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Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 26nella giovanezza, e veggendo le tenere lagrime, gli abbracciari e gli onesti basci, ebbe ciò che ella diceva più che per vero: e poscia che ella tacque, le rispose: “Madonna, egli non vi dee parer gran cosa se io mi maraviglio: per ciò che nel vero, o che mio padre, per che che egli sel facesse, di vostra madre e di voi non ragionasse giammai, o che, se egli ne ragionò, a mia notizia venuto non sia, io per me niuna conscienza aveva di voi se non come se non foste; e èmmi tanto più caro l'avervi qui mia sorella trovata, quanto io ci sono più solo e meno questo sperava. E nel vero io non conosco uomo di sì alto affare al quale voi non doveste esser cara, non che a me che un picciolo mercatante sono. Ma d'una cosa vi priego mi facciate chiaro: come sapeste voi che io qui fossi?” Al quale ella rispose: “Questa mattina mel fé sapere una povera femina la qual molto meco si ritiene, per ciò che con nostro padre, per quello che ella mi dica, lungamente e in Palermo e in Perugia stette; e se non fosse che più onesta cosa mi parea che tu a me venissi in casa tua che io a te nell'altrui, egli ha gran pezza che io a te venuta sarei.” Appresso queste parole ella cominciò distintamente a domandare di tutti i suoi parenti nominatamente, alla quale di tutti Andreuccio rispose, per questo ancora più credendo quello che meno di creder gli bisognava. Essendo stati i ragionamenti lunghi e il caldo grande, ella fece venire greco e confetti e fé dar bere a Andreuccio; il quale dopo questo partir volendosi, per ciò che ora di cena era, in niuna guisa il sostenne, ma sembiante fatto di forte turbarsi abbracciandol disse: “Ahi lassa me, ché assai chiaro conosco come io ti sia poco cara! Che è a pensare che tu sii con una tua sorella mai più da te non veduta, e in casa sua, dove, qui venendo, smontato esser dovresti, e vogli di quella uscire per andare a cenare all'albergo? Di vero tu cenerai con esso meco: e perché mio marito non ci sia, di che forte mi grava, io ti saprò bene secondo donna fare un poco d'onore.” Alla quale Andreuccio, non sappiendo altro che rispondersi, disse: “Io v'ho cara quanto sorella si dee avere, ma se io non ne vado, io sarò tutta sera aspettato a cena e farò villania.” E ella allora disse: “Lodato sia Idio, se io non ho in casa per cui mandare a dire che tu non sii aspettato! benché tu faresti assai maggior cortesia, e tuo dovere, mandare a dire a' tuoi compagni che qui venissero a cenare, e poi, se pure andare te ne volessi, ve ne potresti tutti andar di brigata.” Andreuccio rispose che de' suoi compagni non volea quella sera, ma, poi che pure a grado l'era, di lui facesse il piacer suo. Ella allora fé vista di mandare a dire all'albergo che egli non fosse atteso a cena; e poi, dopo molti altri ragionamenti, postisi a cena e splendidamente di più vivande serviti, astutamente quella menò per lunga infino alla notte obscura; e essendo da tavola levati e Andreuccio partir volendosi, ella disse che ciò in niuna guisa sofferrebbe, per ciò che Napoli non era terra da andarvi per entro di notte, e massimamente un forestiere; e che come che egli a cena non fosse atteso aveva mandato a dire, così aveva dello albergo fatto il somigliante. Egli, questo credendo e dilettandogli, da falsa credenza ingannato, d'esser con costei, stette. Furono adunque dopo cena i ragionamenti molti e lunghi non senza cagione tenuti; e essendo della notte una parte passata, ella, lasciato Andreuccio a dormire nella sua camera con un piccol fanciullo che gli mostrasse se egli volesse nulla, con le sue femine in un'altra camera se n'andò. Era il caldo grande: per la qual cosa Andreuccio, veggendosi solo rimaso, subitamente si spogliò in farsetto e trassesi i panni di gamba e al capo del letto gli si pose; e richiedendo il naturale uso di dovere diporre il superfluo peso del ventre, dove ciò si facesse domandò quel fanciullo, il quale nell'uno de' canti della camera gli mostrò uno uscio e disse: Andate là entro.” Andreuccio dentro sicuramente passato, gli venne per ventura posto il piè sopra una tavola, la quale dalla contraposta parte sconfitta dal travicello sopra il quale era, per la qual cosa capolevando questa tavola con lui insieme se n'andò quindi giuso: e di tanto l'amò Idio, che niuno male si fece nella caduta, quantunque alquanto cadesse da alto, ma tutto della bruttura, della quale il luogo era pieno, s'imbrattò. Il quale luogo, acciò che meglio intendiate e quello che è detto e ciò che segue, come stesse vi mostrerò. Egli era in un chiassetto stretto, come spesso tra due case veggiamo: sopra due travicelli, tra l'una casa e l'altra posti, alcune tavole eran confitte e il luogo da seder posto, delle quali tavole quella che con lui cadde era l'una. Ritrovandosi adunque là giù nel chiassetto Andreuccio, dolente del caso, cominciò a chiamare il fanciullo; ma il fanciullo, come sentito l'ebbe cadere, così corse a dirlo alla donna. La quale, corsa alla sua camera, prestamente cercò se i suoi panni v'erano; e trovati i panni e con essi i denari, li quali esso non fidandosi mattamente sempre portava addosso, avendo quello a che ella di Palermo, sirocchia d'un perugin faccendosi, aveva teso il lacciuolo, più di lui non curandosi prestamente andò a chiuder l'uscio del quale egli era uscito quando cadde. Andreuccio, non rispondendogli il fanciullo, cominciò più forte a chiamare: ma ciò era niente. Per che egli, già sospettando e tardi dello inganno cominciandosi a accorgere, salito sopra un muretto che quello chiassolino dalla strada chiudea e nella via disceso, all'uscio della casa, il quale egli molto ben riconobbe, se n'andò, e quivi invano lungamente chiamò e molto il dimenò e percosse. Di che egli piagnendo, come colui che chiara vedea la sua disaventura, cominciò a dire: “Oimè lasso, in come piccol tempo ho io perduti cinquecento fiorini e una sorella!” E dopo molte altre parole, da capo cominciò a battere l'uscio e a gridare; e tanto fece così, che molti de' circunstanti vicini, desti, non potendo la noia sofferire, si levarono; e una delle servigiali della donna, in vista tutta sonnocchiosa, fattasi alla finestra proverbiosamente disse: “Chi picchia là giù?” “Oh!” disse Andreuccio “o non mi conosci tu? Io sono Andreuccio, fratello di madama Fiordaliso.” Al quale ella rispose: “Buono uomo, se tu hai troppo bevuto, va dormi e tornerai domattina; io non so che Andreuccio né che ciance son quelle che tu di'; va in buona ora e lasciaci dormir, se ti piace.” “Come” disse Andreuccio “non sai che io mi dico? Certo sì sai; ma se pur son così fatti i parentadi di Cicilia, che in sì piccol termine si dimentichino, rendimi almeno i panni miei, li quali lasciati v'ho, e io m'andrò volentier con Dio.” Al quale ella quasi ridendo disse: “Buono uomo, e' mi par che tu sogni”, e il dir questo e il tornarsi dentro e chiuder la finestra fu una cosa. Di che Andreuccio, già certissimo de' suoi danni, quasi per doglia fu presso a convertire in rabbia la sua grande ira, e per ingiuria propose di rivolere quello che per parole riaver non potea; per che da capo, presa una gran pietra, con troppi maggior colpi che prima fieramente cominciò a percuoter la porta. La qual cosa molti de' vicini avanti destisi e levatisi, credendo lui essere alcuno spiacevole il quale queste parole fingesse per noiare quella buona femina, recatosi a noia il picchiare il quale egli faceva, fattisi alle finestre, non altramenti che a un can forestiere tutti quegli della contrada abbaiano adosso, cominciarono a dire: “Questa è una gran villania a venire a questa ora a casa le buone femine e dire queste ciance; deh! va con Dio, buono uomo; lasciaci dormir, se ti piace; e se tu hai nulla a far con lei, tornerai domane, e non ci dar questa seccaggine stanotte.” Dalle quali parole forse assicurato uno che dentro dalla casa era, ruffiano della buona femina, il quale egli né veduto né sentito avea, Tag: dire casa cena parole fanciullo dopo tutti vero uomo Argomenti: alto affare, picciolo mercatante, secondo donna Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi Le sottilissime astuzie di Bertoldo di Giulio Cesare Croce Nel sogno di era Novelle rusticane di Giovanni Verga Storia di un'anima di Ambrogio Bazzero Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come fare un profumo alle rose Mixed wrestling e wrestling Come fare il profumo in casa Pasqua nel mondo Aggressività e comportamento del furetto
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