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Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 4creature umane si crede per certo dentro alle mura della città di Firenze essere stati di vita tolti, che forse, anzi l'accidente mortifero, non si saria estimato tanti avervene dentro avuti? O quanti gran palagi, quante belle case, quanti nobili abituri per adietro di famiglie pieni, di signori e di donne, infino al menomo fante rimaser voti! O quante memorabili schiatte, quante ampissime eredità, quante famose ricchezze si videro senza successor debito rimanere! Quanti valorosi uomini, quante belle donne, quanti leggiadri giovani, li quali non che altri, ma Galieno, Ipocrate o Esculapio avrieno giudicati sanissimi, la mattina desinarono co' lor parenti, compagni e amici, che poi la sera vegnente appresso nell'altro mondo cenaron con li lor passati! A me medesimo incresce andarmi tanto tra tante miserie ravolgendo: per che, volendo omai lasciare star quella parte di quelle che io acconciamente posso schifare, dico che, stando in questi termini la nostra città, d'abitatori quasi vota, addivenne, sì come io poi da persona degna di fede sentii, che nella venerabile chiesa di Santa Maria Novella, un martedì mattina, non essendovi quasi alcuna altra persona, uditi li divini ufici in abito lugubre quale a sì fatta stagione si richiedea, si ritrovarono sette giovani donne tutte l'una all'altra o per amistà o per vicinanza o per parentado congiunte, delle quali niuna il venti e ottesimo anno passato avea né era minor di diciotto, savia ciascuna e di sangue nobile e bella di forma e ornata di costumi e di leggiadra onestà. Li nomi delle quali io in propria forma racconterei, se giusta cagione da dirlo non mi togliesse, la quale è questa: che io non voglio che per le raccontate cose da loro, che seguono, e per l'ascoltate nel tempo avvenire alcuna di loro possa prender vergogna, essendo oggi alquanto ristrette le leggi al piacere che allora, per le cagioni di sopra mostrate, erano non che alla loro età ma a troppo più matura larghissime; né ancora dar materia agl'invidiosi, presti a mordere ogni laudevole vita, di diminuire in niuno atto l'onestà delle valorose donne con isconci parlari. E però, acciò che quello che ciascuna dicesse senza confusione si possa comprendere appresso, per nomi alle qualità di ciascuna convenienti o in tutto o in parte intendo di nominarle: delle quali la prima, e quella che di più età era, Pampinea chiameremo e la seconda Fiammetta, Filomena la terza e la quarta Emilia, e appresso Lauretta diremo alla quinta e alla sesta Neifile, e l'ultima Elissa non senza cagion nomeremo. Le quali, non già da alcuno proponimento tirate ma per caso in una delle parti della chiesa adunatesi, quasi in cerchio a seder postesi, dopo più sospiri lasciato stare il dir de' paternostri, seco della qualità del tempo molte e varie cose cominciarono a ragionare. E dopo alcuno spazio, tacendo l'altre, così Pampinea cominciò a parlare:–Donne mie care, voi potete, così come io, molte volte avere udito che a niuna persona fa ingiuria chi onestamente usa la sua ragione. Natural ragione è, di ciascuno che ci nasce, la sua vita quanto può aiutare e conservare e difendere: e concedesi questo tanto, che alcuna volta è già addivenuto che, per guardar quella, senza colpa alcuna si sono uccisi degli uomini. E se questo concedono le leggi, nelle sollecitudini delle quali è il ben vivere d'ogni mortale, quanto maggiormente, senza offesa d'alcuno, è a noi e a qualunque altro onesto alla conservazione della nostra vita prendere quegli rimedii che noi possiamo? Ognora che io vengo ben raguardando alli nostri modi di questa mattina e ancora a quegli di più altre passate e pensando chenti e quali li nostri ragionamenti sieno, io comprendo, e voi similemente il potete comprendere, ciascuna di noi di se medesima dubitare: né di ciò mi maraviglio niente, ma maravigliomi forte, avvedendomi ciascuna di noi aver sentimento di donna, non prendersi per voi a quello di che ciascuna di voi meritamente teme alcun compenso. Noi dimoriamo qui, al parer mio, non altramente che se essere volessimo o dovessimo testimonie di quanti corpi morti ci sieno alla sepoltura recati o d'ascoltare se i frati di qua entro, de' quali il numero è quasi venuto al niente, alle debite ore cantino i loro ufici, o a dimostrare a qualunque ci apparisce, ne' nostri abiti, la qualità e la quantità delle nostre miserie. E se di quinci usciamo, o veggiamo corpi morti o infermi trasportarsi da torno, o veggiamo coloro li quali per li loro difetti l'autorità delle publiche leggi già condannò a essilio, quasi quelle schernendo per ciò che sentono gli essecutori di quelle o morti o malati, con dispiacevoli impeti per la terra discorrere, o la feccia della nostra città, del nostro sangue riscaldata, chiamarsi becchini e in istrazio di noi andar cavalcando e discorrendo per tutto, con disoneste canzoni rimproverandoci i nostri danni; né altra cosa alcuna ci udiamo, se non ‘I cotali son morti’ e ‘Gli altretali sono per morire’; e se ci fosse chi fargli, per tutto dolorosi pianti udiremmo. E se alle nostre case torniamo, non so se a voi così come a me adiviene: io, di molta famiglia, niuna altra persona in quella se non la mia fante trovando, impaurisco e quasi tutti i capelli adosso mi sento arricciare, e parmi, dovunque io vado o dimoro per quella, l'ombre di coloro che sono trapassati vedere, e non con quegli visi che io soleva, ma con una vista orribile non so donde in loro nuovamente venuta spaventarmi. Per le quali cose, e qui e fuori di qui e in casa mi sembra star male, e tanto più ancora quanto egli mi pare che niuna persona, la quale abbia alcun polso e dove possa andare, come noi abbiamo, ci sia rimasa altri che noi. E ho sentito e veduto più volte, se pure alcuni ce ne sono, quegli cotali, senza fare distinzione alcuna dalle cose oneste a quelle che oneste non sono, solo che l'appetito le cheggia, e soli e accompagnati, di dì e di notte, quelle fare che più di diletto lor porgono; e non che le solute persone, ma ancora le racchiuse ne' monisteri, faccendosi a credere che quello a lor si convenga e non si disdica che all'altre, rotte della obedienza le leggi, datesi a' diletti carnali, in tal guisa avvisando scampare, son divenute lascive e dissolute. E se così è, che essere manifestamente si vede, che faccian noi qui, che attendiamo, che sognamo? perché più pigre e lente alla nostra salute che tutto il rimanente de' cittadini siamo? reputianci noi men care che tutte l'altre? o crediamo la nostra vita con più forti catene esser legata al nostro corpo che quella degli altri sia, e così di niuna cosa curar dobbiamo la quale abbia forza d'offenderla? Noi erriamo, noi siamo ingannate: che bestialità è la nostra se così crediamo? quante volte noi ci vorrem ricordare chenti e quali sieno stati i giovani e le donne vinte da questa crudel pestilenzia, noi ne vedremo apertissimo argomento. E per ciò, acciò che noi per ischifaltà o per traccutaggine non cadessimo in quello di che noi per avventura per alcuna maniera volendo potremmo scampare, non so se a voi quello se ne parrà che a me ne parrebbe: io giudicherei ottimamente fatto che noi, sì come noi siamo, sì come molti innanzi a noi hanno fatto e fanno, di questa terra uscissimo, e fuggendo come la morte i disonesti essempli degli altri onestamente a' nostri luoghi in contado, de' quali a ciascuna di noi è gran copia, ce ne andassimo a stare, e quivi quella festa, quella allegrezza, quello piacere che noi potessimo, senza trapassare in alcuno atto il segno della ragione, prendessimo. Quivi s'odono gli uccelletti cantare, veggionvisi verdeggiare i colli e le pianure, e i campi pieni di biade non altramenti ondeggiare che il mare, e d'alberi ben mille maniere, e il cielo più apertamente, il quale, ancora che crucciato ne sia, non per ciò le sue bellezze eterne ne nega, le quali molto più belle sono a riguardare che le mura vote della nostra città; e èvvi, oltre a questo, l'aere assai più Tag: noi nostra donne vita persona cose alcuno altri tutto Argomenti: sera vegnente, sangue nobile, alcuno proponimento, menomo fante, venerabile chiesa Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Il colore del tempo di Federico De Roberto Marocco di Edmondo De Amicis Rinaldo di Torquato Tasso Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Corbaccio di Giovanni Boccaccio Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come sapere se abbiamo trovato la nostra anima gemella Aggressività e comportamento del furetto Come fare una proposta di matrimonio (per donne) Come gestire il rapporto con la suocera Come affrontare e superare l'infedeltà del proprio marito
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