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Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 63che avendo in vano aspettato le lettere o almeno imbasciate promesse dal Padre Cristoforo, impaziente di venire in chiaro del come andassero le cose, qual partito si dovesse finalmente pigliare; tornava al paese, per saperne qualche cosa, per dare nello stesso tempo una occhiata alla casa ed alle masserizie. Lucia alla quale i pericoli passati, la fuga, il trovarsi come smarrita lungi dalla sua casa fra gente nuova, il timore continuo di peggio avevan restituita quasi tutta la timidezza della infanzia, aveva più volte afferrata la gonna della madre per non lasciarla partire, aveva pianto, e pregato, ma, finalmente stanca essa pure della incertezza, e più ansiosa di saper qualche cosa di quello che non ne confessasse, rassicurata dal trovarsi in un asilo così guardato, e così santo, s'acquetò, e lasciò che la madre ne andasse; e Agnese se n'era venuta, senza cruccio della figlia che le pareva d'aver lasciata, come si dice, su l'altare. Noi torneremo indietro con la buona donna verso le nostre montagne, lasciando andare lo sciagurato Egidio al suo viaggio. Quando Agnese si trovò al punto dove la strada che conduceva al suo tugurio si divideva da quella che dovevan fare i pescivendoli per giungere a casa loro, cioè quando ebbe passato il ponte dell'Adda, scese di carretto, e preso il suo fardello cominciò a piedi le due miglia che le restavano di viaggio, camminando non senza sospetto. Si confortava però pensando che Don Rodrigo non l'avrebbe voluta far rapire, e che non sarebbe nemmeno stato tanto scellerato da farle far male alcuno, senza suo profitto. Giunta vicino a casa, v'andò quanto più celatamente potè per viottoli, e infatti non fu scorta da veruno; picchiò, le fu aperto da quella sua cognata che stava a guardare la casa, trovò le cose in ordine; chiese novelle del Padre Cristoforo alla cognata che non potè rispondergli se non che da quel primo giorno non lo aveva più veduto comparire; e dopo d'avere esitato qualche momento, si fece animo, e prese la via del convento. Tutta ansiosa si fece alla porta, e tirò il campanello, al suono del quale, ecco venire un occhio ad una picciola grata della porta a spiare chi sia arrivato, si alza un saliscendo, si apre mezza la porta, e al luogo dell'apertura un lungo, vecchio, e magro frate portinajo con la barba bianca sul petto che dice: «Chi cercate buona donna?» «Il padre Cristoforo.» «Non c'è.» «Starà molto a tornare?» «Mah!» «Dov'è andato?» «A Palermo.» «A...?» «A Palermo,» ripetè posatamente il frate portinajo. «Dov'è questo luogo?» domandò di nuovo Agnese. «Eh! hee!» rispose il portinajo, stendendo il braccio e la mano destra e trinciando l'aria verticalmente per significare una lunga distanza. «Oh diavolo!» sclamò Agnese. «Ohibò, buona donna,» disse pacatamente il frate: «che c'entra colui? non chiamatelo qui fra di noi, che poniamo ogni cura per tenerlo lontano.» «Ha ragione, Padre, ma io sto fresca.» «Bisogna aver pazienza,» rispose il frate ritirandosi per richiudere la porta. «Ma,» disse Agnese in fretta, ritenendolo, «che cosa è andato a fare in quel paese?» «A predicare,» rispose il cappuccino. «Ma perchè è andato via così all'improvviso senza dirmi niente?» «Gli è venuta l'obbedienza dal padre provinciale.» «E perchè l'hanno mandato lui che aveva da far qui, e non un altro?» «Se i superiori dovessero render ragione degli ordini che danno, non vi sarebbe obbedienza.» «Va benissimo; ma questa è la mia ruina.» «Ci vuol pazienza, buona donna. Pensate al contento che proveranno quei di Palermo a sentirlo predicare: perchè, vedete il padre Cristoforo è cima di predicatori; è un santo padre in pulpito.» «Oh il bel sollievo per me!» «Vedete se v'è qualche altro nostro padre che possa tenervi luogo di lui, rendervi qualche servizio, nominatelo, e lo andrò a chiamare.» «Oh Santa Maria!» rispose Agnese con quella riconoscenza mista di stizza che fa nascere una offerta dove si trovi più di buona volontà che di convenienza: «chi ho da far chiamare, se non conosco nessuno: quegli sapeva tutti i fatti miei, mi dava tutti i pareri, aveva amore per noi poveretti.» «Dunque abbiate pazienza,» rispose di nuovo il frate, disponendosi ancora a partire. «...Ma, ma...» domandò ancora Agnese, «quando sarà di ritorno? ... così a un dipresso?» «Mah!» rispose il frate. «Quando avrà terminato il quaresimale, cioè a Pasqua, aspetterà un'altra obbedienza per sapere se deve restar là dove è andato, o tornar qui, o portarsi ad un altro luogo dove comanderanno i superiori: perchè, vedete, noi abbiamo conventi in tutte le quattro parti del mondo.» «Oh la bella storia!» sclamò Agnese. «Questo è quello che vi posso dire,» rispose il frate, chiudendo questa volta la porta sul volto ad Agnese, la quale dopo esser rimasta ivi un qualche tempo come smemorata, riprese tristamente la via della sua casa, pensando come potrebbe riparare una tanta perdita e arzigogolando i motivi di una sì subitanea disparizione, senza poter mai venire ad una congettura un po' soddisfacente. Non così il lettore, il quale quando voglia continuare la sua lettura, troverà qui tosto la spiegazione di tutto il mistero. Il Conte Attilio, tornato a Milano, s'era tosto portato ad inchinare il conte suo Zio del consiglio segreto. Era questi un vecchio ambizioso, geloso della parte di potere che gli era venuto fatto di afferrare, e geloso non meno dell'onore della sua famiglia e di tutto il parentado, al modo che s'intendeva l'onore a quei tempi. Era egli per due sorelle, zio dei due cugini, e quindi chiese tosto ad Attilio novelle dell'altro nipote Don Rodrigo. «Che fa quello sventato? Ma non serve ch'io ne chiegga a te che sei uno sventato come lui, e devi sempre trovarlo irreprensibile.» «Mi ha imposto di baciare umilmente la mano all'Eccellenza del signor zio, alla quale è sempre devotissimo.» «Sì sì... mantiene bravi tuttavia?» «Oh Signor zio, bravi... non si può veramente chiamarli bravi: tiene un corteggio di servitori conveniente alla sua nascita, e al decoro della parentela.» «Sì sì... ma Sua Eccellenza il signor Governatore non vuole i corteggi a questo modo, e si lascia qualche volta intendere che toccherebbe ai Ministri, e ai loro parenti dare l'esempio.» «Ma vede bene signor zio, il mondo diventa peggiore di giorno in giorno...» «Oh questo sì; ma non tocca a te il dirlo.» «Ad ogni modo, il mondo è pieno di gente che non porta rispetto nè alla nascita nè al nome, se uno non lo sa far rispettare.» «Anche questo è vero; ma quando si ha uno Zio nel consiglio segreto e all'orecchio di Sua Eccellenza non si deve temere di soperchiatori.» «Certo, che con l'amparo del signor Zio noi potremmo aver soddisfazione di qualunque offesa: ma intanto gl'impegni nascerebbero, e il Signor Zio che ha tanta bontà di cuore, avrebbe disturbi ad ogni momento per causa nostra. Così i temerarj si contengono col solo timore.» «Temerarj, temerari: io so molto bene che Don Rodrigo non è molestato da nessuno, se non cerca egli di molestare altrui.» «Eh! signor Zio ella sa quanti si trovano che presumono di essere superiori ad ogni autorità, e si fanno arditi contra chicchessia. C'è per esempio un frate nel convento di Pescarenico, eh! signor Zio, non si può immaginare che superbia abbia costui.» «Che c'entra questo frate con Rodrigo?» «Ci vuole entrare per forza, signor Zio. Costui è pieno di premura, probabilmente spirituale, per una foresotta di quei contorni, e la guarda con un sospetto... guai se alcuno le si avvicina. Che cosa va a mettersi in capo questo frate? Che Rodrigo gli voglia rapire l'affetto di questa sua colomba. E tutto questo, perchè forse Rodrigo l'avrà guardata qualche volta passando: ma come le dico, la carità di questo frate è molto permalosa. Ora non può credere le cose che ha dette costui di Rodrigo, i visacci che gli ha fatti, il tuono di minaccia con cui lo guarda, come se fosse Tag: zio frate padre casa porta noi buona andato tosto Argomenti: santo padre, giunta vicino, consiglio segreto, timore continuo, magro frate Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili Intrichi d'amore di Torquato Tasso Novelle rusticane di Giovanni Verga Il conte di Carmagnola di Alessandro Manzoni Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Il matrimonio in casa Allergia da sensibilità ai profumi Vacanze a Cipro: l'incontro con la mitologia Offerta capodanno a Lussemburgo Offerta capodanno a New York
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