ogni momento una luce arrabbiata, e una fredda oscurità. Pensava a quello che avrebbe detto e fatto, mettendo il piede nel suo castello, trovandosi con quegli dai quali in un punto s'era fatto così diverso. Avrebbe voluto rendere gloria a Dio, confessare il cangiamento che era accaduto nel suo animo, rinnegare la sua scellerata vita in faccia a quelli che ne erano stati i testimonj, i complici, gli stromenti. – Ma... – diceva un altro pensiero, – guai se costoro, credono un momento ch'io non sia più quello da stendere in terra colui che ardisse resistermi! – Così pensando egli pose macchinalmente la mano al luogo dov'era solito tenere una pistola, e si ricordò di averle lasciate con le altre armi in casa del curato. – Ohe! – continuava fra sè – Perchè mi obbedirebbero costoro? e se veggiono che questo pane infame è finito per loro, chi sa che cosa la rabbia può suggerire a costoro! E quello che importa è di non far parole, di non perder tempo, di ricondurre Lucia tranquillamente: quella poveretta! il pegno del mio perdono! – Se in questa casa, se in questa caverna, cessa un momento la disciplina, il terrore del padrone, diventa un inferno! peggio di prima! Costoro saltano il confine, e sono in sicuro: eh gli ho avvezzi io così! – Ma che! dovrò io dunque umiliarmi a fingere dinanzi a costoro! a questi scellerati! Scellerati? costoro? chi sono costoro? i miei scolari, i miei amici, quelli che ho ammaestrati io! Facciamo il bene per l'unica via che è aperta. Bisogna dissimulare; si dissimuli. – Così pensando egli si guardò attorno, e visto che nessuno dei suoi era in vicinanza, alzò la voce, ordinò ai lettighieri di restare, scese da cavallo, si avvicinò alla lettiga, e salutata la buona donna che v'era seduta le disse sottovoce: «L'opera di carità che voi fate ora, vuol esser condotta con prudenza assai. Lasciatevi regolare da me in tutto; e sopra ogni cosa non dite parola che a quella poveretta, e a chi ardisse interrogarvi, dite che parli con me. Voi entrerete nella stanza dov'è quella giovane, le direte brevemente che siete venuta a liberarla; non ne dubiterà, quando vedrà il suo curato: sarà spaventata, poveretta! vedete di annunziarle la cosa in modo che la sorpresa non le faccia male; la lettiga verrà nella stanza, e ripartiremo tosto.» La buona donna rispose che farebbe come le era detto. Mentre il Conte le dava questa istruzione Don Abbondio, il quale fino allora si era spaventato ad ogni bravo che s'incontrava, e che per consolarsi guardava ai lettighieri e ai palafrenieri, stava tutto in incertezza per questa fermata, e sospirava. Il Conte spiccatosi dalla lettiga si avvicinò alla mula di Don Abbondio che aspettava quello che avvenisse con gli occhi sbarrati, e gli disse sotto voce: «Signor Curato; ella non ha bisogno che io le insegni ad esser prudente; ma in questa casa, è necessaria una prudenza che io solo pur troppo posso conoscere appieno. Se le sta a cuore la riuscita di questo pio disegno, non dica parola, non faccia cenno che possa dare a divedere nulla a costoro, nè di quello che si vuol fare, nè di quello ch'io penso. Perdoni, signor curato, se non le dico di più, se non le faccio più scuse dell'incomodo ch'ella patisce per mia cagione, ma Ella ne spera la ricompensa dal cielo, e verrà tempo in cui io potrò tranquillamente esprimerle la mia riconoscenza.» La voce dell'uomo che sgombra le rovine e le macerie, e che chiama il poveretto che è stato colto dalla caduta d'una fabbrica, e vi si trova sepolto vivo, è appena più dolce al suo orecchio che fosse quella del Conte al povero nostro Don Abbondio. «Ah! signor Conte,» diss'egli, confondendo il sentimento che voleva esprimere con quello che provava realmente, «Ella mi dà la vita. Dio sia benedetto! queste sono grazie di lassù. Tocca a me farle scusa se sono stato incivile...» «Zitto, per amor del cielo,» interruppe il Conte: «ad altro tempo le cerimonie: Ella non faccia vista di nulla, si contenga in modo che nessuno possa sapere qui s'ella giunge in casa d'un amico... o d'un tiranno.» «Lasci fare, lasci fare a me;» rispose Don Abbondio. Il Conte salì di nuovo su la mula, e volto ai lettighieri, e ai palafrenieri disse loro: «Silenzio, e obbedienza: non dite nè rispondete una parola in quel castello; non parlate nemmeno fra voi; silenzio insomma... e il primo di voi che fiata... Ma no!» continuò, ravvedendosi, in tuono più dolce, «figliuoli non fiatate, perchè potreste far molto male a voi e ad altri. Andiamo.» I lettighieri che deposta la lettiga avevano ascoltata a bocca aperta questa Tag: conte don curato ahi fare casa lettiga altri dio Argomenti: vero vescovo, pane infame Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Novelle rusticane di Giovanni Verga La favorita del Mahdi di Emilio Salgari Le smanie per la villeggiatura di Carlo Goldoni Mastro don Gesualdo di Giovanni Verga Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come fare soldi e contare, possibilmente, su un piccolo reddito passivo Come gestire una serena convivenza Casa sottosopra di Szymbark Capodanno in Polonia Come adottare un furetto
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