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Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 72La sua preghiera era esaudita, ma il momento non era venuto. Erano già due ore che la carrozza correva, sempre per istrade deserte, attraversando boscaglie, e campi abbandonati alla felce ed alla scopa (una gran parte del territorio milanese era allora ridotta a quello stato dalle guerre, dalle gravezze insopportabili, dall'ignoranza, dalla specie di barbarie insomma in cui erano gli abitanti, e i legislatori). Il sole declinava verso l'orizzonte quando Lucia sentì un romore continuo sempre crescente, come di un'acqua rapidamente corrente. Era l'Adda infatti a cui la carrozza si avvicinava: il bravo che stava sulla serpe accanto al cocchiere urtò col gomito chiamando quelli di dentro; uno di essi pose la testa fuori dello sportello, e l'altro gli disse: «il battello c'è». «Ah! bravo» dissero tutti e tre quei di dentro. Lucia, vedendo che si stava per fare qualche cosa da cui doveva decidersi il suo destino, ricominciò le sue preghiere, ma il vicino lieto di essere alla fine della sua incombenza, e di non aver più a combattere con le istanze di quella infelice, le impose silenzio dicendo: «Zitto zitto; abbiamo altro in capo che di darvi retta ora: siamo occupati.» La carrozza si fermò presso la riva, quel della serpe fece un segno a cui fu risposto dal battello, e tosto ne uscirono tre bravi con una vecchia, e si avviarono verso la carrozza. Lucia strillava, i bravi le comandavano di tacere replicando: «non abbiate paura, e già tutto è inutile; son tutti nostri amici». Lucia allora si rannicchiò tutta alla carrozza invocando la Vergine nel cuore, e proponendo di lasciarsi piuttosto uccidere che di uscire volontariamente da quel luogo, il quale per quanto orrendo le fosse le pareva un asilo poichè vi aveva passate due ore, e non sapeva dove, a che sarebbe strascinata quando ne fosse fuori. Mentre si stava così tutta rannicchiata, udì chiamarsi da una voce femminile, aperse gli occhi e vide allo sportello la vecchia rivolta verso di lei. Una donna parve in quel momento a Lucia un angiolo del paradiso: si sollevò, e con volto supplichevole, e con una certa fiducia le disse: «Oh brava donna, che fate voi qui? ajutatemi, se questi sono vostri amici pregateli che mi lascino venire con voi; salvatemi, salvatemi.» «Scendete e venite con me,» rispose la vecchia; indi rivolta ai bravi raggrinzando la fronte e scontorcendo la bocca: «Maladetti,» disse, «le avete fatto paura?» «Ma la vedete sana e salva...?» rispondeva il capo; quando Lucia, chinandosi e sporgendosi dalla carrozza a prendere con le mani le braccia della vecchia: «non dite niente,» interruppe, «quel che è stato è stato, purchè mi lascino venire con voi.» «Scendete, venite,» disse la vecchia. «Ma con voi sola,» rispose Lucia. «Andiamo andiamo,» disse ancora la vecchia, e presa Lucia la strascinava, mentre i bravi della carrozza l'ajutavano a scendere quasi portandola. «No no,» disse Lucia. «Zitto, zitto,» disse la vecchia, «venite colle buone.» «Ma voi siete d'accordo con questi scellerati,» gridava Lucia. «Zitto zitto,» continuava a dire la vecchia, e così Lucia fu portata al battello. Guardò intorno e non vide altro che la boscaglia la riva e il fiume e il battello; alzò gli occhi, e vide al di sopra delle cime dei monti la cima tagliata a sega del Resegone, alle falde del quale era la sua casa, dov'era sua madre, dove aveva passati i primi suoi anni nella pace; e l'accoramento le tolse anco la forza di gridare; tutta grondante di lagrime, affannata, quasi fuor di sè, fu posta a sedere nel battello sotto la tenda: la vecchia le si pose accanto: il capo di quelli che erano venuti in carrozza saltò pure nel battello, stette al di fuori coi bravi venuti per acqua; i quali tosto puntati i remi alla riva ne fecero allontanare il battello, pigliarono l'alto del fiume, diedero dei remi nell'acqua, e il battello partì. Appena Lucia ebbe ripreso un po' di fiato, si pose ginocchioni dinanzi la vecchia, domandandole dov'era condotta, pregandola di farla deporre su qualche riva, pregandola pei nomi i più temuti ed amati dai cristiani; ma la vecchia inflessibile, immobile, non rispose altro che «zitto, zitto». Lucia ricominciò a pregare Colui che ode anche quando non risponde, si abbandonò alla sua provvidenza. Dopo forse due altre ore di viaggio, il battello approdò: la notte precipitava, e Lucia sbigottita, tremante, non sapeva più in che mondo si fosse: fu tolta in questo stato dal battello, posta in una lettiga, e portata al castello del Conte del Sagrato. La vecchia accompagnava la lettiga, entrò insieme in casa, la fece deporre in una stanza, dove rimase sola con Lucia, dicendo a coloro che l'avevano portata, che andassero ad avvertire il Signor Conte. Ma il Signor Conte aveva già intesa dal Tanabuso la relazione del rapimento, del viaggio e dell'arrivo. «Ebbene,» aveva egli detto al Tanabuso, «fatto?» «Fatto,» rispose Tanabuso. «A dovere?» «A dovere.» «Non c'è stato bisogno di spiegar le unghie?» «Tutto è andato quietamente;» e qui fece il Tanabuso la sua narrazione. E aggiunse: «Tutto è corso a verso, com'ella vede, signor padrone; ma una sola cosa ci ha dato un po' di disturbo.» «Che è?» chiese il Conte. «Quella ragazza,» rispose il Tanabuso... «quella povera ragazza... un tal guaire, un tal piangere, un tal pregare... restar lì come morta..., guardarci un po' come diavoli, un po' con gli occhi pietosi... che... che...» «Che?» disse il Conte; «sentiamo un po' questa che vuol essere nuova, ribaldonaccio.» «Che mi ha fatto compassione.» «Ohe!» disse il Conte, «bisognerà che ti dia doppia mancia per quello che ha patito il tuo povero cuore.» «Possa io diventare un birro se non è così,» rispose il Tanabuso; «mi ha fatto compassione. Dico la verità Signor padrone, avrei avuto più caro che l'ordine fosse stato di darle una schioppettata, alla lontana, prima di sentirla discorrere.» «Ora,» riprese il Conte, «lascia da parte la compassione, cacciati la via tra le gambe, vanne diritto al castello di quel Don Rodrigo... Sai dov'è posto?». Il Tanabuso accennò di sì: «fagli dire che sei mandato da me, dagli questo segno nelle mani, e torna a casa. La giornata è stata faticosa, ma tu sai che il tuo padrone vuole esser servito ma sa anche pagare...» «Oh illustrissimo! ...» «Taci, e vanne tosto... ma no, aspetta: dimmi un poco come ha fatto costei per moverti a compassione. Che abbia un patto col demonio?» «Niente, niente, signor padrone, era proprio il crepacuore che aveva quella povera ragazza. Se non avessi avuto un comando del mio padrone...» «Ebbene? ...» «L'avrei lasciata andare.» «Oh! andiamo a vederla costei; e tu aspetta, partirai domattina... dopo aver ricevuto i miei ordini... tanto fa che quello inspagnolato aspetti qualche ora di più... Domattina sii all'erta per tempo.» Il Tanabuso partì, facendo un inchino, e il Conte s'avviò alla stanza dove Lucia stava in guardia della vecchia. Bussò, disse: «son io», e tosto il chiavistello di dentro corse romoreggiando negli anelli, e la porta fu spalancata. Lucia si stava seduta sul pavimento, acquattata, accosciata nell'angolo della stanza il più lontano dalla porta, nel luogo che entrando le era sembrato il più nascosto, si stava quivi aggomitolata, con la faccia occultata, e compressa nelle palme, tutta tremante di spavento, e quasi fuor di sè: al romore che fece la porta, alla pedata del Conte che entrava trasalì, ma non levò la faccia, non mosse membro, anzi fece uno sforzo per ristringersi ancor più tutta insieme; e stette con un battito sempre crescente aspettando e paventando quello che avvenisse. «Dov'è questa ragazza?» disse il Conte alla vecchia. «Eccola,» rispose umilmente la malnata. «Come?» disse il Conte, «l'avete gettata là come un sacco di cenci.» «Oh s'è posta dove ha voluto.» «Ehi! quella giovane,» disse il Conte avvicinandosi a Lucia: «dove diavolo vi siete posta a sedere? 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