Frasi Belle - Le più belle frasi dolci e romantiche online e altro
|
||||
Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 164ben venuta in queste parti; andiamo a sedere, e a discorrere tranquillamente dei fatti nostri. Perchè,» continuò egli camminando, «quello che s'ha da fare voglio che lo facciamo presto; che è troppo giusto. Non mi piace, vedete, far penare la gente. E principalmente voi, figliuoli cari,»: e qui eran giunti nella sala, e fatti sedere da Don Abbondio, che proseguì: «principalmente voi, ai quali ho sempre voluto bene. Ma che volete? Alle volte bisogna far bella cera a quegli che si vorrebbero veder lontani le mille miglia, e cera brusca a quelli che si amano: si pare amici dei birboni, e nemici dei galantuomini; ma, santo cielo! bisogna vestirsi dei panni d'un povero galantuomo. Basta; è finita; veniamo a noi. Figliuoli, non bisogna perder tempo; oggi, che giorno è? ... Venerdì: posdomani rinnoveremo le pubblicazioni; perchè quelle altre già fatte, dopo tanto tempo, non valgono più nulla; e poi voglio avere io la consolazione di maritarvi; e subito subito, voglio darne parte a Sua Eminenza.» «Chi è Sua Eminenza?» domandò Agnese. «Il nostro arcivescovo,» rispose Don Abbondio, «quel degno prelato: non sapete che il nostro santo padre Urbano ottavo, che Dio conservi, fino dal mese di Giugno, ha ordinato che ai cardinali si dia il titolo di Eminenza?» «Ed io,» replicò Agnese, «che gli ho parlato, come parlo a Vossignoria, ho inteso che tutti gli dicevano: Monsignore illustrissimo.» «E se gli aveste a parlare ora,» replicò Don Abbondio, «dovreste dirgli: Eminenza, sotto pena di passare per malcreata, o per ignorante. Così ha voluto il papa: è ben vero che alcuni principi sono in collera, e non vorrebbero questa novità: ma, tra loro magnati se la strighino: io povero pretazzuolo non ho di questi affanni. Torniamo al fatto nostro. Voglio che stiamo allegri: abbiamo avuto tanto tempo di malinconia. Farete un po' di banchetto: eh?» «Da poveri figliuoli,» rispose Fermo. «Ed io verrò a stare allegro con voi; verrò, vedete,» disse Don Abbondio. «Oh signor curato,» rispose Fermo, «intendevamo bene di pregarla...» «Ed io vi ho prevenuti,» riprese Don Abbondio, «per farvi vedere che vi sono amico; che vi voglio bene, quantunque m'abbiate dato anche voi qualche travaglio: non parlo di te che sei un malandrinaccio,» disse rivolto a Fermo, sorridendo, «ma anche voi con quell'aria di quietina:» e qui rivolto a Lucia, e alzata la mano con l'indice teso, e stretto il rimanente del pugno la moveva verso di essa in atto di amichevole rimbrotto; e continuò: «bricconcella, anche voi mi avete voluto fare un tiro: quella sera: quella sorpresa: quel clandestino: basta non ne parliamo più; quel ch'è stato è stato: non è colpa vostra; è un mio destino, che tutti più o meno debbano darmi qualche fastidio: tutto è finito: pensiamo a stare allegri.» Lucia sorrise; Agnese stava per aprir la bocca ad argomentare contra Don Abbondio, e provargli che il torto era suo; ma Fermo le fece cenno di tacere; e rispose egli in vece con un complimento al curato; e con qualche altro complimento, il congresso finì con universale soddisfazione. Il tempo che scorse tra le pubblicazioni e le nozze, fu impiegato dagli sposi ai preparativi pel traslocamento a Bergamo, e pel trasporto colà del loro modico avere, e Agnese, la quale come il lettore se n'è avveduto, pareva sempre voler dominare nei discorsi, ma in fatto, povera donna, viveva per gli altri, e faceva a modo dei suoi figlj, anche in questo caso si arrabbattò per la causa comune: la vedova anch'essa non lasciava di dare una mano. Forse taluno di quegli che credono di veder meglio negli affari altrui, a prima giunta, che non vegga colui di chi sono gli affari, dopo avervi molto pensato, domanderà per qual motivo quella famiglia volesse abbandonare il luogo natale, la sua casuccia, il suo picciol fondo, ora che era tolto di mezzo colui che gl'impediva di posarvisi tranquillamente. Per tre ragioni principalmente. La prima: quantunque Fermo allora non ricevesse alcuna inquietudine per quella sua impresa di Milano, e la cattura fosse un titolo inoperoso; pure un sospetto, una reminiscenza, un mal uficio, poteva far risorgere l'antica querela, e rimetterlo in Dio sa quale impiccio. La seconda, è una di quelle ragioni che nel parlare astratto non si contano quasi per nulla, ma che nel caso concreto sono più potenti a determinare che molte altre. Ciò che Fermo aveva sofferto, e temuto nel suo paese, gliel'aveva reso spiacevole: il suo paese gli ricordava le angherie d'un soverchiatore, i pericoli della prigione, e di peggio, poi il furore del popolo, che lo cercava a morte. Memorie di questo genere disgustano l'uomo dai luoghi che le richiamino, e se quei luoghi sono la patria, ne lo disgustano tanto più, appunto perchè gli guardava prima con fiducia, e con affezione. Anche il bambolo riposa volentieri sul seno della nutrice, rifugge a quello da tutti i terrori, cerca con avidità la poppa che lo ha nutricato fin allora, e s'accheta quando l'ha presa: ma se la nutrice, per divezzarlo, intinge la poppa d'assenzio, il bambino torce con dolore e con pianto il labbro da quella nuova amaritudine, e desidera un cibo diverso. Finalmente, i nostri sposi erano entrambi lavoratori di seta: triste circostanze gli avevano costretti a dismettere per molto tempo la loro professione; ma nè l'uno nè l'altro aveva amore all'ozio; e il loro disegno era di ripigliare tosto il lavoro per vivere tranquillamente e onestamente, e per nutrire ed allevare i figliuoli che speravano, come tutti gli sposi fanno. Ora l'industria della seta, come tutte le altre era già decaduta spaventosamente nel milanese, prima di quelle recenti sciagure; e queste le avevan poi dato l'ultimo crollo. Non è questo il luogo di descrivere quello stato di cose, e di toccarne le cagioni. Già molte nemiche d'ogni industria e d'ogni prosperità appajono anche troppo in questa lunga storia: chi volesse conoscere le più immediate legga, se non le ha lette, le belle memorie storiche del conte P. Verri sulla economia pubblica dello Stato di Milano; e se vuol conoscere più a fondo, frughi nei documenti originali, da cui quel valentuomo ha cavate le sue memorie. Basti a noi il dire che l'uomo il quale aveva abilità e voglia di lavorare, stentava nel Milanese, e che nel Bergamasco, come in altri stati vicini si offerivano esenzioni, privilegii, ed altri incoraggiamenti ai lavoratori che volessero trasportarvisi. Questa differenza fece uscire una folla di operaj, e rivivere in quegli stati molte manifatture che perirono nel milanese dove avevano fiorito. Differente per conseguenza era anche l'aspetto dei due paesi. In Bergamo (non vogliam dire che fosse il paradiso terrestre) dopo la pestilenza, si vedevano tuttavia i tristi segni, e i tristi effetti di quella: la spopolazione, le terre incolte, l'ardire cresciuto nei ribaldi, le abitudini dell'ozio, e del vagabondare: ma in quella petulanza stessa v'era una certa aria di allegria nata se non dalla abbondanza, almeno dalla sufficienza dei mezzi e dei capitali: quegli poi che avevano voglia di far bene trovavano in quei capitali una facilità grande e pronta. Ma nel Milanese una cagione viva e incessante di miseria sopravviveva alle miserie della peste; un sistema che onorava l'orgoglio ozioso, che favoriva la soverchieria perturbatrice, che alimentava tutti gli studj del raggiro, e delle ciarle, un sistema oppressivo e impotente, insensato e immutabile, un sistema di rapine e di ostacoli, impediva l'industria, la pace, e l'allegria. Scelta dunque un'altra patria, i nostri eroi, erano però impacciati del come convertire in danaro i pochi beni che dovevano lasciare nel paese dove erano nati: ma la fortuna – non osiamo dire la provvidenza – la fortuna che voleva favorirli in tutto, come uno scrittore che voglia terminar lietamente una storia inventata per ozio, trovò un ripiego anche a questo. I beni di Don Rodrigo erano passati per fedecommesso ad un parente lontano; il quale Tag: don fermo voglio tutti tempo prima milanese bene altri Argomenti: tanto tempo, santo padre, caso concreto, padre urbano, facilità grande Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Il benefattore di Luigi Capuana La sposa persiana di Carlo Goldoni Le femmine puntigliose di Carlo Goldoni Le sottilissime astuzie di Bertoldo di Giulio Cesare Croce Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Valorizzare il proprio fisico vestendosi bene Spunti per scrivere un libro Come pulire i gioielli d'oro Il trucco giusto per gli occhi celesti Il Boa constrictor
|
||||