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Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 120al Cordusio e dargli il fuoco. Ma un dannato peggio di tutti gli altri, dite un po' che proposta diabolica mise in campo?» «Che? ...» «Che? di abbruciar tutto nella casa, e la casa insieme. Ma un galantuomo ebbe una ispirazione del cielo: entrò nella casa, salì le scale, e trovato per buona sorte un gran crocifisso, lo appese fuori d'una finestra, e v'accese intorno due candele, che aveva tolte da capo del letto del fornajo. A quello spettacolo: tutti rimasero in silenzio: v'era bene pochi diavoli in carne, che per fare chiasso e baldoria, avrebbero dato fuoco anche al paradiso; ma quando videro che tutti gli altri non erano ebrei com'essi; dovettero tacere. Intanto venne tutto il capitolo del duomo in processione, a croce alzata, e vestiti pontificalmente, che era un gran bel vedere; e cominciarono a predicare: «figliuoli dabbene, che cosa fate? è una vergogna, dove è il timor di Dio? questo è l'esempio che date ai vostri figliuoli? siamo in Milano, o in terra di Turchi? Via, tornate a casa, da bravi, che quel che è stato è stato. Avrete abbondanza: il pane di otto once ad un soldo: la grida è stampata.» «Era vero poi?» domandò uno degli ascoltanti. «Vero come il Vangelo. Volete voi che i canonici venissero in paramenti a dir bugie? Allora, la gente cominciò a sfilare, e i soldati, con buona maniera, gli andarono sparpagliando di più e fecero spazzare la piazza del Cordusio. Ebbene... pareva che non fossero contenti: andavano girandolando per le vie, come se aspettassero l'occasione di porsi insieme di nuovo. Ma ecco che venne l'ultima medicina, che fece l'effetto.» «E fu? ...» «E fu, unguento di canape: bastò nominarlo, per far guarire tanti matti. Si fece pubblicare, ed è vera anche questa, che quattro capi erano stati presi jer sera, e saranno impiccati. Ah! ah! vi dico io che ognuno studiava la via più corta per andarsene a casa, per non diventare il numero cinque. Quando io sono uscito da Milano, pareva un monastero.» «Dunque gli impiccheranno?» domandò un altro uditore. «Senza fallo, e presto,» rispose il mercante. «E la gente che cosa farà?» domandò ancora quegli. «Anderà a vedere,» rispose ancora il mercante. «Avevano tanta smania di veder morire qualcheduno all'aria aperta, che volevano far la festa al Signor Vicario di Provvisione. Puh! che spettacolo un cavaliere ammazzato di mala grazia! Invece avranno quattro birbanti serviti con tutte le formalità. Quattro! quattro finora, ma chi sa? ... Vi so dire che tutti quelli che jeri e questa mattina hanno mangiato pane fresco in Milano, se ne stanno coll'olio santo in saccoccia. Per me, ho testimonj che tutta la giornata di jeri, e tutta la mattina d'oggi me ne sono stato chiuso in casa: e poi, si sa che noi altri mercanti siamo nemici dei torbidi...» «Anch'io non mi son mosso di qui,» disse un ascoltante. «Non siamo qui tutti?» disse un altro: «la cosa parla da sè.» «Ohe, come andrà per Bartolommeo che è andato a Milano appunto jer l'altro?» disse un secondo. «Se avrà avuto giudizio,» rispose il mercante, «ne sarà stato fuori, e non gli accadrà nulla.» «Il guaio è,» disse quegli, «che sta male a giudizio.» «Allora non so che dire;» rispose il mercante, in aria di chi si rassegna alle sciagure degli altri. «Se io mi fossi anche trovato in Milano, per caso, per caso,» disse un terzo, «me la sarei battuta subito a casa.» «Infatti,» ripigliò il primo, «in quei garbugli v'è sempre pericolo, e poi, via bisogna dire il vero, sono cose che non istanno bene. Confesso la verità che i baccani non mi sono mai piaciuti.» «È stata una provvidenza vedete,» disse il mercante «che l'abbiamo fatta finir presto: altrimenti, arte per arte, saccheggiavano tutte le botteghe di Milano coloro.» «Ma per noi foresi non si farà niente?» domandò un altro: «i milanesi a buon conto hanno il pane a buon mercato: e noi, povera gente?» «Sarà quel che Dio vorrà,» disse il mercante, vuotando l'ultimo bicchiere, ed asciugandosi la barba col mantile. «Non sapete che jeri hanno guastata, e gittata tanta farina quanta basterebbe a dar da mangiare per due mesi a tutto il ducato?» «Dunque,» disse quegli, «ha da patire il buono pel cattivo?» «Ma non avete inteso che gl'impiccheranno?» rispose il mercante. «L'ho sempre detto io,» disse un altro «che a muover garbugli si fa peggio. Se i milanesi avessero avuto un po' di giudizio, dovevano porre le mani addosso a quegli che cominciarono a parlare di far chiasso, e legarli come salsicce, e condurli alla giustizia.» La conversazione continuava, ma Fermo ne aveva udito a bastanza: egli se ne era stato cheto cheto, con l'animo d'un autore che trovandosi sconosciuto presso tre o quattro uomini di buon gusto, sente fare il processo all'ultima sua opera: quel poco boccone tanto desiderato gli era tornato in veleno: però dal veleno pensò a cavare il rimedio d'un buon consiglio; si alzò, con aria indifferente, pagò il suo scotto, e uscì dall'osteria, risoluto di non fermarsi fin che non fosse giunto sotto le ali del leone serenissimo di San Marco. Si avviò su la strada maestra, premuroso di giunger presto, confidando nelle tenebre che cominciavano a stendersi su la terra; ma appena dati alcuni passi, pensò che il passaggio al confine sarebbe stato pericoloso più di notte che di giorno, e si sovvenne che vi doveva esser l'Adda da passare. Sconfortato uscì della via, entrò nei campi, e andando al lume della luna, procurò di dirigere il suo cammino verso quella parte dove gli pareva che l'Adda dovesse passare. Finalmente sentì il romore del fiume, e camminando sempre verso quello, giunse presso alla sponda. Ma quivi non v'era modo di transitare, onde il povero Fermo dopo aver guardato intorno se mai per caso qualche battello si trovasse su la riva, e non ne vedendo, tornò tristamente indietro, ed entrato in un bosco che costeggiava il fiume, s'arrampicò sur un albero, e vi si appiattò, aspettando con ansietà l'apparire del giorno. Ma la notte era appena incominciata, e il povero Fermo, ebbe molte ore da meditare in quella sua incomoda stazione. Don Rodrigo, Don Abbondio, il Vicario, Ferrer, la guida, l'oste di Milano, il notajo, i birri, il mercante, i curiosi, passavano a vicenda nella sua fantasia; ma nessuno di costoro conduceva seco una memoria che non fosse di rancore o di sconforto. Solo due immagini avevano un aspetto consolatore, e spargevano un po' di luce tranquilla su quel quadro confuso. Se noi inventassimo ora una storia a bel diletto, ricordevoli dell'acuto e profondo precetto del Venosino, ci guarderemmo bene dal riunire due immagini così disparate come quelle che si associavano nella mente di Fermo; ma noi trascriviamo una storia veridica; e le cose reali non sono ordinate con quella scelta, nè temperate con quella armonia che sono proprie del buongusto; la natura, e la bella natura, sono due cose diverse. Diciamo dunque con la franchezza d'uno storico, che mentre quasi tutti i personaggi, coi quali Fermo era stato in relazione, si schieravano e si affollavano nella sua immaginazione con un aspetto più o meno odioso, o tristamente misterioso, di modo che, dopo averli contemplati qualche tempo come forzatamente, essa gli rispingeva, e cercava di farli sparire, v'era però due immagini nelle quali essa riposava, con una specie di refrigerio: due volti i quali ricordavano ed esprimevano candore, benevolenza, affetto, innocenza, pace: quei sentimenti chiari e soavi nei quali tanto si gode la fantasia degli infelici: e queste due immagini erano una treccia nera, e una barba bianca, Lucia e il Padre Cristoforo. Ma i pensieri che questi volti stessi facevano nascere, eran tutt'altro che di una gioja pura: alla immagine del buon frate, Fermo sentiva vivamente la vergogna della cervellinaggine che aveva spiegata nel giorno passato, e della turpe sua intemperanza: e contemplando Lucia, oltre la stessa vergogna, egli sentiva nel fondo dell'animo l'assenza, l'incertezza Tag: due mercante fermo casa quattro tutti noi altri immagini Argomenti: boccone tanto, pane fresco, leone serenissimo, profondo precetto Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili Intrichi d'amore di Torquato Tasso La favorita del Mahdi di Emilio Salgari Le smanie per la villeggiatura di Carlo Goldoni Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Aggressività e comportamento del furetto Puppy class: cos'è e perché è importante Il trucco giusto per gli occhi celesti Come gestire una serena convivenza Il Boa constrictor
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