Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 15

Testo di pubblico dominio

appariva ragionevole, e pensando pel resto che un omicida non doveva esser trattato con molte cerimonie. Divenuto frate professo egli si consacrò specialmente in quanto dipendeva dalla sua scelta a tre sorta di servizi: assistere moribondi, comporre dissidj... e proteggere gli oppressi. A questa ultima occupazione era egli portato dalla antica abitudine, la quale operava in lui con motivi più puri, e da un resto di spirito guerriero che le umiliazioni e le macerazioni non avevano sopito. Il suo linguaggio come le sue azioni mostravano a chi l'avesse attentamente considerato i segni di questo spirito indeboliti ad ogni momento da uno sforzo continuo, ma non mai cancellati del tutto. Era a quei tempi comunissima a tutte le classi di persone l'usanza d'infiorare il discorso di quelle parole delle quali quando si vogliono stampare non si pone che l'iniziale con alcuni puntini, di quelle parole che esprimono o ciò che vi ha di più sozzo o ciò che vi ha di più riverito, di quelle parole le quali quando scappano ad un signorino nella puerizia, fanno fare viso dell'arme alla mamma, e la fanno sclamare: «ohibò! dov'hai tu inteso questo: nella via o dai servitori certamente» (e l'avrà inteso dal signor padre) di quelle parole che non sono sconosciute nelle sale fastose, e che formano la terza parte dei colloquj del popolo, al quale dicono alcuni sapienti che converrebbe abbandonarle; ma questi sapienti non dicono bene, perchè comunque gli uomini sieno classificati, non vi ha alcuna classe d'uomini alla quale convenga ciò che è turpe. Quest'uso era adunque comunissimo in allora, e chi ne vuol la prova dia una occhiata alle leggi che bestemmiavano pene atroci per impedir la bestemmia, guardi alla cura che i vescovi prendevano per togliere questa vergogna dal clero stesso. Il signor Ludovico aveva fatto un tale uso di queste frasi che la lingua del Padre Cristoforo durava fatica a rimandarle tutte le volte che si presentavano, cioè ad ogni primo impeto di passione di qualunque genere; ma il Padre Cristoforo faceva stare la sua lingua. Solamente in certi casi rari, nei quali la passione era tanto viva che quasi quasi Cristoforo tornava per un momento Ludovico, veniva ad un componimento. Si proferivano le parole, ma trasformate: ad alcune consonanti radicali n'erano sostituite altre che toglievano il senso ordinario alla parola, e lasciavano soltanto travedere una lontana intenzione, quasi un bisogno di proferirla. Così mutato, trasformato, temperato era l'animo, in modo però che riteneva alquanto dell'antica sua natura. Abbiamo già detto che la Lucia si confessava dal Padre Cristoforo, e che gli aveva confidate le sozze persecuzioni di Don Rodrigo. È quindi naturale che il Padre accorresse alla chiamata di Lucia con ansia tanto più grande, che avendole egli dato consiglio di non palesar nulla, e di starsene quieta sperando che la burasca passasse, temeva ora che il suo consiglio fosse stato cagione di qualche nuovo pericolo; ed alla sollecitudine di carità che gli era naturale, si aggiungeva quello scrupolo delicato che tormenta i buoni. Ma frattanto che noi siamo stati a raccontare i fatti del Padre Cristoforo, egli è giunto, si è affacciato alla porta; e le donne lasciando il manico dell'aspo che facevano girare e stridere, si sono alzate, dicendo ad una voce: «Oh Padre guardiano!» cap. 5
Il tentativo Il qual padre guardiano si fermò ritto sulla soglia, e vedendo le due donne sole, abbassò gli occhi, e si raccolse un momento, come era uso a fare dacchè era divenuto capuccino, tutte le volte che si trovava solo in presenza di qualche persona di quel sesso terribile, che non avesse l'età prescritta alle fantesche dei curati. Rialzando poi lo sguardo, s'accorse al volto turbato delle due donne che i suoi presentimenti non erano fallaci; e soprastato alquanto sulla soglia come per aspettarne la trista conferma, disse con quel tuono di interrogazione che si risente già di ciò che deve significare una risposta troppo preveduta: «E bene?» Lucia rispose con uno scoppio di pianto. La madre cominciò dal chiedere scuse infinite al padre guardiano dell'avere ardito incomodarlo, ma egli si avanzò e postosi sur un sedile contesto di alga, troncò tutte le scuse, e dopo aver detto a Lucia: «quetatevi povera figliuola», domandò di essere informato di tutto brevemente. Il buon Padre ben si accorgeva di mettere una condizione un po' dura e difficile; Agnese gli raccontò tutta la trista storia del giorno antecedente fra le interruzioni del guardiano, che faceva abbreviare le ciarle e che chiedeva schiarimenti, e che di tempo in tempo diceva qualche parola di compassione e di conforto a Lucia che singhiozzava amaramente. Quando la storia fu terminata; «Dio benedetto!» sclamò il Padre Cristoforo: «fino a quando li lascerai fare costoro?» Indi volgendosi tosto alle donne: «poverette!» disse: «Dio vi ha visitate: povera Lucia! mah! non vi perdete d'animo: Dio vi ajuterà, ve lo prometto io: oh non vi ha mica creata perchè foste tormentata da costui: Dio ha i suoi fini, e al termine delle cose si vede la sua mano. Ascoltate; io vi prometto di non abbandonarvi: oh non vi abbandonerò certo; mah! Dio sa quello che io potrò fare: e chi sa che Dio non voglia servirsi di un uomo da nulla come son io per cambiare un prepotente, e per sollevare dei poverelli. Lasciate ch'io pensi un momento che cosa si possa fare per andare incontro al pericolo più pressante, e poi Dio provvederà.» Così dicendo appoggiò il gomito sinistro sul ginocchio, e la fronte nella palma, e colla destra strinse il mento barbuto, come per concentrare e tener ferme tutte le forze della sua mente; Lucia stava aspettando con fiducia e con dolore, e la madre mandava giù giù lo sguardo quanto poteva per ispiare qualche cosa dei pensieri del padre, il quale fece mentalmente questo monologo: – Poffare, che quell'uomo dovesse giungere a questo segno! Eh non è il primo pur troppo! Ma non ci sarà chi possa farlo stare? Vediamo. Quello che più importa sarebbe di far succedere subito il matrimonio. Per... dinci: il signor curato fa una gran villania, e io gli parlo fuor dei denti... ciarle, ciarle: egli sa che io non dò pugnalate, e mi lascerà dire, o mi risponderà bravamente. Ma posso fargli paura anch'io: se trovassi il modo di fargli venire un comando, ma un comando, e con un buon rabbuffo: Monsignore illustrissimo non vuole di queste infami porcherie, sì ma intanto, che cosa può accadere? No no bisognerebbe mettere in salvo questa povera colomba e mettere un freno a quel birbante. Il fatto è chiaro: la legge c'è; e la giustizia,... quando fosse stimolata. Eh qui non facciamo niente: costui gli spaventa tutti: toccare Don Rodrigo, già! per amor di Dio! chi l'oserebbe? Ma il mondo poi non finisce qui: costui fa il tiranno spaventa questi poveri foresi che lo credono più potente che non è! E il cordone di San Francesco ha legate altre spade che quella di costui: se potessi mettere in moto le mie barbe a Milano... E intanto? e poi? e poi? E chi sa se non sarei contraddetto da alcuni dei nostri? costui fa il protettore dei cappuccini, l'amico del convento: e i suoi bravi si sono ricoverati talvolta da noi... e chi sa come si rappresenterebbe la cosa? e quando si vedesse che si tratta di soccorrere una povera figlia che non può compensare con altrettanta protezione! Ah! se fosse una gran signora! Ma se fosse una gran signora non sarebbe in questo caso. Oh poveretti noi! Oh che tempi! Quando io credeva che facendomi cappuccino sarei fuori di questo mondo infame! Eh non se ne va fuori che quando si muore. E fare un tentativo presso Don Rodrigo? Ehn! che cosa varranno le parole d'un povero frate su quel diavolo in carne? Eppure non c'è altro da fare. Chi sa che adoperando preghiere, qualche minaccia lontana: fargli sentire che c'è qualcheduno che sa quel che si può fare contra uno scellerato soperchiatore? Forse non sarà che un infame cappriccio venutogli

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Argomenti: tre sorta,    giorno antecedente,    povero frate,    frate professo,    senso ordinario

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