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Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 48ad una scelta temeraria o infelice ma irrevocabile, tutta la santità, tutti i conforti, tutta la sapienza della vocazione. Con quest'ajuto Geltrude a malgrado della perfidia altrui, e dei suoi errori d'ogni genere avrebbe potuto divenire una monaca santa, e contenta: e il secolo stesso anzi l'età in cui ella visse ha dato esempj dei quali si è conservata la memoria, di donne che strascinate al chiostro con l'arte e con la forza, e dopo d'essersi per alcun tempo dibattute come vittime sotto la scure, vi trovarono la rassegnazione e la pace; una pace quale si trova di rado negli stati eletti più liberamente. Che dico? Geltrude stessa fu uno di questi esempj, e insigne; ma ben tardi e dopo aver commessi ben altri errori anzi delitti, dopo sofferta ben altra forza che quella di cui abbiamo parlato. Ma per non precorrere ora agli eventi col racconto, diremo che Geltrude dopo la sua professione, continuava ad opporre nel suo cuore un ostacolo ai rimedj e alle consolazioni che la religione avrebbe date alla sua sciagurata condizione: e questo ostacolo erano le consolazioni ch'ella andava cercando altrove, e particolarmente nelle cose che potevano lusingare il suo orgoglio. Il lettore non avrà forse dimenticato che la famiglia onde usciva Geltrude era molto potente, e che questa era la cagione principale per cui ella era stata tanto desiderata nel monastero. In fatti il monastero aveva acquistato nel marchese Matteo un protettore dichiarato il quale risguardava ormai come parte del suo onore l'onore del luogo dove si trovava una sua figlia. Ma questo vantaggio le suore lo pagavano, e per verità la cosa era giusta. Lo pagavano in tanti sgarbi, in tanti scherni, in tante fantasticaggini che avevano a sopportare da Geltrude, la quale, ricordandosi di tempo in tempo delle arti usate da quelle per ajutare a tirarla in quel luogo dove di tempo in tempo ella non si poteva patire, si sfogava avventando beccate agli uccelli che avevano cantato per farla venire nella loro gabbia. E queste beccatelle le suore le toccavano senza risentirsene, per non perdere tutto il frutto del loro acquisto. Geltrude vedendosi così distinta, così sopportata, tanto più libera delle altre provava talvolta un certo conforto iracondo nel valersi di questi vantaggi, e nell'esercitare in tal modo la sua superiorità. Una superiorità d'un altro genere era pure per essa una occasione continua di cercare consolazioni nell'amor proprio, ed era la sua bellezza: ma quali consolazioni, per amor del cielo! pari a quelle che provava Robinson nella sua isola in contemplare le monete ch'egli aveva trovate nei frantumi del vascello sul quale era naufragato. Anzi non pari, perchè quel solitario le gettò in disparte con disprezzo, dopo d'aver fatto ad esse un'apostrofe su la loro inutilità, e non vi pensò più; ma la bellezza era per Geltrude un rodimento continuo, una occasione di regressi affannosi nel passato, e di sguardi disperati nell'avvenire. Ben è vero che ella si andava paragonando con le altre, e si trovava più bella, ch'ella rideva di tratto in tratto, e si sarebbe creduto ch'ella ridesse di voglia, degli occhi sciarpellati della madre badessa, e del mento incartocciato della madre celleraria, ma in verità che quel riso non lasciava alla poveretta il dolce in bocca. Spendeva una parte del suo tempo nell'adornarsi come poteva, e così ingannava alcun poco la sua noja; cercava di ridurre l'abbigliamento monastico alle fogge secolaresche, o di accordarlo all'aria del suo volto, e a dir vero questo le riusciva facilmente perchè la natura le aveva dato un volto che per poco che gli si lavorasse attorno stava bene. Per far questo aveva Geltrude trovato un mezzo molto ingegnoso. Gli specchj come ognun sa erano proibiti nei chiostri come i lumi nelle polveriere, e Geltrude nei primi tempi non osava ancora, come fece in appresso, conculcare tutte le regole; ma la infelice scaltrita aveva fatta porre dietro ad un quadretto ch'ella teneva appeso nella sua camera una lastra di latta levigatissima, e a quella si consultava segretamente. Ma quando dalle sue consulte ella aveva conchiuso che anche in quell'abito ella era avvenente assai, quand'anche ella se lo udiva ripetere dalle più mondane o dalle più adulatrici fra le sue compagne, il suo cuore ne rimaneva tutt'altro che soddisfatto. E quando poi il suo cuore le rinfacciava anche quella poca parte di piacere così mescolato e corrotto ch'ella aveva gustato, ella sentiva più rabbia che pentimento. Così la meschina si precludeva l'adito alle consolazioni reali di cui il suo stato era ancora capace, perchè per giungere a quelle la prima condizione è di non curare il resto; come il naufrago, che vuole afferrare la tavola galleggiante che può condurlo in salvamento sulla riva, deve pure sciogliere il pugno e abbandonare le alghe e gli sterpi nuotanti che aveva abbrancati, per una rabbia d'istinto. Ad essere badessa si richiedeva l'età di quarant'anni; e quest'erba, per magra che fosse, era pure anco ben lunge dal becco di Geltrude. Ma oltre le distinzioni e le franchigie per così dire ch'ella godeva per la condiscendenza delle suore, e delle superiore, le era tosto stato conferito il grado più elevato che fosse compatibile con la sua giovinezza: era stata eletta Maestra delle educande. E per una distinzione singolare le erano state assegnate due giovani suore converse, le quali erano come ai suoi servizj, quasi damigelle. Quel posto era per Geltrude una occasione continua di esercitare le passioni più pericolose ch'ella covava. Fra le educande che le erano state affidate si trovavano ancora alcune di quelle che le erano state compagne, e Geltrude così vicina ad esse di età non aveva ancora dimenticati i risentimenti e le rivalità puerili del sodalizio: ed ora gli sfogava talvolta con tutta la forza che le dava la sua autorità. Nei momenti spesso assai lunghi di tristezza e di pentimento dello stato che aveva abbracciato, ella provava un certo rancore contra quelle giovanette destinate per la più parte ad una vita libera e splendida che non era più per lei; le risguardava come nemiche, le spiaceva di vederle liete d'una letizia che non era sperabile per essa, e faceva di tutto per toglierla loro, cosa assai facile ad una superiora. Sentiva ella bene la pazza ingiustizia di questa sua passione, ma vi si abbandonava. E in quei momenti, poverette quelle educande! Talvolta dopo d'aver lasciato tornare indietro il suo pensiero nei diletti del mondo, dopo avervelo lasciato riposare per lungo tempo, ella ne sorprendeva alcune che parlavano fra di loro di ciò ch'ella aveva pensato, e allora chi l'avesse udita sgridarle ferocemente, l'avrebbe creduta invasa d'uno zelo inconsiderato, e d'una staccatezza indiscreta e antisociale. Talvolta invece predominava nell'animo suo l'orrore al chiostro, alle regole, alla disciplina, all'obbedienza, alla solitudine, a tutte quelle cose in mezzo delle quali ella si trovava per forza, e allora non solo ella sopportava la svagatezza clamorosa delle sue allieve, ma la animava; si mesceva ai loro giuochi, e gli rendeva più liberi; entrava nei loro discorsi, e gli portava al di là delle intenzioni con le quali esse gli avevano incominciati. In queste agitazioni, in questo stato di guerra continua con se stessa, e con ogni cosa circostante ella passò i primi anni del chiostro, non senza qualche ritorno di divozione, e di regolarità temporaria, dal quale ricadeva ben presto nelle sue abitudini predominanti. Questa vita di noja e di contrasto era tanto penosa, che, senza forse esserne ben conscia a se stessa, ella si trovava disposta ad abbracciare qualunque distrazione, qualunque cangiamento di sensazioni fosse stato possibile. Ma la clausura, le grate, le regole, la facevano camminare con una regolarità esteriore; i suoi pensieri soltanto vagavano in piena licenza; ma non v'era una occasione per concedere impunemente, o con lusinga d'impunità una simile licenza alle sue azioni. Finalmente la Tag: tempo dopo sue occasione talvolta parte forza cuore assai Argomenti: cagione principale, tanto desiderata, certo conforto, conforto iracondo, distinzione singolare Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Decameron di Giovanni Boccaccio La favorita del Mahdi di Emilio Salgari Romanzo d'una signorina per bene di Anna Vertua Gentile Corbaccio di Giovanni Boccaccio La divina commedia di Dante Alighieri Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Kos, l'antica patria dei giganti Vacanze Natale Vienna Offerta capodanno a Zurigo Consigli per regalare dei gioielli Minorca un mare da sogno
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