Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 75

Testo di pubblico dominio

mansuete nel dimandar l'altrui, e altissime e rubeste in mordere negli altri li loro medesimi vizii e nel mostrar sé per torre e altri per lor donare venire a salvazione; e oltre a ciò, non come uomini che il Paradiso abbiano a procacciare come noi, ma quasi come possessori e signori di quello danti a ciaschedun che muore, secondo la quantità de' denari loro lasciata da lui, più e meno eccellente luogo, con questo prima se medesimo, se così credono, e poscia coloro che in ciò alle loro parole dan fede sforzandosi d'ingannare. De' quali se quanto si convenisse fosse licito a me di mostrare, tosto dichiarerei a molti semplici quello che nelle lor cappe larghissime tengan nascoso. Ma ora fosse piacere di Dio che così delle loro bugie a tutti intervenisse come a un frate minore, non miga giovane, ma di quelli che de' maggior cassesi era tenuto a Vinegia: del quale sommamente mi piace di raccontare, per alquanto gli animi vostri pieni di compassione per la morte di Ghismunda forse con risa e con piacer rilevare. Fu adunque, valorose donne, in Imola uno uomo di scelerata vita e di corrotta, il quale fu chiamato Berto della Massa, le cui vituperose opere molto dagl'imolesi conosciute a tanto il recarono, che, non che la bugia ma la verità non era in Imola chi gli credesse: per che, accorgendosi quivi più le sue gherminelle non aver luogo, come disperato a Vinegia, d'ogni bruttura ricevitrice, si trasmutò e quivi pensò di trovare altra maniera al suo malvagio adoperare che fatto non aveva in altra parte. E, quasi da coscienza rimorso delle malvage opere nel preterito fatte da lui, da somma umilità soprapreso mostrandosi e oltre a ogni altro uomo divenuto catolico, andò e sì si fece frate minore e fecesi chiamare frate Alberto da Imola: e in tale abito cominciò a far per sembianti una aspra vita e a commendar molto la penitenzia e l'astinenzia, né mai carne mangiava né bevea vino, quando no' n'avea che gli piacesse. Né se ne fu appena avveduto alcuno, che di ladrone, di ruffiano, di falsario, d'omicida subitamente fu un gran predicator divenuto, senza aver per ciò i predetti vizii abbandonati, quando nascosamente gli avesse potuti mettere in opera; e oltre a ciò fattosi prete, sempre all'altare quando celebrava, se da molti veduto era, piagneva la passione del Salvatore, sì come colui al quale poco costavan le lagrime quando le volea. E in brieve, tra con le sue prediche e le sue lagrime, egli seppe in sì fatta guisa li viniziani adescare, che egli quasi d'ogni testamento che vi si faceva era fedel commessario e dipositario, e guardatore di denari di molti, confessoro e consigliatore quasi della maggior parte degli uomini e delle donne: e così faccendo, di lupo era divenuto pastore e era la sua fama di santità in quelle parti troppo maggiore che mai non fu di san Francesco a Ascesi. Ora avvenne che una giovane donna bamba e sciocca, che chiamata fu madonna Lisetta da ca' Quirino, moglie d'un gran mercatante che era andato con le galee in Fiandra, s'andò con altre donne a confessar da questo santo frate; la quale essendogli a' piedi, sì come colei che viniziana era, e essi son tutti bergoli, avendo parte detta de' fatti suoi, fu da frate Alberto adomandata se alcuno amadore avesse. Al quale ella con un mal viso rispose: “Deh, messer lo frate, non avete voi occhi in capo? paionvi le mie bellezze fatte come quelle di queste altre? Troppi n'avrei degli amadori se io ne volessi; ma non son le mie bellezze da lasciare amare da tale né da quale. Quante ce ne vedete voi le cui bellezze sien fatte come le mie? ché sarei bella nel Paradiso.” E oltre a ciò disse tante cose di questa sua bellezza, che fu un fastidio a udire. Frate Alberto conobe incontanente che costei sentia dello scemo, e parendogli terreno da' ferri suoi, di lei subitamente e oltre modo s'innamorò. Ma riserbandosi in più commodo tempo le lusinghe, pur per mostrarsi santo quella volta cominciò a volerla riprendere e a dirle che questa era vanagloria e altre sue novelle; per che la donna gli disse che egli era una bestia e che egli non conosceva che si fosse più una bellezza che un'altra. Per che frate Alberto, non volendola troppo turbare, fattale la confessione, la lasciò andar via con l'altre. E stato alquanti dì, preso un suo fido compagno, n'andò a casa madonna Lisetta: e, trattosi da una parte in una sala con lei e non potendo da altri esser veduto, le si gittò davanti inginocchione e disse: “Madonna, io vi priego per Dio che voi mi perdoniate di ciò che io domenica, ragionandomi voi della vostra bellezza, vi dissi, per ciò che sì fieramente la notte seguente gastigato ne fui, che mai poscia da giacere non mi son potuto levar se non oggi.” Disse allora donna mestola: “E chi ve ne gastigò così?” Disse frate Alberto: “Io il vi dirò. Standomi io la notte in orazione, sì come io soglio star sempre, io vidi subitamente nella mia cella un grande splendore, né prima mi pote' volger per veder che ciò fosse, che io mi vidi sopra un giovane bellissimo con un grosso bastone in mano, il quale, presomi per la cappa e tiratomisi a' piè, tante mi diè, che tutto mi ruppe. Il quale io appresso domandai perché ciò fatto avesse, e egli rispose: ‘Per ciò che tu presummesti oggi di riprendere le celestiali bellezze di madonna Lisetta, la quale io amo, da Dio in fuori, sopra ogni altra cosa.’ E io allora domandai: ‘Chi siete voi?’ A cui egli rispose che era l'agnol Gabriello. ‘O signor mio, ’ diss'io ‘io vi priego che voi mi perdoniate.’ E egli allora disse: ‘E io ti perdono per tal convenente, che tu a lei vadi come tu prima potrai e facciti perdonare: e dove ella non ti perdoni, io ci tornerò e darottene tante, che io ti farò tristo per tutto il tempo che tu ci viverai.’ Quello che egli poi mi dicesse, io non ve l'oso dire, se prima non mi perdonate.” Donna zucca al vento, la quale era anzi che no un poco dolce di sale, godeva tutta udendo queste parole e verissime tutte le credea; e dopo alquanto disse: “Io vi diceva ben, frate Alberto, che le mie bellezze eran celestiali; ma, se Dio m'aiuti, di voi m'incresce, e infino a ora, acciò che più non vi sia fatto male, io vi perdono, sì veramente che voi mi diciate ciò che l'angelo poi vi disse.” Frate Alberto disse: “Madonna, poi che perdonato m'avete, io il vi dirò volentieri; ma una cosa vi ricordo, che cosa che io vi dica voi vi guardiate di dire a alcuna persona che sia nel mondo, se voi non volete guastare i fatti vostri, che siete la più avventurata donna che oggi sia al mondo. Questo agnol Gabriello mi disse che io vi dicessi che voi gli piacete tanto, che più volte a starsi con voi venuto la notte sarebbe, se non fosse per non ispaventarvi. Ora vi manda egli dicendo per me che a voi vuol venire una notte e dimorarsi una pezza con voi; e per ciò che egli è agnolo e venendo in forma d'agnolo voi nol potreste toccare, dice che per diletto di voi vuol venire in forma d'uomo, e per ciò dice che voi gli mandiate a dire quando volete che egli venga e in forma di cui, e egli ci verrà: di che voi, più che altra donna che viva, tener vi potete beata.” Madonna baderla allora disse che molto le piaceva se l'agnolo Gabriello l'amava, per ciò che ella amava ben lui, né era mai che una candela d'un mattapan non gli accendesse davanti dove dipinto il vedea; e che, qualora egli volesse a lei venire, egli fosse il ben venuto, ché egli la troverebbe tutta sola nella sua camera: ma con questo patto, che egli non dovesse lasciar lei per la Vergine Maria, ché l'era detto che egli le voleva molto bene, e anche si pareva, ché in ogni luogo che ella il vedeva le stava ginocchione innanzi; e oltre a questo, che a lui stesse di venire in qual forma volesse, pure che ella non avesse paura. Allora disse frate Alberto: “Madonna, voi parlate saviamente, e io ordinerò ben con lui quello che voi mi dite. Ma voi mi potete fare una gran grazia e a voi non costerà niente: e la

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Argomenti: giovane donna,    frate minore,    grosso bastone

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