Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 41

Testo di pubblico dominio

cioè al conte, facevano, quantunque gli dispiacesse, nondimeno tanto gli amava, che avanti che piagner gli vedesse comandò che, se 'l prod'uomo a alcun servigio là entro dimorar volesse, che egli vi fosse ricevuto. Il quale rispose che vi rimanea volentieri, ma che altra cosa far non sapea che attendere a' cavalli, di che tutto il tempo della sua vita era usato. Assegnatoli adunque un cavallo, come quello governato avea, al trastullare i fanciulli intendea. Mentre che la fortuna, in questa guisa che divisata è, il conte d'Anguersa e i figliuoli menava, avvenne che il re di Francia, molte triegue fatte con gli alamanni, morì, e in suo luogo fu coronato il figliuolo, del quale colei era moglie per cui il conte era stato cacciato. Costui, essendo l'ultima triegua finita co' tedeschi, rincominciò asprissima guerra: in aiuto del quale, sì come nuovo parente, il re d'Inghilterra mandò molta gente sotto il governo di Perotto suo maliscalco e di Giachetto Lamiens, figliuolo dell'altro maliscalco: col quale il prod'uomo, cioè il conte, andò, e senza essere da alcuno riconosciuto dimorò nell'oste per buono spazio a guisa di ragazzo; e quivi, come valente uomo, e con consigli e con fatti, più che a lui non si richiedea, assai di bene adoperò. Avvenne durante la guerra che la reina di Francia infermò gravemente; e conoscendo ella se medesima venire alla morte, contrita d'ogni suo peccato divotamente si confessò dall'arcivescovo di Ruem, il quale da tutti era tenuto un santissimo e buono uomo, e tra gli altri peccati gli narrò ciò che per lei a gran torto il conte d'Anguersa ricevuto avea. Né solamente fu a lui contenta di dirlo, ma davanti a molti altri valenti uomini tutto come era stato riraccontò, pregandogli che col re operassono che 'l conte, se vivo fosse, e se non, alcun de' suoi figliuoli, nel loro stato restituiti fossero: né guari poi dimorò che, di questa vita passata, onorevolmente fu sepellita. La quale confessione al re raccontata, dopo alcun doloroso sospiro delle ingiurie fatte al valente uomo a torto, il mosse a fare andare per tutto lo essercito, e oltre a ciò in molte altre parti, una grida: che chi il conte d'Anguersa o alcuno de' figliuoli gli rinsegnasse, maravigliosamente da lui per ognuno guiderdonato sarebbe, con ciò fosse cosa che egli lui per innocente di ciò per che in essilio andato era l'avesse per la confessione fatta dalla reina, e nel primo stato e in maggiore intendeva di ritornarlo. Le quali cose il conte in forma di ragazzo udendo e sentendo che così era il vero, subitamente fu a Giachetto e il pregò che con lui insieme fosse con Perotto, per ciò che egli voleva loro mostrare ciò che il re andava cercando. Adunati adunque tutti e tre insieme, disse il conte a Perotto, che già era in pensiero di palesarsi: “Perotto, Giachetto, che è qui, ha tua sorella per mogliere né mai n'ebbe alcuna dota; e per ciò, acciò che tua sorella senza dote non sia, io intendo che egli e non altri abbia questo beneficio che il re promette così grande per te, e ti rinsegni sì come figliuolo del conte d'Anguersa, e per la Violante tua sorella e sua mogliere, e per me che il conte d'Anguersa e vostro padre sono.” Perotto, udendo questo e fiso guardandolo, tantosto il riconobbe: e piagnendo gli si gittò a' piedi e abbracciollo dicendo: “Padre mio, voi siate il molto ben venuto!” Giachetto, prima udendo ciò che il conte detto avea e poi veggendo quello che Perotto faceva, fu a un'ora da tanta maraviglia e da tanta allegrezza soprapreso, che appena sapeva che far si dovesse. Ma pur, dando alle parole fede e vergognandosi forte di parole ingiuriose già da lui verso il conte ragazzo usate, piagnendo gli si lasciò cadere a' piedi e umilmente d'ogni oltraggio passato domandò perdonanza: la quale il conte assai benignamente, in piè rilevatolo, gli diede. E poi che i varii casi di ciascuno tutti e tre ragionati ebbero, e molto piantosi e molto rallegratosi insieme, volendo Perotto e Giachetto rivestire il conte, per niuna maniera il sofferse ma volle che, avendo prima Giachetto certezza d'avere il guiderdon promesso, così fatto e in quello abito di ragazzo, per farlo più vergognare, gliele presentasse. Giachetto adunque col conte e con Perotto appresso venne davanti al re e offerse di presentargli il conte e i figliuoli, dove, secondo la grida fatta, guiderdonare il dovesse. Il re prestamente per tutti fece il guiderdon venire maraviglioso agli occhi di Giachetto, e comandò che via il portasse dove con verità il conte e' figliuoli dimostrasse come promettea. Giachetto allora, voltatosi indietro e davanti messisi il conte suo ragazzo e Perotto, disse: “Monsignore, ecco qui il padre e 'l figliuolo; la figliuola, ch'è mia mogliere e non è qui, con l'aiuto di Dio tosto vedrete.” Il re, udendo questo, guardò il conte: e quantunque molto da quello che esser solea transmutato fosse, pur dopo l'averlo alquanto guardato il riconobbe, e quasi con le lagrime in su gli occhi lui che ginocchione stava levò in piede e il basciò e abracciò; e amichevolmente ricevette Perotto, e comandò che incontanente il conte di vestimenti, di famiglia e di cavalli e d'arnesi rimesso fosse in assetto, secondo che alla sua nobilità si richiedea; la qual cosa tantosto fu fatta. Oltre a questo, onorò il re molto Giachetto e volle ogni cosa sapere di tutti i suoi preteriti casi; e quando Giachetto prese gli alti guiderdoni per l'avere insegnati il conte e' figliuoli, gli disse il conte: “Prendi cotesti doni dalla magnificenza di monsignore lo re, e ricordera'ti di dire a tuo padre che i tuoi figliuoli, suoi e miei nepoti, non son per madre nati di paltoniere.” Giachetto prese i doni e fece a Parigi venir la moglie e la suocera, e vennevi la moglie di Perotto; e quivi in grandissima festa furono col conte, il quale il re avea in ogni suo ben rimesso, e maggior fattolo che fosse già mai; poi ciascuno con la sua licenzia tornò a casa sua. E esso infino alla morte visse in Parigi più gloriosamente che mai.– 9 Bernabò da Genova, da Ambruogiuolo ingannato, perde il suo e comanda che la moglie innocente sia uccisa; ella scampa e in abito d'uomo serve il soldano: ritrova lo 'ngannatore e Bernabò conduce in Alessandria, dove, lo 'ngannatore punito, ripreso abito feminile, col marito ricchi si tornano a Genova. Avendo Elissa con la sua compassionevole novella il suo dover fornito, Filomena reina, la quale bella e grande era della persona e nel viso più che altra piacevole e ridente, sopra sé recatasi, disse:–Servar si vogliono i patti a Dioneo, e però, non restandoci altri che egli e io a novellare, io dirò prima la mia e esso, che di grazia il chiese, l'ultimo fia che dirà.–E questo detto così cominciò: –Suolsi tra' volgari spesse volte dire un cotal proverbio: che lo 'ngannatore rimane a piè dello 'ngannato; il quale non pare che per alcuna ragione si possa mostrare esser vero, se per gli accidenti che avvengono non si mostrasse. E per ciò, seguendo la proposta, questo insiememente, carissime donne, esser vero come si dice m'è venuto in talento di dimostrarvi; né vi dovrà esser discaro d'averlo udito, acciò che dagl'ingannatori guardar vi sappiate. Erano in Parigi in uno albergo alquanti grandissimi mercatanti italiani, qual per una bisogna e qual per un'altra, secondo la loro usanza; e avendo una sera fra l'altre tutti lietamente cenato, cominciarono di diverse cose a ragionare, e d'un ragionamento in altro travalicando pervennero a dire delle lor donne, le quali alle lor case avevan lasciate. E motteggiando cominciò alcuno a dire: “Io non so come la mia si fa: ma questo so io bene, che quando qui mi viene alle mani alcuna giovinetta, che mi piaccia, io lascio stare dall'un de' lati l'amore il quale io porto a mia mogliere e prendo di questa qua quello piacere che io posso.” L'altro rispose: “E io fo il simigliante, per ciò che se io credo che la mia donna alcuna sua ventura procacci, ella il fa,

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Argomenti: buono spazio,    doloroso sospiro,    moglie innocente,    compassionevole novella

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