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Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 45per occuparsi in cosa indifferente. La Marchesa fu desta dal rimbombo dell'atrio di casa, e dall'improvviso fermarsi della carozza. Scesi, e salite le scale, il Marchese intimò alla madre e alla figlia che prima del pranzo dovessero porsi in assetto per andar subito dopo a restituire la visita alle dame che avevano favorito la sera antecedente. Detto e fatto; l'acconciatura, il pranso, le visite si succedettero senza interruzione; e la solita conversazione terminò la giornata. Dopo cena il Marchese pose in campo il discorso dei divertimenti che si dovevano dare a Geltrude, e delle conversazioni dove ella aveva ad esser presentata come sposina. «Bisognerà pensare senza ritardo», soggiunse egli, «a scegliere per Geltrude una madrina degna della nostra casa.» La madrina, mio giovane lettore, era una dama incaricata di condurre la sposina ai divertimenti, alle conversazioni, di presentarla, e di vegliare sovr'essa. Siccome il Marchese proferendo quelle ultime parole s'era voltato verso la Marchesa come invitandola a proporre la dama che le fosse paruta più a proposito (atto per parentesi che il Marchese faceva rarissimo) la Marchesa cominciò tosto: «Vi sarebbe...» «No no,» interruppe il Marchese, «la prima condizione d'una madrina è ch'ella vada a genio della sposina; e benchè l'uso universale e ragionevole dia questa scelta ai parenti, pure Geltrude ha tanto giudizio che merita che si faccia una eccezione per lei.» E qui rivolto a Geltrude col piglio di chi fa una grazia singolare, continuò: «Ognuna delle dame che avete visitate questa mattina, e di quelle che si sono trovate questa sera alla conversazione, ha le condizioni necessarie per esser madrina d'una figlia della nostra casa, e ognuna si terrà onorata di esser preferita: scegliete.» Geltrude incerta com'era, e stanca e indispettita dei passi che le si facevano fare sulla via del chiostro, non avrebbe voluto far nulla: ma la grazia era offerta con tanto apparato ch'ella s'avvide che il rifiuto sarebbe stato preso per un disprezzo; e nello stesso tempo non volle perdere quel qualunque vantaggio che le dava il potere scegliere. Nominò dunque la dama che in quel giorno le era più dell'altre piaciuta, quella cioè che le aveva fatte più carezze d'ogni altra, che l'aveva lodata più d'ogni altra, che nell'accoglierla e nel conversare con lei le aveva mostrato tutto quell'aggradimento, quella famigliarità, quell'affetto che alle volte in una prima conoscenza imita i modi d'una antica amicizia. La dama scelta da Geltrude aveva da lungo tempo fatto assegnamento sul fratello di Geltrude per farne il marito d'una sua figlia ch'ella amava assai. «Ben scelto, ben scelto,» disse il Marchese: «e Lei», proseguì verso la Marchesa, «andrà domani a farne la domanda alla dama; e si ricordi di dire che la scelta è stata fatta da Geltrude: che son certo che la dama aggradirà doppiamente la domanda.» Noi non terremo dietro a Geltrude nei divertimenti, e nelle conversazioni a cui fu condotta o strascinata; nè racconteremo tutte le impressioni e i sentimenti dell'animo suo in queste spedizioni; poichè dovremmo ripetere tante volte la stessa cosa, quante furono le fluttuazioni, le risoluzioni, i pentimenti, i sì e i no della sua mente, che furono infiniti. Talvolta la pompa degli addobbi, lo splendore delle feste, la musica che non esprime alcuna idea, e ne fa nascere a migliaja, quella esaltazione di gioja che appare negli uomini radunati per divertirsi, e per dir tutto le qualità auree di qualche giovane cavaliere che s'indovinavano al solo vederlo, le comunicava una certa ebbrezza, una specie di entusiasmo che le faceva proporre di soffrire ogni cosa piuttosto che di tornare all'ombra trista e fredda del chiostro. Talvolta lo stordimento, la fatica, la seccaggine dell'udire e la contenzione del rispondere le faceva parer dolce quel silenzio e quella pace. Si destava talvolta piena ancora delle immagini splendide del giorno trascorso; pensava al passo irrevocabile che stava per dare, e diceva tra sè: – Oh che sproposito! – si sentiva un coraggio a tutta prova, e prometteva di tornare indietro. La presenza del padre, o del Marchesino, una cosa qualunque da farsi raffreddavano quel primo impeto; il quale alla sera si trovava talvolta cangiato in un pieno abbattimento. Tornavano allora alla mente le difficoltà, si pensava allora che se anche resistendo si avrebbe potuto schivare il chiostro, non era da sperarsi il viver lieto del quale allora si gustava una parte: perchè si era in colpa, perchè tutta la bonaccia presente non era assicurata che da un perdono, e il perdono dalla risoluzione di pigliare il velo. Come sarebbero andate le cose, se la risoluzione si fosse ritrattata? e con quali parole ritrattarla? come cominciare? da che? Geltrude ritirava lo sguardo da questo mare in tempesta, e rivolgendolo allora al chiostro, il chiostro le pareva un porto. Coltivava ella allora i sentimenti pii che potevano far piacere il chiostro a chi l'avesse scelto volontariamente, e in quelli cercava di riposare. Quando dopo questi momenti ella si trovava con la famiglia, o con altri, diceva spontaneamente e con aria di posata fermezza, parole che dovevano far credere che la sua scelta era liberissima. Tutte le volte poi ch'ella era posta in una circostanza nella quale ciò ch'ella doveva fare o dire doveva essere un nuovo attestato di questa sua scelta, ella faceva e diceva ciò che lo poteva far credere, ciò che la impegnava sempre più. Benchè alcune volte in quelle circostanze, ella sentisse una manifesta ripugnanza all'impegnarsi davantaggio, quantunque ella vedesse chiaramente che ciò ch'ella stava per fare le rendeva più e più difficile il retrocedere, pure il dire o fare il contrario l'avrebbe posta tutt'ad un tratto in una situazione così dura e così difficile, ch'ella non poteva nè pure pensare di farlo. Ella era come chi trovandosi sur un ripido pendio, vedesse all'ingiù sotto di sè un picciol passo da farsi, e quindi un luogo di riposo, e volgendosi indietro per guardare alla via che bisognerebbe fare per risalire vedesse il principio d'una erta, lunga, dirotta, disastrosa. E la povera Geltrude non dava passo che per discendere. Ma siccome chi nuoce a se stesso nell'avvenire per timore di nuocersi nel momento presente, non vuol mai confessare a se stesso tutto il male che si fa, nè darsi così tosto per perduto, e ad ogni male che si fa, si consola con l'idea d'un rimedio, così anche Geltrude aveva trovato nella via che le restava da percorrere un momento di più forte speranza. Questo momento era quello dell'esame che un ecclesiastico deputato dal vicario delle monache doveva fare della sua vocazione; esame nel quale ella si sarebbe trovata sola con lui, e nel quale ella si teneva certa che qualche occasione si sarebbe offerta per potere svilupparsi da quel laccio, se laccio era, e in ogni caso, di conoscere ella stessa più chiaramente il suo animo, di deliberare sulla sua scelta più posatamente, più sicuramente, di quello che potesse fare coi parenti già risoluti senza deliberazione, e coi suoi pensieri troppo agitati, troppo confusi, troppo inesperti per deliberare. Il momento che Geltrude desiderava non senza qualche terrore, il Marchese lo affrettava con istanze, perchè, come si è detto, egli era uomo esperimentato, e sapeva che a volere che un affare sia spicciato, bisogna muoversi; e il momento venne. Un bel mattino il Marchese annunziò a Geltrude che in quel giorno il Signor... ecclesiastico mandato dal vicario delle monache, verrebbe ad esaminare la sua vocazione. Ma come quella conferenza avrebbe avute conseguenze serie, e Geltrude vi doveva esser sola con l'ecclesiastico, così il Marchese stimò che fosse necessario aggiungere all'annunzio qualche avvertimento che lasciasse una impressione nell'animo della figlia, e le servisse di compagnia e di guardia nell'assenza forzata d'ogni altro custode. «Orsù, Geltrude,» diss'egli; «finora voi vi Tag: marchese fare scelta chiostro dama momento marchesa madrina figlia Argomenti: lungo tempo, giovane cavaliere, tanto giudizio, tanto apparato, bonaccia presente Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Le smanie per la villeggiatura di Carlo Goldoni Novelle rusticane di Giovanni Verga Piccolo mondo moderno di Antonio Fogazzaro Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Corbaccio di Giovanni Boccaccio Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Singapore: tra cultura e sapori Come pulire gli orecchini Come scegliere le scarpe da sposa Il servizio fotografico delle nozze Come rendere felice la propria moglie
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