Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 117

Testo di pubblico dominio

vestitevi, venite con noi, e direte tutta la vostra ragione a vostro bell'agio.» Fermo, vedendo che la resistenza era inutile, tolse sul letto i suoi panni, e cominciò a vestirsi, cercando intanto di scoprire la cagione di un avvenimento così nojoso e così inaspettato: ma la sua mente ravvolgendosi per cercarla fra le memorie della sera antecedente, si confondeva, come un padre che s'aggiri in una folta mascherata, per riconoscere un suo ragazzaccio. Poco a poco però cominciò egli a ricordarsi della grida, del nome, e del negozio, delle istanze dell'oste, e dei suoi rifiuti; ma come diavolo, l'uomo nero sapeva egli appuntino quel nome e cognome che Fermo non aveva mai voluto pronunziare? E poi, come erano cangiate le cose a segno, che colui il quale doveva in quella giornata fare il legislatore, la cominciasse coi birri al fianco per andare in prigione? – Qualche mistero ci dev'essere, – disse Fermo tra sè: – e intanto se potessi con un po' di buona grazia uscire dalle mani di costoro, sarebbe meglio. – Con questa intenzione volgendosi al notajo con un volto tra il gioviale e il furbo, gli disse: «Se non si trattasse che di dire il mio nome... jeri sera, veramente io era un po' brillo, e abbiamo parlato per metà, il vino, ed io.. ma ora non ci avrei difficoltà; ed ella dovrebbe esser contenta, così rimarremmo in libertà tutti e due.» «Bravo, bravo figliuolo,» disse il notajo, «voi pensate con giudizio: se farete le cose con garbo ne uscirete presto e bene; ma lo direte a chi ha l'autorità di farvi rilasciar subito: è una formalità da nulla; ma io non posso far niente.» «Ham!» disse, o piuttosto fece Fermo scotendo la testa, e ricominciò a pensare – Diamine! Che cosa fanno tutti quei buoni fratelli di jeri? mi lasciano in ballo a questo modo! – Fra questi pensieri stava egli di tempo in tempo con le mani alzate tra un bottone e l'altro, interrompendo l'azione del vestirsi. Ma il notajo s'era tirato verso la finestra, e aprendo le impannate (chè i vetri in quel tempo erano riserbati soltanto alle case signorili, anzi alla parte più signorile di esse) guardò nella via non senza inquietudine, e vide che le cose non erano già più come le aveva trovate nel venire: i popolani sbucavano come vespe dalle case, e si riunivano a sciami: il ronzio sordo cresceva, e, quello che al notajo parve un segno mortale, le ronde che giravano per impedire l'attruppamento, cominciavano a procedere con molta buona creanza. Chiuse l'impannata in furia, lanciò dal suo cuore, poichè ne aveva uno anch'egli, una imprecazione contra il Capitano di giustizia che lo aveva messo in quell'intrigo, un'altra contra Fermo che in un momento così urgente per lui notajo, pareva che volesse perdere il tempo a bella posta, indi fece un cenno ai birri, che sbrigassero la faccenda. I birri rinnovarono più forti le minacce a Fermo, questi, accortosi della inquietudine dei nemici, concepì buona speranza, conchiuse che, se l'interesse di quelli era che si facesse presto, il suo doveva essere di tirare in lungo, e procurò di perder tempo, senza dare a coloro un pretesto di venire all'estremo. Ma finalmente si trovò vestito: e allora ponendo le mani nelle tasche del suo farsetto: «oh!» disse, «io aveva una lettera: voi me l'avete rubata». «La lettera è qui,» disse il notajo traendola di seno in fretta, e senza pensare in quel momento a ribattere l'irriverenza del rimprovero: «è ella questa?» soggiunse mostrandola. «Questa appunto,» rispose Fermo, stendendo la mano per prenderla. «Piano, piano,» disse il notajo; «ho piacere che l'abbiate riconosciuta, ma non ve la posso dare: vi sarà restituita a momenti da chi si deve, purchè abbiate giudizio: andiamo, andiamo.» «Voglio la mia lettera,» disse Fermo: «che bricconeria è questa? a forza di trattare coi ladri, avete imparato il mestiere.» I birri volevano gettarsi addosso a Fermo; ma il notajo, sporgendo in fuori il mento e la mandibola inferiore, allargando le narici, sbarrando gli occhi, e scotendo il capo in fretta, fece loro intendere di non muoversi. L'uomo era in angoscia: pensava che non v'era da perder tempo, che il pericolo cresceva, che il tragitto sarebbe stato rischioso, e che il miglior modo di farlo sicuramente era di condurre Fermo con la persuasione. Gli diede quindi la lettera, dicendo: «ecco ch'io mi fido di voi; ma abbiate giudizio, venite con buona maniera che sarà meglio per voi; quando sarete riconosciuto per un galantuomo, sarete messo tosto in libertà: è un affare di mezz'ora. Andiamo, da bravo.» Così detto aprì la porta, e precedette il corteggio. Fermo non avendo più nessun pretesto d'indugio, gli tenne dietro, e i birri fecero la retroguardia. Scesa la scaletta, il notajo fece un cenno ai birri, e disse a Fermo: «abbiate pazienza, fanno il loro dovere»; e mentre gli proferiva questa bella parola, i birri afferrarono, l'uno la destra l'altro la sinistra di Fermo, e le allacciarono con certi strumenti, che (per quell'uso comune d'ingentilire le cose col nome) si chiamavano manichini, ed erano congegnati in modo che colui che gli aveva intorno ai polsi era fortemente tenuto senza che apparisse alcun segno di violenza; e il tenuto e il tenente potevano parere due amici che passeggiassero stretti per la mano. «Che tradimento è questo?» sclamò Fermo, «a un galantuomo par mio! ...» Ma i due amici stringendo i manichini gli fecero sentire che con essi si poteva non solo tenere un rassegnato, ma ancora martoriare un ricalcitrante; e nello stesso tempo il notajo, raccomandando ai birri di non far male a quel povero giovane, cercava di persuaderlo con buone parole. Fermo vide che fin tanto che egli si trovava solo con quei tre, era follia il competere, fece la gatta morta, e disse: «andiamo». – Andiamo – soggiunse fra sè, – e vedremo se quei fratelli di jeri son tutti morti. – «Andiamo,» disse il notajo, con un volto tutto grazioso: «fidatevi di me che vi voglio bene; e voi,» continuò rivolto ai birri, «non lo stringete, è un buon figliuolo e mi preme; andiamo quietamente,» disse ancora a Fermo, «non fate vista di nulla, non guardate nè a destra nè a sinistra, e nessuno s' accorgerà di quello che è, e voi conserverete il vostro onore, nessuno potrà rinfacciarvi che siete stato nelle mani della giustizia; e a momenti sarete in libertà.» Il fine di quella ammonizione era di persuader Fermo a lasciarsi condurre tranquillamente, ma l'effetto ch'ella produsse invece fu di far sentire sempre più a Fermo, che si temeva di lui, e delle circostanze, e di determinarlo ad approfittarne. Non si vuol dire per questo che Fermo fosse più accorto del notajo: ohibò: ma è destino di quelli che vanno al disotto, ed hanno paura, che tutte le parole ch'essi dicono per ajutarsi, dieno lume ed animo all'avversario. Usciti nella via, Fermo tra i due birri, e il notajo dietro, Fermo cominciò tosto a gettare la testa a destra e a sinistra, guardando con ansia se v'era da sperare ajuto. «Giudizio, giudizio,» diceva il notajo, a bassa voce, accostandosi a Fermo: «non vi fate scorgere, l'onore, figliuolo, l'onore.» I birri intanto affrettavano il passo tirando Fermo e ripetendo, «andiamo, andiamo». La via formicolava di gente, e Fermo cercava di rallentare il passo per osservare quelli che andavano, e venivano, e per udire se non si parlava più nulla delle cose del giorno antecedente, per accertarsi se la disposizione degli animi era affatto mutata. Quando intese «forni, pane, Ferrer, giustizia, abbondanza», e vide una brigata di otto o dieci che gli veniva incontro, e che i birri volevano schifare, portandosi nel mezzo della strada, alzò la voce e scotendo le braccia e il capo gridò: «Ohe! fratelli! mi menano su; e non ho fatto niente: solo perchè jeri ho gridato: pane e abbondanza: non mi abbandonate, fratelli: patisco per la patria: son legato; ad uno per volta vi faranno la stessa festa: fratelli, date uno scappellotto a costoro

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Argomenti: ronzio sordo

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