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Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 115con la sinistra, e preso con la destra il braccio di Fermo: «andiamo», disse, e si avviò reggendo e traendosi dietro il suo ospite. Fermo, però s'arrestava di tratto in tratto, e, gettandosi verso la brigata, col braccio che gli rimaneva libero andava iscrivendo nell'aria certi saluti, a guisa d'un nodo di Salomone, ai quali le braccia e le voci della brigata rispondevano in modo poco dissimile. Ma l'oste scotendolo, lo tirava verso una porticina, tanto che potè entrarvi e mettersi su una scaletta angusta di legno, per la quale dando a Fermo un avviso ad ogni scalino, lo tirò nella stanza. Quivi Fermo si guardò intorno, e disse: «bene! bravo! galantuomo! son contento». Poscia forzandosi di fissare in faccia all'oste due occhietti che luccicavano e si oscuravano a vicenda come lucciole, appoggiandosi sul destro piede per chinarsi verso l'oste, e ricadendo poi indietro sul sinistro, stendendo verso la faccia dell'oste la mano coll'indice e col medio tesi piegati al mezzo, e aperti, per farle quella carezza di protezione amorevole che in milanese si chiama una mezz'oncia, senza però poter mai giungere ad afferrare quella guancia liscia e rubiconda dell'oste, disse con una cera tra amichevole e corrucciata: «Ah! oste, oste! furbaccio! tu mi hai voluto fare un tiro da nimico... ma, la ti è venuta busa, perchè... perchè io sono un mariuolo... e tu però non hai trattato bene, perchè... tu dovresti tener la parte dei buoni figliuoli... e non di quelli che fanno le gride, perchè... quelli che fanno le gride, non vengono a bere il tuo vino... povero minchione che tu sei... e non ti danno un becco d'un quattrino perchè... sono superbi, e avrebbero paura di sporcarsi la tonaca e... non sono gente di buona compagnia... che basta veder il Ferrer, che è il meglio di tutti e pare... un dottore di medicina ammalato... dunque chi ti fa andare la bottega... chi è, chi non è... sono i buoni figliuoli.» L'oste, il quale non avrebbe creduto che Fermo fosse ancora in caso di mettere insieme tante parole con un senso tal quale, pensò di approfittare di quel momento lucido per fargli intendere la ragione, e schifare un impaccio a tutti e due, e gli disse: «Sì, sì, io son tutto pei buoni figliuoli; ma vedete bene... quelli che comandano, vogliono essere obbediti; mi capite... abbiate giudizio, facciamo le cose qui fra noi da buoni amici; ditemi tosto il vostro nome, la patria, la professione, il negozio per cui siete venuto: in un momento è finita, e poi andate a letto e buona notte.» «Ah! cane!» disse Fermo levando la voce; «tu mi torni in campo col negozio... adesso capisco tu sei della lega... aspetta, aspetta...» Così gridando Fermo, si avviava barcollante verso la scala ma l'oste lo rattenne: e vedendo che s'egli insisteva Fermo avrebbe gridato sempre più e sarebbe stato inteso dalla brigata, la quale certamente avrebbe prese le parti di quello, ricordandosi che in quel giorno il potere era nelle mani di quelli che erano soliti obbedire, e non si poteva prevedere quando sarebbe loro ritolto, pensando che quand'anche al ritorno della tranquillità un ordine revochi e dichiari nulli tutti gli atti della rivolta, le busse toccate una volta sono irrevocabili, stimò che la faccenda più pressante era di acquetar Fermo; e con voce più sonora di quella di Fermo gli gridò: «ho detto per ridere: non lo avete capito, che ho detto per ridere?» «Ah! ora tu parli bene, da buon figliuolo,» rispose Fermo, acquetandosi tosto: «per ridere; ... sono proprio cose da ridere... dunque le gride.» «Dunque, andate a dormire,» disse l'oste, «che troverete un letto da galantuomo. Via spogliatevi, presto, da bravo.» E mentre andava così facendo animo a Fermo con la voce, il malandrino diceva fra sè: – pezzo di minchione! se vuoi affogare, affoga, per me son certo di cavarmene, ma tu, resterai solo nell'impaccio –. Fermo intanto si andava spogliando, e interrompeva questa operazione con mille ciancie, e con mille atti strani, che l'oste sofferiva pazientemente per una buona ragione. Quando Fermo s'ebbe tratto il farsetto, l'oste lo prese, pose le mani su le tasche per vedere se v'era la postema, e fatto certo del sì, volle tentare di avere il suo conto prima di abbandonar Fermo quella sera, prevedendo che l'indomani probabilmente Fermo avrebbe avuti altri affari, e la postema sarebbe stata in deposito presso a gente che non si sarebbe data premura di pagar l'oste. Disse dunque, tenendo il farsetto: «Voi siete un buon figliuolo, n'è vero? volete le cose giuste?» «Buon figliuolo...» rispose Fermo. «Dunque,» replicò l'oste, «saldate ora il vostro conterello, perchè domattina, io debbo correre qua e là per mie faccende.» «Oh! questo sì,» disse Fermo, «questo è giusto: son mariuolo, ma galantuomo.» L'oste si diede fretta di domandare quello che gli veniva, ajutò Fermo a cavare i danari dalla tasca, a noverarli, tolse il suo pagamento, e dato delle mani a Fermo per ajutarlo a salire sul letto, gli disse, «buona notte.» Fermo si lasciò cadere sul letto, mormorò fra i denti: «buoni figliuoli», e cominciò a russare. L'oste, stirata la coltre di sotto il corpo di Fermo, gliela accomodò indosso alla meglio; quindi, ripresa la lucerna con la sinistra, gliela sollevò sul capo, e stesa la destra contra il lucignolo perchè la luce cadesse sul dormente, si fermò a contemplarlo un momento, nell'atto che vediamo dipinta Psiche quando sorge a spiare furtivamente le forme del consorte sconosciuto: e disse: «Matto minchione! tu l'hai voluto: sei andato proprio a cercarla col lanternino; tal sia di te.» Dette queste parole come per isfogo, e per una apologia anticipata, si mosse, abbassò la sua lucerna, e la pose dinanzi a sè, uscì, volse la chiave nella toppa, e chiuse così Fermo nella stanza, e s'avviò per la scala verso la cucina. Ma nel fare tutte queste operazioni, e nello scendere, continuava tra sè la allocuzione che aveva cominciata dinanzi a Fermo, favellando con l'assente come aveva fatto coll'addormentato. – In un giorno come questo – proseguiva egli – colla mia prudenza, io era venuto a capo di salvare la capra e i cavoli, di passarmela liscia; e il diavolo doveva mò proprio portarti alla mia osteria per guastarmi il mestiere. Se tu fossi venuto solo, avrei potuto lasciarti addormentare su la tua panca, e quando tutti fossero partiti, portarti fuora, e collocarti in un canto della strada al fresco, e domattina poi ti saresti svegliato un po' ingranchito, ma fuor d'impicci tu ed io. Ma tu invece, pezzo d'asino, hai pensato anche a condur teco un testimonio. – A questo punto della sua arringa mentale, l'oste si trovò in cucina, girò un'occhiata per vedere se tutto era in regola, fece un cenno con l'occhio all'ostessa che nella sua assenza presiedeva con la prudenza e con l'imparzialità del mestiere la brigata procellosa; e quindi staccò il mantello da un cappellinajo, e se lo pose indosso, continuando tuttavia: – E che testimonio! Pare che tu avessi paura di passartela senza impicci; volevi proprio far le cose a dovere per tirarti una tegola sul capo. – Qui staccò pure il cappello, e lo pose in capo. – Va che sarai servito: tua colpa: tangheri, che volete girare il mondo, senza saper da che parte nasca il sole. – Qui tolse da un canto un buon randello, s'avviò alla porta, e uscì nella via, sempre continuando la sua orazione. – Io ho fatto quello che ho potuto per salvarti, e tu bestia, in ricompensa, per poco non mi hai messa a romore l'osteria. Ora cavatene come potrai: per me, chi che sieno per essere i pazzi che comanderanno domani, io sono a cavallo: faccio la mia deposizione, e sono in regola: quelli che hanno comandato così, sono soddisfatti; e quelli a cui non piace non ne sapranno niente. – Le vie brulicavano ancora di gente, che andava e veniva in troppa; come le onde del mare quando il più sperto pilota non saprebbe affermare, se la burrasca sia sul finire, o sul ricominciare: Tag: fermo oste letto avrebbe sarebbe buoni brigata capo tutti Argomenti: destro piede, medio tesi, protezione amorevole, momento lucido Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Fior di passione di Matilde Serao Garibaldi di Francesco Crispi Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi La sposa persiana di Carlo Goldoni Le femmine puntigliose di Carlo Goldoni Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Le esposizioni di bellezza per i cani Residence Sant'Anna del Volterraio Vacanza Mauritius, l'Isola del Sorriso Capo Verde, un'oasi di mare a due ore di aereo da casa Offerta capodanno a Lussemburgo
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