Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 163

Testo di pubblico dominio

dire al compagno; fanno romore insieme; la donna, ravedutasi, entra nel letto della figliuola e quindi con certe parole ogni cosa pacefica. Calandrino, che altre volte la brigata aveva fatta ridere, similmente questa volta la fece: de' fatti del quale poscia che le donne si tacquero, la reina impose a Panfilo che dicesse; il quale disse: –Laudevoli donne, il nome della Niccolosa amata da Calandrino m'ha nella memoria tornata una novella d'un'altra Niccolosa, la quale di raccontarvi mi piace, per ciò che in essa vedrete un subito avvedimento d'una buona donna avere un grande scandalo tolto via. Nel pian di Mugnone fu, non ha guari, un buono uomo, il quale a' viandanti dava pe' lor denari mangiare e bere; e come che povera persona fosse e avesse piccola casa, alcuna volta, per un bisogno grande, non ogni persona ma alcun conoscente albergava. Ora aveva costui una sua moglie assai bella femina, della quale aveva due figliuoli: e l'uno era una giovanetta bella e leggiadra, d'età di quindici o di sedici anni, che ancora marito non avea; l'altro era un fanciul piccolino che ancora non aveva uno anno, il quale la madre stessa allattava. Alla giovane aveva posti gli occhi addosso un giovinetto leggiadro e piacevole e gentile uomo della nostra città, il quale molto usava per la contrada, e focosamente l'amava; e ella, che d'esser da un così fatto giovane amata forte si gloriava, mentre di ritenerlo con piacevoli sembianti nel suo amor si sforzava, di lui similmente s'innamorò; e più volte per grado di ciascuna delle parti avrebbe tale amore avuto effetto, se Pinuccio (che così avea nome il giovane) non avesse schifato il biasimo della giovane e 'l suo. Ma pur di giorno in giorno multiplicando l'ardore, venne disiderio a Pinuccio di doversi pur con costei ritrovare; e caddegli nel pensiero di trovar modo di dovere col padre albergare, avvisando, sì come colui che la disposizion della casa della giovane sapeva, che, se questo facesse, gli potrebbe venir fatto d'esser con lei senza avvedersene persona; e come nell'animo gli venne, così senza indugio mandò a effetto. Esso insieme con un suo fidato compagno chiamato Adriano, il quale questo amor sapeva, tolti una sera al tardi due ronzini a vettura e postevi sù due valige, forse piene di paglia, di Firenze uscirono, e presa una lor volta sopra il pian di Mugnon cavalcando pervennero essendo già notte. E di quindi, come se di Romagna tornassero, data la volta verso le case se ne vennero, e alla casa del buon uom picchiarono; il quale, sì come colui che molto era dimestico di ciascuno, aperse la porta prestamente: al quale Pinuccio disse: “Vedi, a te conviene stanotte albergarci: noi ci credemmo dover potere entrare in Firenze e non ci siamo sì saputi studiare, che noi non siam qui pure a così fatta ora, come tu vedi, giunti.” A cui l'oste rispose: “Pinuccio, tu sai bene come io sono agiato di poter così fatti uomini, come voi siete, albergare; ma pur, poi che questa ora v'ha qui sopra giunti, né tempo ci è da potere andare altrove, io v'albergherò volentieri come io potrò.” Ismontati adunque i due giovani e nell'alberghetto entrati, primieramente i lor ronzini adagiarono e appresso, avendo ben seco portato da cena, insieme con l'oste cenarono. Ora non avea l'oste che una cameretta assai piccola, nella quale eran tre letticelli messi come il meglio l'oste avea saputo; né v'era per tutto ciò tanto di spazio rimaso, essendone due dall'una delle facce della camera e 'l terzo di rincontro a quegli dall'altra, che altro che strettamente andar vi si potesse. Di questi tre letti fece l'oste il men cattivo acconciar per li due compagni e fecegli coricare; poi dopo alquanto, non dormendo alcun di loro come che di dormir mostrassero, fece l'oste nell'un de' due che rimasi erano coricar la figliuola, e nell'altro s'entrò egli e la donna sua, la quale allato del letto dove dormiva pose la culla nella quale il suo piccolo figlioletto teneva. E essendo le cose in questa guisa disposte e Pinuccio avendo ogni cosa veduta, dopo alquanto spazio, parendogli che ogni uomo adormentato fosse, pianamente levatosi se n'andò al letticello dove la giovane amata da lui si giaceva, e miselesi a giacere allato: dalla quale, ancora che paurosamente il facesse, fu lietamente raccolto, e con essolei di quel piacere che più disideravano prendendo si stette. E standosi così Pinuccio con la giovane, avvenne che una gatta fece certe cose cadere, le quali la donna destatasi sentì; per che levatasi temendo non fosse altro, così al buio levatasi come era se n'andò là dove sentito aveva il romore. Adriano, che a ciò non avea l'animo, per avventura per alcuna oportunità natural si levò, alla quale espedire andando trovò la culla postavi dalla donna, e non potendo senza levarla oltre passare, presala, la levò del luogo dove era e posela allato al letto dove esso dormiva; e fornito quello per che levato s'era e tornandosene, senza della culla curarsi, nel letto se n'entrò. La donna, avendo cerco e trovato che quello che caduto era non era tal cosa, non si curò d'altramenti accender lume per vederlo, ma garrito alla gatta nella cameretta se ne tornò e a tentone dirittamente al letto dove il marito dormiva se n'andò; ma non trovandovi la culla disse seco stessa: “Oimè, cattiva me, vedi quel che io faceva! in fé di Dio, che io me n'andava dirittamente nel letto degli osti miei!”; e, fattasi un poco più avanti e trovata la culla, in quello letto al quale ella era allato insieme con Adriano si coricò, credendosi col marito coricare. Adriano, che ancora radormentato non era, sentendo questo la ricevette bene e lietamente, e senza fare altramenti motto da una volta in sù caricò l'orza con gran piacer della donna. E così stando, temendo Pinuccio non il sonno con la sua giovane il sopraprendesse, avendone quello piacer preso che egli disiderava, per tornar nel suo letto a dormire le si levò d'allato: e là venendone, trovando la culla, credette quello essere quel dell'oste; per che, fattosi un poco più avanti, insieme con l'oste si coricò, il quale per la venuta di Pinuccio si destò. Pinuccio, credendosi essere allato a Adriano, disse: “Ben ti dico che mai sì dolce cosa non fu come è la Niccolosa! Al corpo di Dio, io ho avuto con lei il maggior diletto che mai uomo avesse con femina, e dicoti che io sono andato da sei volte in suso in villa, poscia che io mi parti' quinci.” L'oste, udendo queste novelle e non piacendogli troppo, prima disse seco stesso: “Che diavol fa costui qui?” poi, più turbato che consigliato, disse: “Pinuccio, la tua è stata una gran villania, e non so perché tu mi t'abbi a far questo: ma per lo corpo di Dio io te ne pagherò.” Pinuccio, che non era il più savio giovane del mondo, avveggendosi del suo errore, non ricorse a emendare come meglio avesse potuto, ma disse: “Di che mi pagherai? che mi potrestù far tu?” La donna dell'oste, che col marito si credeva essere, disse a Adriano: “Oimè! odi gli osti nostri che hanno non so che parole insieme.” Adriano ridendo disse: “Lasciagli far, che Idio gli metta in malanno: essi bever troppo iersera.” La donna, parendole avere udito il marito garrire e udendo Adriano, incontanente conobbe là dove stata era e con cui: per che, come savia, senza alcuna parola dire subitamente si levò, e presa la culla del suo figlioletto, come che punto lume nella camera non si vedesse, per avviso la portò allato al letto dove dormiva la figliuola e con lei si coricò; e quasi desta fosse per lo romor del marito, il chiamò e domandollo che parole egli avesse con Pinuccio; il marito rispose: “Non odi tu ciò ch'e' dice che ha fatto stanotte alla Niccolosa?” La donna disse: “Egli mente ben per la gola, ché con la Niccolosa non è egli giaciuto: ché io mi ci coricai io in quel punto che io non ho mai poscia potuto dormire; e tu se' una bestia che gli credi. Voi bevete tanto la sera, che poscia sognate la notte e

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Argomenti: gentile uomo,    grande scandalo

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