Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 161

Testo di pubblico dominio

occasione di qualificare d'imprudenza e di pazzia quel voto che veniva per lui così male a proposito. Così faceva sentire che per la parte sua il giudizio era bell'e fatto; e intanto guardava attentamente al volto del Padre Cristoforo per iscoprire un pensiero, dal quale avrebbe potuto dipendere la sua sorte. Ma non potendo leggervi nulla, terminò con una aperta domanda: «Che ne dice, padre?» Il Padre stava pensoso: combattuto fra il desiderio di rivedere Lucia, e la speranza di consolarla forse, e il timore di rendersi colpevole, abbandonando per qualche tempo i suoi infermi. Dopo essere così rimasto alquanto, pronunziò ad alta voce la conclusione del dibattimento che era stato tra i suoi pensieri. «Ho un dovere con quella creatura,» diss'egli. «Dio l'aveva in altri tempi indirizzata a me, ed ora non me l'ha fatta venir così presso perchè io ricusi di esserle utile. Andiamo.» Lasciò per la seconda volta i suoi ammalati alla cura del Padre Vittore, e si mosse con Fermo. Questi andava innanzi tacito facendo la guida per quel triste labirinto, e dirigendosi al viale per cui era passato la prima volta, e il Frate pur tacito gli teneva dietro. Gli oggetti che ad ogni mutar di passo si succedevano alla vista, tenevano occupato l'animo di quella compunzione che non trova parole; e in quel momento su quel mesto spettacolo pareva che scendesse e pesasse una mestizia più cupa e più grave dell'ordinario. Una nuvola comparsa all'occidente aveva a poco a poco coperto tutto il cielo: e alla oscurità crescente, avresti detto che il giorno era finito, se il sole lontano ancor forse due ore dal tramonto non avesse mostrato come dietro ad un velo spesso ed immobile, il suo disco grande e biancastro, donde partivano, non vivi raggi e diretti, ma un barlume scialbo e circonfuso che mandava una caldura morta e gravosa. L'aria non dava un soffio: non si vedeva muovere una tenda delle trabacche, nè piegar la cima d'un pioppo nelle campagne d'intorno. Solo si vedeva la rondine, sdrucciolando rapidamente dall'alto, rasentare con l'ali tese, per un picciol tratto la superficie ingombra e confusa di quel terreno; e tosto risalire, volteggiare per l'aria in cerchii veloci, e piombar di nuovo. Un'afa faticosa prostrava gli animi con una oppressione straordinaria: la lotta del morire era più affannosa; i gemiti dei languenti erano soppressi dall'ambascia; il movimento delle opere era stanco, rallentato, come sospeso: quella dubbia luce dava al colore della morte e della infermità un non so che di più livido; un non so che di più squallido all'abbattimento ond'erano atteggiate le figure dei sani: e su quel luogo di desolazione non era forse ancor passata un'ora amara al par di questa. Eppure quegli che sopravvissero rammentarono quell'ora con gioja per tutta la vita; era la preparazione d'una burasca, che scoppiò la notte, e menò poi per due giorni una pioggia continua, dopo la quale il contagio cessò quasi ad un tratto. Sotto il fascio di quella comune gravezza, procedevano il giovane e il vecchio, con la fronte bassa il primo e con l'animo diviso fra lo studio della via, fra l'orrore delle cose che vedeva, e l'ansietà del suo destino futuro; e l'altro levando di tratto in tratto al cielo la faccia smunta come per cercare un più libero respiro, e per secondare con quell'atto una speranza interna. «È qui,» disse Fermo con voce tremante accennando la capanna; e v'entrarono che Lucia col volto lagrimoso stava proseguendo il suo racconto. Al riveder Fermo ella trasalì, e al vedere il Padre Cristoforo balzò dal saccone di paglia ov'era seduta, e gli si gettò incontro su la porta. «Oh Padre! ... Signore Iddio! come sta ella?» soggiunse poi tosto vedendogli i segni della morte in volto. «Come Dio vuole, mia buona figlia,» rispose il Frate: «e presto spero starò bene affatto.» «Come? ...» disse Lucia. «Come Dio vorrà,» riprese egli tosto. «Parliamo ora di voi, per cui son venuto.» «Oh Padre! quanto tempo! quante cose!» disse Lucia. «Quante cose!» ripetè il Frate: «e certo se fossimo là ai vostri monti, seduti in su la porta della casetta di quella buona Agnese, mi lascerei andar volentieri a farne lunghi discorsi. Ma qui il tempo è misurato.» E tosto trattala in disparte in un angolo della capanna, continuò: «Fermo mi ha detto che avete fatto voto di non maritarvi.» «È vero,» rispose Lucia, arrossando. «Avete voi pensato allora,» proseguì il vecchio, «che voi avevate un impegno solenne di matrimonio, e che offerivate alla Vergine una libertà della quale avevate già disposto? E che riprendevate una parola già data, senza sapere se quegli che l'aveva ricevuta avrebbe consentito a restituirvela?» «Ho fatto male?» chiese Lucia, con sorpresa, e con un rimorso che non era tutto doloroso. «Avete voi confidato a nessuno questo vostro nuovo impegno?» interrogò di nuovo il Frate: «avete chiesto consiglio?» «Non ho ardito,» rispose Lucia. «Ed ora,» proseguì egli, «che vi dice il vostro cuore di quel voto?» «Che vuol ella che me ne dica?» rispose Lucia arrossando più che mai e chiudendo quasi del tutto gli occhi ch'erano già chini a terra. «Se non lo aveste fatto, lo fareste?» «Se... non fossi in quel pericolo... in un grande pericolo... e poi, se non è permesso... non lo farei.» «Se non lo aveste fatto, sareste tuttavia risoluta di sposare quell'uomo a cui avevate promesso?» «Io credeva... che fosse male il pensarvi... ma poi ch'Ella me ne domanda... ah Padre sì!» Fermo intanto adocchiava ansiosamente verso quell'angolo, e la vedova anch'essa stava in una tacita aspettazione. Il Frate si fece presso a loro, accennando a Lucia, che lo seguì con gli occhi bassi. Allora egli con voce spiegata le rivolse questa nuova interrogazione: «Credete voi che la santa madre Chiesa ha ricevuta da Dio l'autorità di sciogliere e di legare?» «Lo credo,» rispose Lucia. «Credete voi dunque che ella possa in suo nome ricevere, confermare, o rimettere i voti che gli son fatti, interpretando la sua volontà in questo come nel perdono dei peccati, e usando una potestà che tiene da Lui?» «Lo credo,» rispose ancora Lucia. «Domandate voi alla Chiesa di essere sciolta dal voto di verginità che avete fatto, o inteso di fare alla Madre santissima di Dio?» «Lo domando,» rispose Lucia con una prontezza, alla quale Fermo non ebbe nulla a desiderare, e che potrà parere forse troppa a chi non essendo stato presente a quell'atto, non rifletta che la solennità della richiesta, l'aria autorevole di chi l'aveva fatta, non lasciavan luogo a titubamenti leziosi, e che ivi la verecondia doveva essere tutta nella sincerità. «Ed io», disse allora il buon Frate, con tuono ancor più solenne, «prego umilmente la Vergine regina di tutti i santi, che abbia sempre per aggradito il sentimento del vostro divoto e travagliato sacrificio, e lo offra al suo e nostro Signore; e con l'autorità che la Chiesa mi ha affidata, vi sciolgo dal voto, annullando ciò che vi potè essere d'inconsiderato, e liberandovi da ogni obbligazione, se ne avete contratta.» Non parleremo dell'effetto, che queste parole produssero nell'animo dei due giovani: la buona vedova era tutta commossa. Il Frate continuò rivolto a Lucia: «Siate moglie pudica, moglie affettuosa moglie contenta di quella contentezza che conduce all'eterna. Questo Iddio ha voluto e vuole da voi.» Quindi levò le mani verso i due giovani come per parlare ad ambedue. Essi caddero ginocchioni ai suoi piedi, ed egli tutto assorto, e quasi senza avvedersi di quell'atto, stese le mani su le loro teste, e stette un momento pensoso. Erano nel fondo della capanna, come chiusi tra quello e il letto della vedova che teneva gli occhi fissi su di loro: i giovani inginocchiati con la fronte bassa, e il Frate ritto dinanzi a loro con le spalle rivolte alla porta. «Figliuoli,» disse egli, «che ho amati, e che amerò sempre, ricordatevi che se la Chiesa vi assolve da un sagrificio, non lo

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