Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 95

Testo di pubblico dominio

coloro che preso l'aveano e degli altri ancora da cui quegli erano stati assaliti, non ritrovando la sua giovane, più doloroso che altro uomo cominciò a piagnere e a andarla or qua or là per la selva chiamando; ma niuna persona gli rispondeva, e esso non ardiva a tornare adietro e andando innanzi non conosceva dove arrivar si dovesse; e d'altra parte delle fiere che nelle selve sogliono abitare aveva a un'ora di se stesso paura e della sua giovane, la qual tuttavia gli pareva vedere o da orso o da lupo strangolare. Andò adunque questo Pietro sventurato tutto il giorno per questa selva gridando e chiamando, a tal ora tornando indietro che egli si credeva innanzi andare; e già, tra per lo gridare e per lo piagnere e per la paura e per lo lungo digiuno, era sì vinto, che più avanti non poteva. E vedendo la notte sopravenuta, non sappiendo che altro consiglio pigliarsi, trovata una grandissima quercia, smontato del ronzino a quella il legò, e appresso, per non esser dalle fiere divorato la notte, sù vi montò; e poco appresso, levatasi la luna e 'l tempo essendo chiarissimo, non avendo Pietro ardire d'adormentarsi per non cadere, come che, perché pure agio avuto n'avesse, il dolore né i pensieri che della sua giovane avea non l'avrebber lasciato; per che egli, sospirando e piagnendo e seco la sua disaventura maladicendo, vegghiava. La giovane fuggendo, come davanti dicemmo, non sappiendo dove andarsi, se non come il suo ronzino stesso dove più gli pareva la ne portava, si mise tanto fralla selva, che ella non poteva vedere il luogo donde in quella entrata era: per che, non altramenti che avesse fatto Pietro, tutto il dì, ora aspettando e ora andando e piagnendo e chiamando e della sua sciagura dolendosi, per lo salvatico luogo s'andò avvolgendo. Alla fine, veggendo che Pietro non venia, essendo già vespro s'abbatté a un sentieruolo, per lo qual messasi e seguitandolo il ronzino, poi che più di due miglia fu cavalcata, di lontano si vide davanti una casetta, alla quale essa come più tosto poté se n'andò; e quivi trovò un buono uomo attempato molto con una sua moglie che similmente era vecchia. Li quali, quando la videro sola, dissero: “O figliuola, che vai tu a quest'ora così sola faccendo per questa contrada?” La giovane piagnendo rispose che aveva la sua compagnia nella selva smarrita e domandò come presso fosse Alagna; a cui il buono uomo rispose: “Figliuola mia, questa non è la via d'andare a Alagna; egli ci ha delle miglia più di dodici.” Disse allora la giovane: “E come ci sono abitanze presso da potere albergare?” A cui il buono uomo rispose: “Non ci sono in luogo niun sì presso, che tu di giorno vi potessi andare.” Disse la giovane allora: “Piacerebbevi egli, poi che altrove andar non posso, di qui ritenermi per l'amor di Dio stanotte?” Il buono uomo rispose: “Giovane, che tu con noi ti rimanga per questa sera n'è caro; ma tuttavia ti vogliam ricordare che per queste contrade e di dì e di notte e d'amici e di nemici vanno di male brigate assai, le quali molte volte ne fanno di gran dispiaceri e di gran danni; e se per isciagura, essendoci tu, ce ne venisse alcuna, e', veggendoti bella e giovane come tu se', e' ti farebbono dispiacere e vergogna, e noi non te ne potremmo aiutare. Vogliantelo aver detto, acciò che tu poi, se questo avvenisse, non ti possi di noi ramaricare.” La giovane, veggendo che l'ora era tarda, ancora che le parole del vecchio la spaventassero, disse: “Se a Dio piacerà, Egli ci guarderà e voi e me di questa noia; la quale se pur m'avenisse, è molto men male esser dagli uomini straziata che sbranata per li boschi dalle fiere.” E così detto, discesa del suo ronzino, se n'entrò nella casa del povero uomo e quivi con essoloro di quello che avevano poveramente cenò, e appresso tutta vestita in su un lor letticello con loro insieme a giacer si gittò: né in tutta la notte di sospirar né di piagnere la sua sventura e quella di Pietro, del quale non sapea che si dovesse sperare altro che male, non rifinò. E essendo già vicino al matutino, ella sentì un gran calpestio di gente andare: per la qual cosa levatasi, se n'andò in una gran corte, che la piccola casetta di dietro a sé avea, e vedendo dall'una delle parti di quella molto fieno, in quello s'andò a nascondere, acciò che, se quella gente quivi venisse, non fosse così tosto trovata. E appena di nasconder compiuta s'era, che coloro, che una gran brigata di malvagi uomini era, furono alla porta della piccola casa; e fattosi aprire e dentro entrati e trovato il ronzin della giovane ancora con tutta la sella, domandaron chi vi fosse. Il buono uomo, non vedendo la giovane, rispose: “Niuna persona ci è altri che noi: ma questo ronzino, a cui che fuggito si sia, ci capitò iersera, e noi cel mettemmo in casa acciò che i lupi nol manicassero.” “Adunque” disse il maggiore della brigata “sarà egli buon per noi, poi che altro signore non ha.” Sparti adunque costor tutti per la piccola casa, parte n'andò nella corte: e poste giù lor lance e lor tavolacci, avvenne che uno di loro, non sappiendo altro che farsi, gittò la sua lancia nel fieno e assai vicin fu a uccidere la nascosa giovane e ella a palesarsi, per ciò che la lancia le venne allato alla sinistra poppa, tanto che col ferro le stracciò de' vestimenti, laonde ella fu per mettere un grande strido temendo d'esser fedita; ma ricordandosi là dove era, tutta riscossasi, stette cheta. La brigata, chi qua e chi là, cotti lor cavretti e loro altra carne e mangiato e bevuto, s'andaron pe' fatti loro e menaronsene il ronzin della giovane. E essendo già dilungati alquanto, il buono uomo cominciò a domandar la moglie: “Che fu della nostra giovane che iersera ci capitò, ché io veduta non la ci ho poi che noi ci levammo?” La buona femina rispose che non sapea e andonne guatando. La giovane, sentendo coloro esser partiti, uscì del fieno: di che il buono uomo forte contento, poi che vide che alle mani di coloro non era venuta e faccendosi già dì, le disse: “Omai che il dì ne viene, se ti piace noi t'accompagneremo infino a un castello che è presso di qui cinque miglia, e serai in luogo sicuro; ma converratti venire a piè, per ciò che questa mala gente che ora di qui si parte se n'ha menato il ronzin tuo.” La giovane, datasi pace di ciò, gli pregò per Dio che al castello la menassero; per che entrati in via in su la mezza terza vi giunsero. Era il castello d'uno degli Orsini, il quale si chiamava Liello di Campo di Fiore, e per ventura v'era una sua donna, la qual bonissima e santa donna era; e veggendo la giovane, prestamente la ricognobbe e con festa la ricevette e ordinatamente volle sapere come quivi arrivata fosse. La giovane gliele contò tutto. La donna, che cognoscea similmente Pietro, sì come amico del marito di lei, dolente fu del caso avvenuto; e udendo dove stato fosse preso, s'avisò che morto fosse stato. Disse adunque alla giovane: “Poi che così è che Pietro tu non sai, tu dimorerai qui meco infino a tanto che fatto mi verrà di potertene sicuramente mandare a Roma.” Pietro, stando sopra la quercia quanto più doloroso esser potea, vide in sul primo sonno venir ben venti lupi, li quali tutti, come il ronzin videro, gli furon dintorno. Il ronzin sentendogli, tirata la testa ruppe le cavezzine e cominciò a volersi fuggire, ma essendo intorniato e non potendo gran pezza co' denti e co' calci si difese: alla fine da loro atterrato e strozzato fu e subitamente sventrato, e tutti pascendosi, senza altro lasciarvi che l'ossa, il divorarono e andar via. Di che Pietro, al qual pareva del ronzino avere una compagnia e un sostegno delle sue fatiche, forte sbigottì, e imaginossi di non dover mai di quella selva potere uscire. E essendo già vicino al dì, morendosi egli sopra la quercia di freddo, sì come quegli che sempre da torno guardava si vide innanzi forse un miglio un grandissimo fuoco; per che, come fatto fu il dì

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