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Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 107a chiedergli ajuto. Questi che stava all'erta aspettandosi che la sua presenza sarebbe domandata in qualche luogo, accorse tosto, e con alcuni alabardieri arrivò che la moltitudine cominciava a spessarsi dinanzi alla bottega. «Largo, largo,» gridava il capitano, gridavano gli alabardieri, e si appostarono sulla porta. La folla si condensava vie più, quei di dietro spingendo i primi. «Figliuoli, a casa... che cosa è questa? ... animo... via gente dabbene, buoni figliuoli... ahi canaglia!» Una pietra lanciata dalla retroguardia degli assalitori colpì la cucuzza del Capitano all'ultima sillaba di figliuoli. «Ahi! ah! canaglia. Quel temerario... Alabardieri, disperdete questi birboni.» «Indietro, indietro», gridavano gli alabardieri, sospingendo i primi, ma invano. «Animo! animo!» gridava il capitano, «rispingeteli almeno tanto che chiudiamo le porte; da bravi! Indietro! indietro!» Gli alabardieri, uniti, fecero impeto tanto che i fornaj potessero afferrare le imposte e farle girare sui cardini, a misura che queste si racchiudevano gli alabardieri si ritiravano insieme, e gli uni e gli altri si chiusero al di dentro. «Apri! apri!» urlava la folla al di fuori, percotendo le porte. «Via! via!» si rispondeva da quei di dentro che si tenevano calcati alle imposte per fermarle contra gli urti. Il Capitano di giustizia intanto fattosi visitare ad un alabardiere e toccato egli con la mano il luogo della percossa, fu certo che non era altro che una bernoccola, onde rincorato salì le scale, e si fece ad una finestra, dove presa una imposta di dentro, come scudo e cacciando fuori da quella il capo, e la mano per ottener silenzio: gridava a quanto fiato aveva in corpo: «Che timor di Dio è questo?» Una vociferazione, immane, confusa, nella quale non si distinguevano altre parole che, «pane! pane! apri! apri!» copriva la voce del Capitano. «Che dirà il re nostro signore?» gridava egli. «Pane! pane! apri! apri!» «Indulgenza plenaria, perdono a chi torna a casa,» gridò egli di nuovo, sporgendo il capo con precauzione: ma viste più mani nella folla che si movevano a lanciargli un secondo biscottino, si ritirò. Alcuni garzoni del forno, s'avvisarono di rompere il selciato d'un cortiletto; e tolte molte pietre, salirono con quelle al piano superiore, e fattisi alle finestre, minacciarono di gettarle sugli assalitori se non si ritiravano. «Ah cani! vi faremo in pezzi;» urlava il popolo, e non si ritirava: le pietre cominciarono a scendere; molti ne furono malconci, e due ragazzi ne rimasero morti. Il furore crebbe la forza della moltitudine: le porte furono spezzate, le ferriate delle finestre del pian terreno scassinate e divelte, e la bottega aperta agli assalitori. I fornaj, gli alabardieri, il Capitano si rifuggirono in fretta sul solajo, dove s'appostarono alle uscite che davano sui tetti, per farsela da quella parte, alla meglio, se il pericolo si fosse avvicinato anche a quel rifugio. Per buona loro ventura, i vincitori si curavano per allora più di preda che di carnificina. I primi entrati si gettarono sui cassoni del pane, e li posero a sacco: la folla si sparse dalla bottega nei magazzini ov'erano le farine: quelli che afferrarono i sacchi, gli sciolsero e perchè non avrebbero potuto caricarli e portarseli via con tutto quel peso, gittavano una parte della farina, e portavano il resto: altri raccoglievano come potevano quella farina, riponendola negli abiti loro, nei cenci che trovavano. Alcuni i quali erano venuti con più profonda intenzione, andarono al banco, lo spezzarono, tolsero le ciotole dei danari, gli intascarono a manate, e sdrucciolando tra la folla andarono a casa a vuotarle, per tornare a nuove faccende. Frattanto lo stesso assalto si dava ad altri forni: in alcuni i padroni resistevano e si chiudevano a difesa, in altri, distribuendo tutto il pane a quegli che si facevano innanzi stornavano il saccheggio finito, e la distruzione. Le cose erano a questo punto quando Fermo si avanzava sulla via appunto di quel forno dove aveva cominciato ed era maggiore il tumulto. Andava egli ora spedito, or ritardato tra una folla di gente che procedeva verso il campo di battaglia, e di gente che tornava carica: guatava andando, e origliava per conoscere un po' più chiaramente lo stato delle cose. V'era un ronzio confuso di clamori e di discorsi: noi riferiremo quei pochi che Fermo potè intendere a misura che mutava di vicini, procedendo tra la calca, e sostando di tratto in tratto per una qualche fermata improvvisa della moltitudine. «Ecco scoperta l'impostura infame di quei birboni che dicevano, che non c'era pane, nè farina, nè frumento. Adesso si vede la cosa sincera, e non ce la potranno più dare ad intendere. Viva l'abbondanza!» «Vi dico io, che tutto è niente, è un buco nell'acqua, se non si fa una buona giustizia di quei birboni. Metteranno il pane a buon mercato, ma hanno proposto di attossicarlo per ammazzare la povera gente. Hanno posto il partito nella giunta, e io lo so di certo, l'ho inteso con questi orecchi da una mia comare che è amica della lavandaja d'uno di quei signori.» «Largo, largo, signori, dieno il passo ad un povero padre di famiglia che porta da mangiare a cinque figliuoli che muojono di fame.» Così diceva uno che barcollava sotto un gran sacco di farina; e i vicini si stringevano per dargli il passo. «No, no, no,» diceva sommessamente, e con aria misteriosa all'orecchio d'un suo compagno, un altro. «Io son uomo di mondo, so come vanno queste cose, e me la batto. Questi baggiani che fanno ora tanto schiamazzo, domani staranno tutti cheti a casa loro, ognuno dirà, io non c'era, oppure: è stato il tale che mi ha strascinato: no no: largo da questi garbugli. Ho già vedute certe facce, di uomini che fanno l'indiano e notano tutti, e domani poi: ... si cavano le liste, e chi è sotto è sotto.» Queste parole diedero un momento da pensare a Fermo, ma il vortice lo trasportava; e un discorso ch'egli intese subito dopo, rinnovando e riscaldando l'indegnazione ch'egli sentiva con tutti gli altri soffocò le considerazioni di prudenza che gli consigliavano di tornare indietro. «Si sa tutto,» diceva una voce più sonora dell'altra: «è scoperta la gran cabala orrenda. È il vicario di provvisione che ha mandato un gran cavaliere travestito da merciajo a parlare col re di Francia: e si sono intesi: il re ha fatto promettere al vicario uno scudo d'oro per ciascun milanese che sarebbe morto di fame; e così, quando il paese sarebbe stato vuoto, il re veniva innanzi per diventar padrone egli.» «Era ordita la trama di farci morir tutti: tanto è vero che mettevano attorno che il gran cancelliere è un vecchio rimbambito, per togliergli il credito, e comandare essi soli.» «Finora va bene, ma se avremo giudizio, bisognerà far prima la festa a tutti i forni, e poi andare dai mercanti di vino: sono tutti birboni d'un pelo, d'accordo coi fornaj per far morire la povera gente di fame e di sete.» «Ah tiranni! cani! scellerati! metterli in una stia a vivere di veccia e di loglio, come volevano trattar noi.» In mezzo a questi discorsi giunse Fermo, a forza d'urti dati e ricevuti, dinanzi a quel forno. Lo spettacolo era lurido e spaventoso. Le mura intaccate da sassi e da mattoni, le finestre sgangherate, diroccata la porta, quella casa pareva un gran teschio disotterrato; alle finestre, alla porta si vedeva gente affaccendata a compire l'opera della distruzione, a strappare il resto delle imposte: al di dentro erano altri che con asce spezzavano le gramole, i buratti, i cassoni, le panche, le madie, altri che prendevano a fasci i rottami, le corbe, le pale, i registri delle partite, i mobili, e portavano tutto al di fuori. I guastatori si avviarono con questo peso alla vicina piazza del duomo, e quivi accatastate tutte quelle materie v'appiccarono il fuoco, ponendosi intorno a godere quel falò, acclamando con bestemmie, con canti di trionfo, con promessa di ricominciare ben tosto Tag: altri capitano folla tutti pane gente gran tanto dentro Argomenti: povero padre, impeto tanto Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Marocco di Edmondo De Amicis Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Garibaldi di Francesco Crispi Le femmine puntigliose di Carlo Goldoni Le sottilissime astuzie di Bertoldo di Giulio Cesare Croce Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Offerte Capodanno Caracas Il trucco giusto per gli occhi celesti Il Boa constrictor Valorizzare il proprio fisico vestendosi bene Cosa bisogna sapere sul coniglio nano testa di leone
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