Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 33

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rispose con ringraziamenti6. Egli che era stato cortigiano nella sua giovinezza, rifiutò di sedere alla mensa di un principe per non privare i suoi figli della sua compagnia. In pace con sè, col genere umano, e coi letterati, egli trascorse vent'anni libero da quelle passioni che avevano agitata la sua prima età, e non si può proprio dire per questo che fosse rimbambito, poichè scrisse «Atalia». Questi è quel Giovanni Racine, che si pentiva di avere scritte rime d'amore. Che di questi due uomini il debole fosse il secondo, si può certamente dire, se ne dicono tante! ma per me, non posso persuadermene. – Dunque secondo voi, aveva ragione di pentirsi: dunque se non fosse rimasto che un esemplare delle tragedie amorose di Racine, se questo esemplare fosse stato in vostra mano, se Racine ve lo avesse chiesto per abbruciarlo, per privare la posterità d'un tale monumento d'ingegno, voi avreste...? non ardisco quasi interrogarvi. – Io glielo avrei dato subito perchè quel brav'uomo potesse aver la soddisfazione di gettarlo sul fuoco. Come! voi credete che si sarebbe dovuto esitare a togliergli dal cuore questa spina? Gliel avrei dato subito, perchè il dispiacere ragionato, serio, riflessivo, nobile di Racine era un sentimento più importante, che non sia stato e non sia per essere il piacere che hanno dato e che sono per dare le sue tragedie fino alla consumazione dei secoli. – Queste sono ciarle; ma avete pensato che con questi stralci voi vi andate scemando sempre più il numero de' lettori; e che se avrebbero potuto essere centinaja, sa il cielo se li conterete a dozzine? – Voi mi ci fate pensare; ma, a dir vero, non arrivo a sentire la forza di questo inconveniente. – Ma voi volete privarvi volontariamente dei mezzi più potenti di dilettare, di quei mezzi che anche in mano della mediocrità possono talvolta produrre un grande effetto? – Se le lettere dovessero aver per fine di divertire quella classe d'uomini che non fa quasi altro che divertirsi, sarebbero la più frivola, la più servile, l'ultima delle professioni. E vi confesso che troverei qualche cosa di più ragionevole, di più umano, e di più degno nelle occupazioni di un montambanco che in una fiera trattiene con sue storie una folla di contadini: costui almeno può aver fatti passare qualche momenti gaj a quelli che vivono di stenti e di malinconie; ed è qualche cosa. Ma, per non ingannarvi, avvertite che in tutte queste ciarle che abbiam fatte finora, non abbiam detto nulla o quasi nulla sul fondo della quistione. Voi non lo avete toccato; ed io sono rimasto, rispondendovi, in quella sfera dove vi siete posto: abbiam ciarlato di fuori, come si usa. Che se volete veder qualche cosa sul fondo della quistione, andate di grazia a quegli scrittori di cui abbiam fatto cenno; o pure pensateci un po' seriamente voi stesso. – Pensarci? Per giungere a queste belle conseguenze? Sappiate che, a porre insieme le idee di un Vandalo e d'una donnicciuola... – Sparisci; e torniamo alla storia. Dove siamo? Il nostro autore non lo dice, anzi protesta di non volerlo dire. Abbiam già avvertito che delle due classi fra le quali era divisa la società al suo tempo, di circospetti cioè e di facinorosi, d'uomini che avevano, e d'uomini che facevano paura, egli apparteneva alla prima. La sua timida discrezione raddoppia però a questo punto della narrazione: e il progresso della narrazione stessa ne fa vedere il motivo. Le avventure di Lucia nel suo novello soggiorno si trovano implicate con intrighi tenebrosi, rematici, misteriosi, terribili, di persone che deggiono essere state potenti, e imparentate assai: e l'autore si scopre impacciato tra il desiderio di raccontare quello che sa, e il terrore di offendere di quelle famiglie il mormorare contra le quali era un peccato punito in questo mondo. Quindi egli va col calzare del piombo, e narrando i fatti, sopprime tutte le indicazioni che potrebbero servir di filo a trovar le persone, e fra queste indicazioni anche quella del luogo. Ma in questa parte almeno egli non è stato destro abbastanza, e noi possiamo annunziare senza timore d'ingannarci il luogo dove si è fermata Lucia: poichè l'autore senza avvedersene ci ha dato un filo che condurrebbe alla scoperta anche un ragazzo. Egli dice in un passo del suo racconto che Lucia giunse ad un borgo nobile e antico al quale di città non mancava che il nome; altrove parla del Lambro che vi scorre: altrove ancora dice che v'era un arciprete: con queste indicazioni non v'ha in Europa uomo che sappia leggere e scrivere, il quale tosto non esclami: Monza. La madre e la figlia si trovavano dunque, dopo la partenza di Fermo, solette in una osteria di Monza, senza alcuna pratica del paese, senza alcuna conoscenza, non avendo in così alto mare altra bussola che la lettera del Padre Cristoforo. La lettera era diretta al Padre Guardiano dei Cappuccini. Agnese chiese conto del convento alla moglie dell'albergatore; la quale non lo diede che dopo aver tentata ogni via per avere un pagamento anticipato di un così picciol servizio, in tante informazioni, sul nome e sulla qualità delle donne, sui motivi del loro viaggio, sugli affari che potevano avere col Padre Guardiano. Ma le donne, alle quali era stato dal loro protettore raccomandata la discrezione, seppero ingannare le ricerche della ostessa, la quale fu obbligata di insegnar loro gratuitamente la via del convento. Si mossero quindi tosto benchè dovessero risentirsi del travaglio della notte e del giorno antecedente: la lepre cacciata non sente la stanchezza che quando ha trovato un ricovero. Agnese a cui l'aspetto di Monza non era nuovo perchè v'era passata molti anni addietro, nè imponente perchè aveva soggiornato a Milano, camminava francamente guidando e incoraggiando Lucia, la quale andava rasente il muro tutta sospettosa. Girando di via in via, e ad ogni rivolta di canto trovando ancora vie e case, era Lucia colpita da una maraviglia mista di non so quale afa, come chi vede una brutta grandiosità. Ma il sentimento predominante di accoramento e di terrore non le dava campo di esprimere quello che allora provava, nè di provarlo distintamente e con forza. Giunte alla porta del convento, tirarono il campanello, e al portinajo che sopravvenne chiesero del padre guardiano al quale avevano una lettera da consegnare. Quando Lucia vide una tonaca cappuccinesca le parve di essere in paese conosciuto, e si riebbe alquanto. Il padre guardiano non si fece aspettare, salutò le donne, prese la lettera dalle mani di Agnese, e veduta la soprascritta, disse con una voce che annunziava la compiacenza: «Oh! il mio Padre Cristoforo.» Il Padre Cristoforo era stato suo collega nel noviziato; e d'allora in poi essi avevano contratta una amicizia da chiostro, voglio dire una amicizia cordiale, intima più che fraterna, simile a quelle che si narrano di qualche pajo d'uomini dell'antichità, di quelle che si formano in tutte le società separate con vincoli particolari dalla società universale degli uomini. Queste frazioni, questi crocchj creano fra tutti i membri che li compongono un vincolo particolare d'interessi, di amor proprio comune e di benevolenza, vincolo talvolta debole assai e che non basta ad impedire odj accaniti e mortali, ma forte però abbastanza per contenere gli odj nell'interno della picciola società, e per dare a quegli stessi che si odiano una apparenza, e una condotta da amici ogni volta che essi si trovino in contrasto cogli estranei. Quando poi una conformità di sentimenti e di inclinazioni, crea fra due individui di queste società una benevolenza particolare ella è tanto più forte quanto più essi si sono scelti in un picciol numero già separato dal resto degli uomini. Il padre guardiano aperse la lettera, e di tempo in tempo alzava gli occhj dal foglio e guardava Lucia e la madre con aria di compassione e d'interessamento. Quand'ebbe terminato, crollò alquanto il capo, pensò, passò la mano sul mento barbuto, e quindi

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Argomenti: alto mare,    novello soggiorno,    borgo nobile,    società universale,    vincolo particolare

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