Frasi Belle - Le più belle frasi dolci e romantiche online e altro
|
||||
Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 108altrove. Fermo seguì la processione, e si fermò dinanzi al rogo in mezzo a quella folla ondeggiante a vedere e ad udire. Alcuni allargando intorno a sè un po' di spazio con le gomita, facevano quel che potevano per danzare; altri sopraggiungevano con nuove spoglie da ardersi, e fattisi far largo a forza di urti e di urli, le gettavano sul mucchio ardente: si alzavano nuove fiamme, tizzoni accesi saltavano qua e là, e più forti ululati sorgevano in mezzo al rombazzo confuso e continuo. Fermo non credeva, nè era possibile di credere, tutto quello ch'egli aveva inteso dire in quel giorno; ma tutti quei discorsi, le sue idee antecedenti, la persuasione universale gli davano l'intima persuasione che un gran disegno di affamare il popolo fosse stato ordito e scoperto. Partecipava egli dunque dell'ebrezza comune, gridava a quando a quando con gli altri, e se non attizzava la fiamma, stava pure a contemplarla con diletto, mangiando intanto un altro di quei pani che aveva raccolti e posti in tasca al primo entrare in città. «Muoja la carestia!» si urlava da ogni parte; «muojano gli affamatori! viva l'abbondanza! viva il pane! viva! viva!» A dir vero la distruzione dei buratti, delle madie, il disfacimento dei forni, e lo scompiglio dei fornai non pare che fossero i mezzi più spediti per far vivere il pane: ma questa è una sottigliezza metafisica che non poteva venire in mente ad una moltitudine. Il fuoco non era per anco estinto, quando corse all'improvviso una voce per la folla, che al Cordusio (così è chiamato un crocicchio poco distante dalla piazza dove si faceva la baldoria) s'era scoperto da un fornajo un altro grande ammasso di pane e di farina. La folla si diresse in tumulto verso quella parte: si gettò nella via corta ed angusta di Pescheria Vecchia, si condensò sotto l'arco che la termina, si diffuse nella piazza dei mercanti. Quivi mentre si passava accanto alla loggia che tiene il lungo della piazza, una mano si alzò sopra le teste della turba e si rivolse verso una statua colossale che occupava una nicchia or vuota nella parte più apparente della loggia, e una voce gridò nello stesso tempo: «quello era un re! un re che rendeva giustizia pronta, e faceva impiccare i tiranni e i cabaloni». «Viva! viva!» rispose uno stormo di voci. Non è però da credere che tutti quei gridatori sapessero bene a chi, e perchè applaudivano; l'unica idea distinta che ne avevano era di un re morto. Il pezzo di marmo che ricevette quell'applauso era niente meno che una statua di Don Filippo II, la quale durò in quella nicchia, ancora centosettant'anni circa, dipoi fu trasformata alla meglio in un Marco Bruto, e finalmente smozzicata e ridotta ad un torso informe che fu strascinato e gittato non so dove: e avrebbe pur meritato d'esser conservato pel suo destino singolare d'aver rappresentato due personaggi, il nome dei quali fa nascere tosto idee disparatissime, e che pure ebbero più punti di rassomiglianza che non appaja a prima vista. Tutti e due gravi e rigidi sermonatori l'uno di filosofia, l'altro di religione, tutti e due commisero senza rimorso, con giattanza, di quelle azioni che la morale comune, e il senso universale della umanità abbomina; tutti e due credettero che nel loro caso una ragione profonda, un intento di perfezione rendesse virtù ciò che è comunemente delitto. Tutti e due con una opposizione ardente e attiva, hanno promosse, rafforzate, estese le cose che volevano impedire ed estinguere nei loro cominciamenti; e tutti e due hanno avuti in vita e dopo morte fautori che hanno approvata la loro condotta, gli hanno lodati d'aver fatti mali infiniti per ottenere il contrario dei loro fini. Tutti e due si sono immaginati che la maggiorità dei loro contemporanei avrebbe secondate con gran favore le loro intenzioni, e tutti e due si maravigliarono con indignazione di trovare avversione, resistenza da tutte le parti. Tutti e due sono stati in diverse epoche tenuti in gran venerazione, e in quelle epoche non era un viver lieto. Preghiamo il cielo, che quando hanno da nascere uomini di quel carattere, si trovino collocati in una condizione dove abbiano da faticare assiduamente per vivere, che al più possano dissertare in un picciolo crocchio, e che non giungano mai a far cose per cui debbano avere statue dopo la morte. Il corteo clamoroso dovette condensarsi e insaccarsi onde passare come per una trafila nella via angusta dei Fustagnaj, e quindi sboccare al Cordusio. Quivi era già ammassata un'altra folla, e il saccheggio d'un forno era avviato: i sopravvegnenti incalzavano quelli che erano già signori del campo, e si trasfondevano in essi, come potevano. Tutto ad un tratto una voce orrenda uscì dalla folla: «andiamo dal Vicario di Provvisione, a fare una giustizia». Quella voce fu come una scintilla caduta nel mezzo d'una polveriera. «Dal Vicario di Provvisione» gridarono tutti: e parve un rammentarsi d'un accordo già fatto, più che una risoluzione di quel momento. La casa del Vicario era sventuratamente vicinissima a quel luogo: in un punto la via fu piena, e la casa cinta d'ogni parte. Il Vicario di Provvisione stava in quel momento facendo un chilo agro e stentato d'un pranzo mangiato di mala voglia con un po' di pane raffermo rimasto del giorno antecedente, e fra pensieri tristi, di stupore, di inquietudine, di incertezza. Uno o due benevoli, (perchè nei garbugli sempre vi trascorre qualche onesto che cerca poi di impedire un po' di male) precorsero lo stormo, ed entrati nella casa, avvertirono del pericolo. I servi, alle porte, alle finestre: non si vedeva altro che un nuovolo di gente che appressava, che era lì: in fretta in fretta, si avvisa il padrone, mentre questi delibera di fuggire, come fuggire, gli è detto che non è più a tempo: appena i servi possono chiudere e sbarrare la porta al momento che i primi della vanguardia stavano per porre piede sulla soglia: si chiudono tutte le imposte delle finestre, come quando il tempo imperversa, e comincia a cader la gragnuola; e intanto si sente l'ululato orribile della moltitudine, che vuole entrare, e i colpi che già si danno alla porta. «Il Vicario! il tiranno! lo vogliamo, vivo o morto!» Il Vicario errava di stanza in istanza, raccomandandosi a Dio e ai suoi servitori che tenessero fermo, che trovassero modo di farlo scappare: ma la casa era cinta da tutte le parti. Il poveruomo salì sul solaio e da un bugigatto del muro tra la soffitta e il tetto guatò ansiosamente nella via, e la vide stivata, fitta di nemici, udì le grida e le minacce, e si ritirò tremante e quasi fuor di sè nell'angolo il più riposto, che potè rinvenire. Ivi rannicchiato e tremante, porgeva l'orecchio, e quando poi udiva i colpi violenti nella porta, lo turava spaventato, poi come fuori di sè, stringendo i denti, e raggrinzando tutta la faccia tendeva con impeto le braccia e i pugni come se volesse tener ferma la porta contra gli urti, poi si dava per disperato ed aspettava la morte. Gli passavano per la mente gl'impegni che aveva fatti per giungere a quell'uficio, la consolazione che aveva provata nel giungervi, e malediceva di cuore tutti quei pensieri antichi. Finalmente stette tranquillo e come istupidito. Intanto al di fuori altri percoteva le imposte della porta, con travi: altri era andato in cerca di scarpelli e di martelli, e dava colpi in regola nel muro, per aprirvi una breccia; altri lanciava sassi alle finestre, altri con le pale conquistate ai forni ne stuzzicava le imposte per aprirle, grida orrende accompagnavano tutte queste operazioni. Quegli stessi però che con le grida, le incoraggiavano e le applaudivano, in fatto vi ponevano ritardo con la pressa delle persone non lasciando agio al giuoco delle leve e degli arieti: per buona sorte accadeva questa volta nel male, ciò che è troppo frequente nel bene: che i fautori i più ardenti divengano un impedimento. Nel mezzo della turba un vecchio malvissuto mostrava un martello, dei chiodi, e una fune, Tag: tutti due vicario altri porta folla parte casa pane Argomenti: senso universale, persuasione universale, grande ammasso, statua colossale, torso informe Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: La favorita del Mahdi di Emilio Salgari Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi Le smanie per la villeggiatura di Carlo Goldoni Le sottilissime astuzie di Bertoldo di Giulio Cesare Croce Marocco di Edmondo De Amicis Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Aggressività e comportamento del furetto Offerte Capodanno Barcellona Il trucco giusto per gli occhi celesti Come gestire una serena convivenza Il Boa constrictor
|
||||