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Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 150questa loro usanza, che non parea che senza Bruno il maestro potesse né sapesse vivere. Bruno, parendogli star bene, acciò che ingrato non paresse di questo onor fattogli dal medico, gli aveva dipinta nella sala sua la Quaresima e uno agnusdei all'entrar della camera e sopra l'uscio della via uno orinale, acciò che coloro che avessero del suo consiglio bisogno il sapessero riconoscer dagli altri; e in una sua loggetta gli aveva dipinta la battaglia de' topi e delle gatte, la quale troppo bella cosa pareva al medico; e oltre a questo diceva alcuna volta al maestro, quando con lui non aveva cenato: “Stanotte fu' io alla brigata: e essendomi un poco la reina d'Inghilterra rincresciuta, mi feci venir la gumedra del gran can d'Altarisi.” Diceva il maestro: “Che vuol dir gumedra? Io non gl'intendo questi nomi.” “O maestro mio, “ diceva Bruno “io non me ne maraviglio, ché io ho bene udito dire che Porcograsso e Vannaccena non ne dicon nulla.” Disse il maestro: “Tu vuoi dire Ipocrasso e Avicena.” Disse Bruno: “Gnaffé! io non so: io m'intendo così male de' vostri nomi come voi de' miei; ma la gumedra in quella lingua del gran cane vuol tanto dire quanto imperadrice nella nostra. O ella vi parrebbe la bella feminaccia! Ben vi so dire che ella vi farebbe dimenticare le medicine e gli argomenti e ogni impiastro.” E così dicendogli alcuna volta per più accenderlo, avvenne che, parendo a messer lo maestro una sera a vegghiare (parte che il lume teneva a Bruno e ch'e' la battaglia de' topi e delle gatte dipigneva) bene averlo co' suoi onor preso, che egli si dispose d'aprirgli l'animo suo; e soli essendo gli disse: “Bruno, come Idio sa, egli non vive oggi alcuna persona per cui io facessi ogni cosa come io farei per te, e per poco, se tu mi dicessi che io andassi di qui a Peretola, io credo che io v'andrei; e per ciò non voglio che tu ti maravigli se io te dimesticamente e a fidanza richiederò. Come tu sai, egli non è guari che tu mi ragionasti de' modi della vostra lieta brigata, di che sì gran disidero d'esserne m'è venuto, che mai niuna altra cosa si disiderò tanto. E questo non è senza cagione, come tu vedrai se ma avviene che io ne sia: ché infino a ora voglio io che tu ti faccia beffe di me se io non vi fo venire la più bella fante che tu vedessi già è buona pezza, che io vidi pur l'altr'anno a Cacavincigli, a cui io voglio tutto il mio bene; e per lo corpo di Cristo che io le volli dare diece bolognin grossi e ella mi s'acconsentisse, e non volle. E però quanto più posso ti priego che m'insegni quello che io abbia a fare per dovervi potere essere, e che tu ancora facci e adoperi che io vi sia; e nel vero voi avrete di me buono e fedel compagno e orrevole. Tu vedi innanzi innanzi come io sono bello uomo e come mi stanno bene le gambe in su la persona, e ho un viso che pare una rosa; e oltre a ciò son dottore di medicine, che non credo che voi ve ne abbiate niuno, e so dimolte belle cose e di belle canzonette, e vo'tene dire una”; e di botto incominciò a cantare. Bruno aveva sì gran voglia di ridere, che egli in se medesimo non capeva, ma pur si tenne; e finita la canzone el maestro disse: “Che te ne pare?” Disse Bruno: “Per certo con voi perderieno le cetere de' sagginali, sì artagoticamente stracantate.” Disse il maestro: “Io dico che tu non l'avresti mai creduto, se tu non m'avessi udito.” “Per certo voi dite vero” disse Bruno. Disse il maestro: “Io so bene anche dell'altre, ma lasciamo ora star questo. Così fatto come tu mi vedi, mio padre fu gentile uomo, benché egli stesse in contado, e io altressì son nato per madre di quegli da Valecchio: e, come tu hai potuto vedere, io ho pure i più be' libri e le più belle robe che medico di Firenze. In fé di Dio, i' ho roba che costò, contata ogni cosa, delle lire presso a cento di bagattini, già è degli anni più di diece! Per che quanto più posso ti priego che facci che io ne sia: e in fé di Dio, se tu il fai, sie pure infermo, se tu sai, che mai di mio mestiere io non ti torrò un denaio.” Bruno, udendo costui e parendogli, sì come altre volte assai paruto gli era, un lavaceci, disse: “Maestro, fate un poco il lume più qua, e non v'incresca infin tanto che io abbia fatte le code a questi topi: e poi vi risponderò.” Fornite le code, e Bruno faccendo vista che forte la petizion gli gravasse, disse: “Maestro mio, gran cose son quelle che per me fareste, e io il conosco: ma tuttavia quella che a me adimandate, quantunque alla grandezza del vostro cervello sia piccola, pure è a me grandissima, né so alcuna persona del mondo per cui io potendo la mi facesse, se io non la facessi per voi, sì perché v'amo quanto si conviene e sì per le parole vostre, le quali son condite di tanto senno, che trarrebbono le pinzochere degli usatti non che me del mio proponimento; e quanto più uso con voi, più mi parete savio. E dicovi ancora così, che se altro non mi vi facesse voler bene, sì vi vo' bene perché veggio che innamorato siete di così bella cosa come diceste. Ma tanto vi vo' dire: io non posso in queste cose quello che voi avvisate e per questo non posso per voi quello che bisognerebbe adoperare; ma ove voi mi promettiate sopra la vostra grande e calterita fede di tenerlomi credenza, io vi darò il modo che a tenere avrete, e parmi esser certo, avendo voi così be' libri e l'altre cose che di sopra dette m'avete, ch'egli vi verrà fatto.” A cui il maestro disse: “Sicuramente dì: io veggio che tu non mi conosci bene e non sai ancora come io so tenere segreto. Egli erano poche cose che messer Guasparuolo da Saliceto facesse, quando egli era giudice della podestà di Forlimpopoli, che egli non me le mandasse a dire, perché mi trovava così buon segretaro. E vuoi vedere se io dico vero? Io fui il primaio uomo a cui egli dicesse che egli era per isposare la Bergamina: vedi oggimai tu!” “Or bene sta dunque:” disse Bruno “se cotestui se ne fidava, ben me ne posso fidare io. Il modo che voi avrete a tener fia questo. Noi sì abbiamo a questa nostra brigata sempre un capitano con due consiglieri, li quali di sei in sei mesi si mutano, e senza fallo a calendi sarà capitano Buffalmacco e io consigliere, e così è fermato: e chi è capitano può molto in mettervi e far che messo vi sia chi egli vuole; e per ciò a me parrebbe che voi, in quanto voi poteste, voi prendeste la dimestichezza di Buffalmacco e facestegli onore. Egli è uomo che, veggendovi così savio, s'innamorerà di voi incontanente, e quando voi l'avrete col senno vostro e con queste buone cose che avete un poco dimesticato, voi il potrete richiedere: egli non vi saprà dir di no. Io gli ha già ragionato di voi, e vuolvi il meglio del mondo; e quando voi avrete fatto così, lasciate far me con lui.” Allora disse il maestro: “Troppo mi piace ciò che tu ragioni; e se egli è uomo che si diletti de' savi uomini e favellami pure un poco, io farò bene che egli m'andrà sempre cercando, per ciò che io n'ho tanto del senno, che io ne potrei fornire una città e rimarrei savissimo.” Ordinato questo, Brun disse ogni cosa a Buffalmacco per ordine: di che a Buffalmacco parea mille anni di dovere essere a far quello che questo maestro sapa andava cercando. Il medico, che oltre modo disiderava d'andare in corso, non mollò mai che egli divenne amico di Buffalmacco, il che agevolmente gli venne fatto; e cominciogli a dare le più belle cene e i più belli desinari del mondo, e a Bruno con lui altressì, e essi si carapignavano, come que' signori li quali, sentendogli bonissimi vini e di grossi capponi e d'altre buone cose assai, gli si tenevano assai di presso e senza troppi inviti, dicendo sempre che con un altro ciò non farebbono, si rimanevan con lui. Ma pure, quando tempo parve al maestro, sì come Bruno aveva fatto, così Buffalmacco richiese; di che Buffalmacco si mostrò molto turbato e fece a Bruno un gran romore in testa, dicendo: “Io fo boto Tag: bruno maestro bene cose dire gran tanto uomo posso Argomenti: troppo bella, bello uomo, primaio uomo Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Il benefattore di Luigi Capuana L'Olimpia di Giambattista Della Porta Le femmine puntigliose di Carlo Goldoni Nuove storie d'ogni colore di Emilio De Marchi Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come smettere di essere innamorati Le vacanze insieme per salvare la vita di coppia Sposarsi senza spendere troppo Vacanze a Istria: una storia da raccontare Offerta capodanno a Minsk
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