Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 54

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lasciarmi attendere ai fatti miei, senza curarsi d'una tapinella che non si curava niente di lui.» «Poveretto!» sclamò la Signora, con una certa aria di compassione, nella quale pareva tralucesse quasi un rimprovero a Lucia. «Poveretto?» riprese questa, «Poveretto? Oh Madonna del Carmine! Ella lo compatisce, illustrissima!» «Sì, poveretto,» rispose la Signora. «Convien dire che voi non abbiate mai avuto chi vi volesse male, giacchè sentite tanto orrore per chi vi ha voluto bene. Birbone, cattivo, tiranno! Che parolone, figliuola, per una quietina, come parete! E la carità del prossimo? ... Se gli aveste provati i tiranni davvero...! Vorrei un po' che mi ripeteste le ingiurie che vi diceva, per vedere quanta ragione avete di chiamarlo con questi nomi.» «Le ingiurie dei signori,» rispose Lucia con quella sicurezza che non manca mai a chi comincia un discorso con una persuasione viva ed intima, «le ingiurie dei signori, sono tremende pei poverelli; ma se gli era pur destino che quel signore dovesse aver qualche cosa a dirmi, sa il cielo, che io sarei ben contenta che m'avesse detto ogni sorta d'ingiurie piuttosto che quello che mi è toccato sentire da lui. Io non avrei risposto, le avrei sofferte, è il destino di noi poverelli; e quando egli si fosse stato stanco, l'avrebbe finita; ed ora io non sarei qui lontana dalla mia patria, come una sbandata, a domandare un ricovero per amor di Dio; sarei... pensi, Signora, s'io posso dir bene di lui. Non ch'io gli desideri del male, no grazie a Dio, ma quanto al bene ch'egli mi poteva volere... Santissima Vergine, che razza di bene! Io non vorrei dir cose da non dirsi in sua presenza, signora madre, e, so ben io quel che dico; ella sa molto di cose alte, di quelle che si trovano sui libri, ma le cose del mondo non è obbligata a conoscerle, e certe cose che potrei contare sarà meglio tacerle.» «Vi ho detto di parlare con sincerità: dite pur tutto;» rispose la Signora ridendo, e senza quell'imbarazzo che le aveva cagionata una proposizione somigliante nella bocca del padre guardiano. «Spero dunque di poter parlare con prudenza,» riprese Lucia, «ma di poterle far toccare con mano che cosa poteva essere il bene di quel Signore. Sappia che io non sono stata la prima, a cui per mala sorte egli abbia badato. Eh! ... le cose si sanno purtroppo: e d'una poveretta in particolare, io non ho potuto a meno di non saperlo, perchè eravamo amiche, e me ne piange il cuore tuttavia. Questa poveretta – non la nomino – diede retta al bene di quel signore; e sa ella che ne avvenne? Cominciò a disubbidire ai suoi parenti; quando fu ammonita si rivoltò; la casa le venne in odio, non ebbe più amiche, disprezzava tutti, e diceva – puh villani! – come avrebbe potuto fare una gran dama. Quando i parenti s'avvidero di qualche cosa, sulle prime negò, e poi, rispose in modo da fargli tacere per paura. Comparve con un vestito troppo bello per una ricca sposa, e credeva la poveretta che tutti avrebbero fatte le maraviglie, e l'avrebbero inchinata, e tutti la sfuggivano: i ragazzi le facevano dietro mille visacci. Un fior di giovane, mi compatisca se parlo male, che voleva ricercarla in matrimonio, non la guardò più; nessuno le parlava, nessuno voglio dire della gente come si deve, perchè i cattivi se le avvicinavano per la via con una famigliarità come se le fossero sempre stati amici, e fino, a parlare con poca riverenza, i birri, la salutavano ridendo, e le gittavano parole da non dire. Poveretta! di tratto in tratto pareva più lieta che non fosse mai stata, ma le lagrime che spargeva in segreto! e quante volte la vedevamo da lontano piangente, e si nascondeva da noi: e io mi ricordava di quando ell'era allegra come un pesce, di quando ridevamo insieme alla filanda. Basta: la disgraziata non potè più vivere nel suo paese, e un bel mattino, fece un fagottello, e finì a girare il mondo.» «Girare!» interruppe la Signora, «non è poi la peggior disgrazia.» «E tutto questo,» continuò Lucia, «senza parlare dal tetto in su; perchè all'altro mondo, Dio sa come andranno le cose. Ma povera la mia Bettina! oh poveretta me, ho detto il nome... spero che Dio le farà misericordia; perchè poi finalmente è stata tradita. Ma per me dico davvero, che se per andare in paradiso bisognasse fare la vita di quella povera figlia, la mi parrebbe ancora molto dura.» «Ma quel signore,» riprese la monaca, «era egli di stucco? non la sapeva far rispettare? lasciava la briglia sul collo a quei tangheri?» «Fortunata lei,» rispose Lucia, «che non sa come vanno queste cose. Il signore dopo qualche tempo non si curò più di quella meschina; e si venne a sapere che un giorno ch'ella si lagnava con lui d'essere disprezzata, egli le rispose: – si provino un po' a farvi qualche sgarbo in mia presenza, e vedranno –. Tutto quello che la poverina doveva patire fuori della sua presenza, non era niente. Ma tutto questo non bastava a disingannarla: soffriva, ma non sapeva staccarsi da colui. Finalmente bisognò che fossi tormentata io per farle conoscere il suo stato. Quando costui, sfacciato! ... cominciò a pormi gli occhi addosso, allora...» «È un vile birbante,» interruppe la signora, «avete ragione: avete fatto bene a voltargli le spalle, e io vi proteggerò.» «Dio gliene renda il merito. Le diceva ben io che se avesse saputo...» «Sì sì, è un birbante: son tutti così costoro. Date loro retta sul principio: voi, voi sola siete la loro vita: che cosa sono le altre? nulla; voi siete la sola donna di questo mondo, e poi; ... Fortunata voi che potete sbrigarvene. Vi avrebbe voluta vedere amica di Bettina... amica! e sprezzarvi tutte e due; e vi so dire io come vi avrebbe trattate; peggio che da serve. Se aveste fatto il primo passo...» Lucia teneva gli occhi sbarrati addosso alla signora, come stupefatta ch'ella ne sapesse tanto addentro. Geltrude rinvenne e s'avvide che questo suo modo di disapprovare il seduttore non era più conveniente alla sua condizione di quello che fosse stato quel primo compatimento, e che invece di togliere il sospetto o almeno lo stupore che quello poteva aver fatto nascere, lo avrebbe accresciuto, e si ripigliò dicendo: «Del resto, son cose che io non posso conoscere; ma già l'avrete inteso anche dai predicatori che quelli che seducono le povere figliuole sono i primi a sprezzarle. E se da principio, io ho mostrato qualche dispiacere per colui, è perchè non vi eravate bene espressa; io credeva che alla fine egli avesse intenzione di sposarvi.» «Sposarmi! sposarlo!» esclamò Lucia, maravigliata di questo pensiero che supponeva l'accordo di due volontà, d'una delle quali ella sentiva, e dell'altra sapeva che ne erano le mille miglia lontane. Geltrude credette che Lucia non alludesse ad altro ostacolo che alla differenza delle condizioni. «E perchè no?» rispose, e abbandonandosi alla intemperanza della sua fantasia continuò: «Perchè no, sposarvi? Se ne vede tante a questo mondo. Sareste la Signora Donna Lucia: che maraviglia! non sareste la donna più stranamente nominata di questo mondo. Avete sentito come mi chiamava quel buon uomo con la barba bianca che vi ha condotta qui? – Reverenda madre.– Io, vedete, sono la sua reverenda madre. Bel bambino davvero ch'io ho.» E a questa idea si pose a ridere sgangheratamente: ma tosto aggrondatasi, e levatasi a passeggiare nel parlatorio... «madre! ...» continuò... «avrei dovuto sentirmelo dire, non da un vecchio calvo e barbato: [...] cap. 7 Come una troppa di segugi dopo aver tracciata invano una lepre, ritorna sbaldanzita con le code pendenti, verso il padrone; paventosa di lui, ma pronta ad abbajare e a ringhiare per dispetto contra ogni altro in cui si abbatta per via; così in quella notte romorosa tornavano gli scherani con gli artigli vuoti al castello di Don Rodrigo; dove convien tornare a noi pure, messa in salvo alla meglio la bella fera che quel birbone inseguiva. Don Rodrigo passeggiava

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