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Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 128udita aveva, sentì il marito essere andato via, così, aperta la camera e racceso il lume, trovò la fante sua tutta pesta che piangeva forte; la quale come poté il meglio racconsolò e nella camera di lei la rimise, dove poi chetamente fattala servire e governare, sì di quello d'Arriguccio medesimo la sovvenne, che ella si chiamò per contenta. E come la fante nella sua camera rimessa ebbe, così prestamente il letto della sua rifece e quella tutta racconciò e rimise in ordine, come se quella notte niuna persona giaciuta vi fosse, e raccese la lampana e sé rivestì e racconciò, come se ancora a letto non si fosse andata; e accesa una lucerna e presi suoi panni, in capo della scala si pose a sedere e cominciò a cucire e a aspettare quello a che il fatto dovesse riuscire. Arriguccio, uscito di casa sua, quanto più tosto poté n'andò alla casa de' fratelli della moglie, e quivi tanto picchiò, che fu sentito e fugli aperto. Li fratelli della donna, che eran tre, e la madre di lei, sentendo che Arriguccio era, tutti si levarono e fatto accendere de' lumi vennero a lui e domandaronlo quello che egli a quella ora e così solo andasse cercando. A' quali Arriguccio, cominciandosi dallo spago che trovato aveva legato al dito del piè di monna Sismonda, infino all'ultimo di ciò che trovato e fatto avea narrò loro; e per fare loro intera testimonianza di ciò che fatto avesse, i capelli che alla moglie tagliati aver credeva lor pose in mano, aggiugnendo che per lei venissero e quel ne facessero che essi credessero che al loro onore appartenesse, per ciò che egli non intendeva di mai più in casa tenerla. I fratelli della donna, crucciati forte di ciò che udito avevano e per fermo tenendolo, contro a lei innanimati, fatti accender de' torchi, con intenzione di farle un mal giuoco con Arriguccio si misero in via e andaronne a casa sua. Il che veggendo la madre di loro, piagnendo gl'incominciò a seguitare or l'uno e or l'altro pregando che non dovessero queste cose così subitamente credere senza vederne altro o saperne, per ciò che il marito poteva per altra cagione esser crucciato con lei e averle fatto male e ora apporle questo per iscusa di sé; dicendo ancora che ella si maravigliava forte come ciò potesse essere avvenuto, per ciò che ella conosceva ben la sua figliuola, sì come cole' che infino da piccolina l'aveva allevata, e molte altre parole simiglianti. Pervenuti adunque a casa d'Arriguccio e entrati dentro, cominciarono a salir le scale; li quali monna Sismonda sentendo venir disse: “Chi è là?” Alla quale l'un de' fratelli rispose: “Tu il saprai bene, rea femina, chi è.” Disse allora monna Sismonda: “Ora che vorrà dir questo? Domine aiutaci!” e levatasi in piè disse: “Fratelli miei, voi siate i ben venuti; che andate voi cercando a questa ora tutti e tre?” Costoro, avendola veduta sedere e cuscire e senza alcuna vista nel viso d'essere stata battuta, dove Arriguccio aveva detto che tutta l'aveva pesta, alquanto nella prima giunta si maravigliarono e rifrenarono l'impeto della loro ira e domandarolla come stato fosse quello di che Arriguccio di lei si doleva, minacciandola forte se ogni cosa non dicesse loro. La donna disse: “Io non so ciò che io mi vi debba dire, né di che Arriguccio di me vi si debba esser doluto.” Arriguccio, vedendola, la guatava come smemorato, ricordandosi che egli l'aveva dati forse mille punzoni per lo viso e graffiatogliele e fattole tutti i mali del mondo, e ora la vedeva come se di ciò niente fosse stato. In brieve i fratelli le dissero ciò che Arriguccio loro aveva detto e dello spago e delle battiture e di tutto. La donna, rivolta a Arriguccio, disse: “Oimè, marito mio, che è quel ch'i' odo? Perché fai tu tener me rea femina con tua gran vergogna, dove io non sono, e te malvagio uomo e crudele di quello che tu non se'? E quando fostù questa notte più in questa casa, non che con meco? o quando mi battesti? Io per me non me ne ricordo.” Arriguccio cominciò a dire: “Come, rea femina, non ci andammo noi a letto insieme? non ci tornai io, avendo corso dietro all'amante tuo? non ti diedi io dimolte busse e taglia'ti i capelli?” La donna rispose: “In questa casa non ti coricasti tu iersera. Ma lasciamo stare di questo, ché non ne posso altra testimonianza fare che le mie vere parole, e vegniamo a quello che tu di', che mi battesti e tagliasti i capelli. Me non battestù mai, e quanti n'ha qui e tu altressì mi ponete mente se io ho segno alcuno per tutta la persona di battitura: né ti consiglierei che tu fossi tanto ardito, che tu mano addosso mi ponessi, ché, alla croce di Dio, io ti sviserei. Né i capelli altressì mi tagliasti, che io sentissi o vedessi, ma forse il facesti che io non me ne avvidi: lasciami vedere se io gli ho tagliati o no.” E levatisi suoi veli di testa mostrò che tagliati non gli avea ma interi. Le quali cose e vedendo e udendo i fratelli e la madre cominciarono verso d'Arriguccio a dire: “Che vuoi tu dire, Arriguccio? Questo non è già quello che tu ne venisti a dire che avevi fatto: e non sappiam noi come tu ti proverrai il rimanente.” Arriguccio stava come trasognato e voleva pur dire: ma veggendo che quello che egli credeva poter mostrare non era così, non s'attentava di dir nulla. La donna rivolta verso i fratelli disse: “Fratei miei, io veggio che egli è andato cercando che io faccia quello che io non volli mai fare, cioè che io vi racconti le miserie e le cattività sue: e io il farò. Io credo fermamente che ciò che egli v'ha detto gli sia intervenuto e abbial fatto, e udite come. Questo valente uomo, al qual voi nella mia mala ora per moglie mi deste, che si chiama mercatante e che vuole esser creduto e che dovrebbe esser più temperato che uno religioso e più onesto che una donzella, son poche sere che egli non si vada inebbriando per le taverne e or con questa cattiva femina e or con quella rimescolando; e a me si fa infino a mezzanotte e talora infino a matutino aspettare nella maniera che mi trovaste. Son certa che, essendo bene ebbro, si mise a giacere con alcuna sua trista e a lei, destandosi, trovò lo spago al piede e poi fece tutte quelle sue gagliardie che egli dice, e ultimamente tornò a lei e battella e tagliolle i capelli; e non essendo ancora ben tornato in sé, si credette, e son certa che egli crede ancora, queste cose aver fatte a me: e se voi il porrete ben mente nel viso, egli è ancora mezzo ebbro. Ma tuttavia, che che egli s'abbia di me detto, io non voglio che voi il vi rechiate se non come da uno ubriaco; e poscia che io gli perdono io, gli perdonate voi altressì.” La madre di lei, udendo queste parole, cominciò a fare romore e a dire: “Alla croce di Dio, figliuola mia, cotesto non si vorrebbe fare, anzi si vorrebbe uccidere questo can fastidioso e sconoscente, ché egli non ne fu degno d'avere una figliuola fatta come se' tu. Frate, bene sta! basterebbe se egli t'avesse ricolta del fango! Col malanno possa egli essere oggimai, se tu dei stare al fracidume delle parole d'un mercatantuzzo di feccia d'asino, che venutici di contado e usciti delle troiate vestiti di romagnuolo, con le calze a campanile e colla penna in culo, come egli hanno tre soldi, vogliono le figliuole de' gentili uomini e delle buone donne per moglie, e fanno arme e dicono: ‘I' son de' cotali’ e ‘Quei di casa mia fecer così’. Ben vorrei che' miei figliuoli n'avesser seguito il mio consiglio, che ti potevano così orrevolmente acconciare in casa i conti Guidi con un pezzo di pane, e essi vollon pur darti a questa bella gioia, che, dove tu se' la miglior figliuola di Firenze e la più onesta, egli non s'è vergognato di mezzanotte di dir che tu sii puttana, quasi noi non ti conoscessimo. Ma alla fé di Dio, se me ne fosse creduto, e' se ne gli darebbe sì fatta gastigatoia, che gli putirebbe.” E rivolta a' figliuoli disse: “Figliuoli miei, io il vi dicea bene che questo non doveva potere essere. 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