Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 186

Testo di pubblico dominio

novella, tra' quali furon de' sì presuntuosi che ardiron di dire sé averlo veduto morto e essere stati alla sepoltura. La qual cosa saputa dalla donna e da' parenti di lui fu di grandissima e inestimabile doglia cagione non solamente a loro, ma a ciascuno che conosciuto l'avea. Lungo sarebbe a mostrare qual fosse e quanto il dolore e la tristizia e 'l pianto della sua donna; la quale dopo alquanti mesi che con tribulazion continua doluta s'era e a men dolersi avea cominciato, essendo ella da' maggiori uomini di Lombardia domandata, da' fratelli e dagli altri suoi parenti fu cominciata a sollecitar di maritarsi. Il che ella molte volte e con grandissimo pianto avendo negato, costretta alla fine le convenne far quello che vollero i suoi parenti, con questa condizione, che ella dovesse stare senza a marito andarne tanto quanto ella aveva promesso a messer Torello. Mentre in Pavia eran le cose della donna in questi termini e già forse otto dì al termine del doverne ella andare a marito eran vicini, avvenne che messer Torello in Alessandria vide un dì uno il quale veduto avea con gli ambasciador genovesi montar sopra la galea che a Genova ne venia; per che, fattolsi chiamare, il domandò che viaggio avuto avessero e quando a Genova fosser giunti. Al quale costui disse: “Signor mio, malvagio viaggio fece la galea, sì come in Creti senti', là dove io rimasi; per ciò che, essendo ella vicina di Cicilia, si levò una tramontana pericolosa che nelle secche di Barbaria la percosse, né ne scampò testa, e intra gli altri due miei fratelli vi perirono.” Messer Torello, dando alle parole di costui fede, ch'eran verissime, e ricordandosi che il termine ivi a pochi dì finiva da lui domandato alla donna e avvisando niuna cosa di suo stato doversi sapere a Pavia, ebbe per constante la donna dovere essere rimaritata; di che egli in tanto dolor cadde, che, perdutone il mangiare e a giacer postosi, diliberò di morire. La qual cosa come il Saladin sentì, che sommamente l'amava, venne da lui. Dopo molti prieghi e grandi fattigli, saputa la cagion del suo dolore e della sua infermità, il biasimò molto che avanti non gliele aveva detto e appresso il pregò che si confortasse, affermandogli che, dove questo facesse, egli adopererebbe sì, che egli sarebbe in Pavia al termine dato; e dissegli come. Messer Torello, dando fede alle parole del Saladino e avendo molte volte udito dire che ciò era possibile e fatto s'era assai volte, s'incominciò a confortare e a sollecitare il Saladino che di ciò si diliberasse. Il Saladino a un suo nigromante, la cui arte già espermentata aveva, impose che egli vedesse via come messer Torello sopra un letto in una notte fosse portato a Pavia; a cui il nigromante rispose che ciò saria fatto, ma che egli per ben di lui il facesse dormire. Ordinato questo, tornò il Saladino a messer Torello: e trovandol del tutto disposto a voler pure essere in Pavia al termine dato, se esser potesse, e se non potesse, a voler morire, gli disse così: “Messer Torello, se voi affettuosamente amate la donna vostra e che ella d'altrui non divegna dubitate, sallo Idio che io in parte alcuna non ve ne so riprendere, per ciò che di quante donne mi parve veder mai ella è colei li cui costumi, le cui maniere e il cui abito, lasciamo star la bellezza ch'è fior caduco, più mi paion da commendare e da aver care. Sarebbemi stato carissimo, poi che la fortuna qui v'aveva mandato, che quel tempo, che voi e io viver dobbiamo, nel governo del regno che io tengo parimente signori vivuti fossimo insieme: e se questo pur non mi dovea esser conceduto da Dio, dovendovi questo cader nell'animo o di morire o di ritrovarvi al termine posto in Pavia, sommamente avrei disiderato d'averlo saputo a tempo che io con quello onore, con quella grandezza, con quella compagnia che la vostra vertù merita v'avessi fatto porre a casa vostra; il che poi che conceduto non è e voi pur disiderate d'esser là di presente, come io posso, nella forma che detto v'ho, ve ne manderò.” Al quale messer Torel disse: “Signor mio, senza le vostre parole m'hanno gli effetti assai dimostrata della vostra benivolenzia, la quale mai da me in sì suppremo grado non fu meritata, e di ciò che voi dite, eziandio non dicendolo, vivo e morrò certissimo; ma poi che così preso ho per partito, io vi priego che quello che mi dite di fare si faccia tosto, per ciò che domane è l'ultimo dì che io debbo essere aspettato.” Il Saladino disse che ciò senza fallo era fornito: e il seguente dì, attendendo di mandarlo via la vegnente notte, fece il Saladin fare in una gran sala un bellissimo e ricco letto di materassi tutti, secondo la loro usanza tutti di velluti e di drappi a oro, e fecevi por suso una coltre lavorata a certi compassi di perle grossissime e di carissime pietre preziose, la qual fu poi di qua stimata infinito tesoro, e due guanciali quali a così fatto letto si richiedeano; e questo fatto, comandò che a messer Torello, il quale era già forte, fosse messa indosso una roba alla guisa saracinesca, la più ricca e la più bella cosa che mai fosse stata veduta per alcuno, e in testa alla lor guisa una delle sue lunghissime bende ravolgere. E essendo già l'ora tarda, il Saladino con molti de' suoi baroni nella camera là dove messer Torello era se n'andò, e postoglisi a sedere allato, quasi lagrimando a dir cominciò: “Messer Torello, l'ora che da voi divider mi dee s'appressa, e per ciò che io non posso né accompagnarvi né farvi accompagnare per la qualità del cammino che a fare avete, che nol sostiene, qui in camera da voi mi conviene prender commiato, al qual prendere venuto sono. E per ciò, prima che io a Dio vi comandi, vi priego per quello amore e per quella amistà la quale è tra noi, che di me vi ricordi; e, se possibile è, anzi che i nostri tempi finiscano, che voi, avendo in ordine poste le vostre cose di Lombardia, una volta almeno a veder mi vegniate, acciò che io possa in quella, essendomi d'avervi veduto rallegrato, quel diletto supplire che ora per la vostra fretta mi convien commettere; e infino che questo avvenga non vi sia grave visitarmi con lettere e di quelle cose che vi piaceranno richiedermi, ché più volentier per voi che per alcuno uom che viva le farò certamente.” Messer Torello non poté le lagrime ritenere: e per ciò da quelle impedito con poche parole rispose impossibil che mai i suoi benefici e il suo valore di mente gli uscissero e che senza fallo quello che egli comandava farebbe, dove tempo gli fosse prestato. Per che il Saladino, teneramente abbracciatolo e basciatolo, con molte lagrime gli disse “Andate con Dio” e della camera s'uscì; e gli altri baroni appresso tutti da lui s'acommiatarono e col Saladino in quella sala ne vennero là dove egli aveva fatto il letto acconciare. Ma essendo già tardi e il nigromante aspettando lo spaccio e affrettandolo, venne un medico con un beveraggio e, fattogli vedere che per fortificamento di lui gliele dava, gliel fece bere; né stette guari che adormentato fu. E così dormendo, fu portato per comandamento del Saladino in su il bel letto, sopra il quale esso una grande e bella corona pose di gran valore e sì la segnò, che apertamente fu poi compreso quella dal Saladino alla donna di messer Torello esser mandata. Appresso mise in dito a messer Torello uno anello nel quale era legato un carbunculo tanto lucente, che un torchio acceso pareva, il valor del quale appena si poteva stimare; quindi gli fece una spada cignere il cui guernimento non si saria di leggieri apprezzato; e oltre a questo un fermaglio gli fé davanti appiccare nel quale erano perle mai simili non vedute con altre care pietre assai; e poi da ciascun de' lati di lui due grandissimi bacin d'oro pieni di dobre fé porre, e molte reti di perle e anella e cinture e altre cose, le quali lungo sarebbe a raccontare, gli fece metter da torno. E questo fatto, da capo basciò messer Torello e al nigromante disse che si

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Argomenti: ricco letto,    inestimabile doglia,    malvagio viaggio

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