Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 16

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dall'aver tanto fatto impunemente: e quando vedrà che l'affare può diventar serio... Sì non c'è altro, non c'è altro. Se non altro si vedrà come giuoca costui, e si guadagnerà tempo. – Il Padre Cristoforo si fermò in questa determinazione, pei motivi che abbiamo riferiti, e che in verità bastavano se non a farne sperar molto, a renderla almeno preferibile ad ogni altra: ma dietro a tutti questi motivi ve n'era un altro che dava un gran peso a tutti questi, e che quantunque agisse così potentemente non era distintamente avvertito da lui. Il Padre Cristoforo era portato a cogliere con premura una occasione di trovarsi a fronte d'un soperchiatore, di resistergli se non altro con esortazioni, di confonderlo, e di provargli ch'egli aveva il torto, e di combatterlo e di vincerlo come che fosse. Mentre il buon frate stava ancor meditando, Fermo il quale per tutte le ragioni che ognuno può indovinare non sapeva star lontano da quella casa, erasi affacciato alla porta, e visto il padre assorto, e le donne che gli facevano cenno di non disturbarlo, sdrucciolò per un angolo della porticella nella stanza, e costeggiando il muro andò a riporsi tacitamente in un angolo della stanza. Quando il Padre si alzò per comunicare alle donne il suo disegno, s'accorse di Fermo, e gli fece un saluto che esprimeva una affezione resa più intensa dalla pietà, e Fermo ne fu commosso. «Ha saputo?» disse Fermo. «Pur troppo ho inteso la vostra disgrazia» rispose il Padre; «ma tu non ti perderai d'animo come queste poverette, e sopra tutto aspetterai che Dio ti ajuti, e Dio ti ajuterà.» «Benedette le sue parole,» rispose Fermo: «ella non è di coloro che danno sempre torto ai poverelli, e che rimproverano una disgrazia come se fosse una colpa. Ma il signor curato e il signor dottore...» «Non pensare a questo che è inutile: io sono un povero frate, ma ti ripeto quello che ho detto a queste donne: per poco ch'io sia non vi abbandonerò.» «Oh lei non è come gli amici del mondo. Sciaurati! dopo tante promesse fatte nell'allegria, che darebbero il sangue per me, che mi avrebbero sostenuto sempre, che se avessi avuto briga con qualcuno per cavaliere ch'ei fosse... e poi: se vedesse come si ritirano: oh nessuno più ne vuol sentire a parlare...» Mentre Fermo parlava il Padre Cristoforo lo guardava coi suoi occhi scintillanti, e prendeva un'aria severa di modo che Fermo si andava accorgendo che le parole sue non erano gradite, ed ora voleva lasciar cadere il discorso, ora tentando di raggiustare la faccenda, si andava incespicando e pronunziava parole sconnesse... «voleva dire: cioè Padre, non m'intendo mica...» «E che Fermo! dunque tu avevi cominciato a guastare l'opera mia, prima ch'ella fosse intrapresa! Tu pensavi a difenderti della violenza colla violenza! Ringrazia il cielo che sei stato disingannato a tempo. Come! tu speravi soccorso da questi che tu chiami amici? Soccorso per liberarti dalla ingiustizia? Poveretto! non sapevi che ogni uomo ama troppo la sua vita e il suo riposo per sagrificarlo alla giustizia, alla giustizia altrui? Sì; pel denaro, per la vendetta, pel diletto di far male l'uomo disprezza il pericolo; sì allora egli sente qualche cosa che lo porta con gioja ad affrontare il suo simile: ma perchè uno non sia oppresso, ma perchè non s'impedisca una cosa giusta, ma perchè le cose vadano come dovrebbero andare, tranquillamente ordinatamente, tu credevi che troveresti chi si armerebbe con te contra un potente? Gli uomini non provano per questo quella gioja feroce che fa desiderare di affrontarsi coll'uomo: o se ve n'ha di tali sono tanto rari... ; e – a queste parole Fra Cristoforo strinse fortemente la mano a Fermo – e anche questi han torto. Ringrazia il cielo che non ti ha dato il tempo di confidare in questi ajuti tanto da far qualche cosa della quale ti saresti pentito. Ascolta, Fermo, io son pronto a fare quello che posso per voi; ma vi pongo una condizione.» «Comandi, padre guardiano.» «Tu mi devi promettere che ti fiderai di me, che non affronterai, che non provocherai nessuno...» «Promettete promettete,» dissero le donne. «Prometto prometto,» disse Fermo. «E bene» continuò il buon frate; «importa assai che di questo affare si parli il meno possibile: perchè i discorsi potrebbero rendere inutili i miei sforzi per farlo terminar bene: io spero che quelli che tu chiamavi amici non parleranno, per la stessa ragione che gli ha distolti dall'operare. Io andrò oggi a parlare con quell'uomo dal quale viene tutto questo male, e non dispero di far tutto finire: in ogni caso, vi prometto di nuovo di non abbandonarvi mai. Frattanto voi state ritirati, schivate i discorsi, e sopra tutto non vi mostrate; questa sera o domani avrete nuove di me.» Detto questo egli interruppe tutti i ringraziamenti e le benedizioni, e partì inculcando di nuovo la quiete e la prudenza; e s'avviò al suo convento. Ivi andò in coro a cantare terza e sesta, s'assise alla parca mensa, e allora più parca del solito per la carestia che cominciava a farsi sentire dappertutto, e dopo raccomandati al vicario gli affari del suo picciolo regno, si pose in via verso il covile dell'orso che si trattava di ammansare; senza riporre a dir vero, molta speranza nel suo tentativo. Il Castellotto di Don Rodrigo era posto sul pendio della montagna discosto due miglia dalla casetta di Lucia, un po' più basso e più verso settentrione, e a tre miglia circa dal convento il quale come abbiam detto era al piano del fiume, e nel paesetto posto sulla riva sinistra. Questo castellotto posto sulla cima d'uno di quei piccioli promontorj fra i quali si dividono le grandi montagne, era fuori dell'abitato. Intorno al castellotto erano tre o quattro casette di contadini che lavoravano i fondi di Don Rodrigo, e che gli facevano da servitori e da bravi secondo l'occorrenza: vecchj che parlavano dell'antico onore della casa e delle loro prodezze giovanili, e le proponevano in esempio ai giovani: giovani che cercavano di emulare quei fatti gloriosi, e donne che sentivano pure un nobile orgoglio della loro condizione di suddite ad un cavaliere che sapeva farsi rispettare, e di madri e mogli d'uomini che si facevano temere. Quando però, il che non era caso raro, alcuno degli uomini loro tornava col capo rotto a casa, o si trovava minacciato della vendetta di qualche offeso furibondo, o in un altro di quegli impiccj in cui doveva farli cader sovente il modo loro di vivere, le donne urlavano allora, mostravano con furore i ragazzi sul volto ai mariti, predicavano la pace e il timor di Dio, e non si mettevano in silenzio che dopo aver toccata qualche bussa. L'aspetto delle abitazioni di costoro dava un indizio della vita tra il rustico e l'eroico che essi menavano, poichè guardando dalle porte si vedevano nelle loro stanze terrene appesi alla rinfusa gli archibugj e le zappe, la reticella e il berretto piumato col cappello pastorale di paglia. Quando il Padre giunse dinanzi al Castellotto trovò la porta chiusa, segno che il padrone stava a tavola e non voleva esser frastornato. Le rade e picciole finestre che davano sulla via erano chiuse da imposte cadenti per vetustà ma difese da grosse ferriate, e quelle del piano terreno tanto elevate che un uomo avrebbe appena potuto affacciarvisi salendo sulle spalle d'un altro. Tutto al di fuori era silenzio, e un passaggero avrebbe potuto credere che quella casa fosse abbandonata, se quattro creature, che erano poste in euritmia al di fuori, non avessero dato un indizio di abitazione, e nello stesso tempo un simbolo della ospitalità di quei tempi. Due grandi avoltoj colle ali tese erano inchiodati ciascuno sur una imposta; ed uno già mezzo consumato dal tempo aveva perduta gran parte delle piume, e qualche membro, non aveva quasi più nemmeno la figura d'un bel cadavere: e due bravi (quei due medesimi che avevano messa quella bella paura in corpo al curato) sdraiati ciascuno sur una delle panche di pietra poste al di qua e

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Argomenti: star lontano,    montagna discosto,    nobile orgoglio,    berretto piumato,    cappello pastorale

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