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Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni pagina 71del padre guardiano, ma ora questi disegni non servono più a nulla.» È chiaro che la Signora gittò queste poche parole, per potere in caso spiegare la commissione da lei data a Lucia, se mai questa potesse un giorno rivelarla; per potere allora far vedere che non era stato un pretesto per allontanarla, e darla in mano ai rapitori. Ma della commissione la Signora non ne parlò al guardiano; probabilmente perchè non voleva che si dicesse che Lucia si era posta su quella strada per suo ordine, e ne nascesse qualche sospetto. Se questa fosse una storia inventata, non mancherebbe certamente qualche lettore il quale troverebbe un gran difetto di previdenza nella perfidia ordita da Egidio e dalla Signora, poichè se Lucia avesse un giorno potuto parlare, se si fosse risaputo che quando fu presa ella andava per ordine di Geltrude, quanto maggior sospetto non sarebbe caduto sopra di questa, per avere essa taciuta al guardiano una circostanza tanto importante, della quale doveva così ben ricordarsi, che non avrebbe certo dissimulata se avesse operato schiettamente. Quei lettori i quali vorrebbero che in una storia anche le insidie fossero fatte perfettamente, se la prenderebbero coll'inventore: ma questa critica non può aver luogo perchè noi raccontiamo una storia quale è avvenuta. Del resto questo stesso difetto ci dà il campo di porre qui una riflessione consolante in mezzo ad un sì tristo racconto: che è un disegno sapientissimo della Provvidenza regolatrice del mondo, che le perfidie le più studiate a danno altrui non sono mai tanto bene studiate, tanto bene eseguite che non rimanga sempre qualche traccia della mano che le ha ordite. L'uomo che intraprende una buona azione, quando sia un po' avvezzo a riflettere prevede sovente che non sarà senza inconvenienti: i birbanti avrebbero una parte troppo buona nelle cose di questo mondo se dovessero nelle loro birberie essere esenti da ogni perplessità. cap. 10 La carrozza correva tuttavia velocemente, gl'indegni guardiani di Lucia, consultavano non senza sollecitudine su lo stato di essa, guardandola fisamente, cercando nel suo volto pallido e immobile le apparenze della vita, aspettando ansiosamente ch'ella ne desse alcun segno; quando la poveretta cominciò a rinvenire come da un sonno profondo, diede un sospiro, e aperse gli occhi. Penò qualche tempo a distinguere i luridi oggetti che la circondavano, e a raccappezzare le idee già confuse, e incerte che avevano preceduto il suo deliquio, a confrontarle con le prime, che si affacciavano alla sua mente ritornata: finalmente a poco a poco riprendendo le forze riprese tutto il pensiero, e comprese la sua orribile situazione. I bravi, senza ardire di porle le mani addosso, e guardandola con un certo rispetto le andavano facendo animo, e ripetendo: «coraggio, non è niente, non vogliamo farvi male: siamo galantuomini». Il primo uso che fece Lucia della vita fu di gittarsi con forza verso lo sportello per vedere dove fosse, se gente passasse, se potesse lanciarsi al di fuori ad ogni pericolo: ma appena potè scorgere che il luogo ch'ella attraversava rapidamente era un bosco, che anima vivente non v'era: che le braccia villane che l'avevano già conficcata la prima volta al fondo della carrozza, ve la conficcarono di nuovo. Levò ella allora un altro grido, ma la stessa manaccia tornò in furia con lo stesso fazzoletto, e il padrone di quella manaccia disse nello stesso momento: «Facciamo i nostri patti: noi non vi faremo male, non vi toccheremo, ma voi non cercherete nè di fuggire nè di gridare: già è inutile, ma pure se voleste tentarlo, noi siamo qui, amici o nemici, come vorrete.» «Lasciatemi andare,» disse Lucia con voce soffocata dallo sdegno e dallo spavento: «lasciatemi andare subito, subito: io non son vostra, lasciatemi andare.» «Non possiamo,» rispose il malandrino. «Dove mi conducete? dove sono? voglio andare al convento dei cappuccini.» «Ohibò ohibò,» disse sogghignando colui, «che le ragazze non istanno bene coi cappuccini. Venite con noi di buona voglia.» «No no,» rispose Lucia alzando la voce; ma il fazzoletto fu alzato. «Lasciatemi andare per amor di Dio,» ripigliò ella con voce più fioca. «Dove mi conducete?» «In casa di galantuomini, vicino a casa vostra,» rispose il malandrino. «No no,» disse ancora Lucia: «lasciatemi andare.» «Ma se questo è contra i nostri ordini,» rispose un altro. «Chi vi può dare questi ordini?» domandò Lucia: «ricordatevi della giustizia, ricordatevi dell'inferno, ricordatevi della morte.» «Pensieri tristi,» replicò quello dal fazzoletto: «voi ci volete far malinconia, e noi vi conduciamo a stare allegra.» «Santissima Vergine ajuto!» gridò Lucia, ma il malandrino con volto iracondo le protestò che s'ella gridava un'altra volta, il fazzoletto sarebbe rimasto sulla sua bocca fino a ch'ella fosse giunta al luogo destinato. E sforzandosi d'esser garbato aggiunse: «già siamo vicini: parlerete con chi può comandare: noi siamo servitori che facciamo il nostro dovere: è inutile che ci diciate le vostre ragioni.» «Oh per amore di Dio, della Madonna,» riprese Lucia in tuono supplichevole, con voce interrotta da singulti, e senza pur pensare ad asciugare le lagrime, che le rigavano tutta la faccia: «per amore di Dio, lasciatemi andare: io sono una povera creatura, che non vi ha mai fatto male: vi perdono quello che mi avete fatto, e pregherò Dio per voi: se avete anche voi una figlia, una moglie, una madre, qualche persona cara a questo mondo, pensate quello che patirebbero se fossero in questo stato: pensate all'anima vostra; fate una buona opera che vi può salvare: fatemi questa carità, acciocchè Dio vi usi misericordia, lasciatemi qui.» «Non possiamo» risposero tutti e tre; commossi alquanto da quel lamento. «Non possiamo,» ripetè il capo; «ma non abbiate paura, fatevi animo; già non vi conduciamo in un deserto: state tranquilla: se volete parlare noi vi risponderemo; se volete tacere, noi non parleremo: non temete, nessuno vi toccherà»; e così dicendo si ristringeva contra la carrozza lasciando più spazio a Lucia perchè stesse meno disagiata, perchè non fosse oppressa da una vicinanza ch'egli stesso sentiva in quel momento quanto dovesse essere incomoda e ributtante. Gli altri due, si andavano pure ristringendo dal loro lato, facendo luogo a Lucia, e tenendosi come in distanza, stornando gli occhi da quel volto accorato, ma fermi nel loro atroce proposito di eseguire la commissione: come il villanello che a fatica si è arrampicato all'albero per togliere un uccelletto dal nido, e lo tiene nelle mani, e lo sente dibattersi e tremare, e sente il cuore della povera bestiola battere affannosamente contra la palma che lo stringe; prova pure qualche pietà: allenta le dita alquanto per non affogare la povera bestiola, per non farle male; ma aprire il pugno, lasciarla tornare al suo nido: oh no! il figlio del padrone gli ha chiesto l'uccelletto, gli ha promessa una bella moneta s'egli sapeva snidarlo e portarglielo vivo. Lucia dopo avere ancora indarno pregato; «ditemi dove mi conducete», richiese di nuovo. «In casa di galantuomini, e non vi possiamo dire altro,» rispose quegli che le stava vicino. Lucia vedendo che le preghiere riuscivano inutili come la resistenza, e stanca dell'ambascia, e dello stento, incrocicchiò le braccia sul petto, si strinse nell'angolo della carrozza, in silenzio: e perduta ogni speranza di soccorso umano, si rivolse a Dio da cui tutto sperava; e pregò fervidamente da prima col cuore; indi cavato di tasca il rosario che teneva sempre con sè, cominciò a recitarlo con voce sommessa. I bravi tacevano, guardando di tratto in tratto quello ch'ella faceva, e sospirando tutti il fine di quella spedizione: e Lucia di tempo in tempo fermandosi nella sua preghiera a Dio, per voltarsi a coloro in forza dei quali ella si trovava, e ricominciava a supplicarli: ma non udiva rispondersi altro che: «non possiamo». 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