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Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 155che la vita mia, e piacemi forte che tu con intendimento di starci tornato ci sii, però che spero d'avere ancora assai di buon tempo con teco; ma io mi ti voglio un poco scusare che, di quei tempi che tu te n'andasti, alcune volte ci volesti venire e non potesti, e alcune ci venisti e non fosti così lietamente veduto come solevi, e oltre a questo di ciò che io al termine promesso non ti rendei i tuoi denari. Tu dei sapere che io era allora in grandissimo dolore e in grandissima afflizione, e chi è in così fatta disposizione, quantunque egli ami molto altrui, non gli può far così buon viso né attendere tuttavia a lui come colui vorrebbe: e appresso dei sapere ch'egli è molto malagevole a una donna il poter trovar mille fiorin d'oro, e sonci tutto il dì dette delle bugie e non c'è attenuto quello che c'è promesso e per questo conviene che noi altressì mentiamo altrui; e di quinci venne, e non da altro difetto, che io i tuoi denari non ti rendei. Ma io gli ebbi poco appresso la tua partita: e se io avessi saputo dove mandargliti, abbi per certo che io te gli avrei mandati; ma perché saputo non l'ho, gli t'ho guardati.” E fattasi venire una borsa dove erano quegli medesimi che esso portati l'avea, gliele pose in mano e disse: “Annovera se son cinquecento.” Salabaetto non fu mai sì lieto, e annoveratigli e trovatigli cinquecento e ripostigli, disse: “Madonna, io conosco che voi dite vero, ma voi n'avete fatto assai: e dicovi che per questo e per l'amore che io vi porto voi non ne vorreste da me per niun vostro bisogno quella quantità che io potessi fare, che io non ve ne servissi; e come io ci sarò acconcio voi ne potrete essere alla pruova.” E in questa guisa reintegrato con lei l'amore in parole, rincominciò Salabaetto vezzatamente a usar con lei, e ella a fargli i maggior piaceri e i maggiori onori del mondo, e a mostrargli il maggiore amore. Ma Salabaetto, volendo col suo inganno punire lo 'nganno di lei, avendogli ella il dì mandato che egli a cena e a albergo con lei andasse, v'andò tanto malinconoso e tanto tristo, che egli pareva che volesse morire. Iancofiore, abbracciandolo e basciandolo, lo 'ncominciò a domandare perché egli questa malinconia avea. Egli, poi che una buona pezza s'ebbe fatto pregare, disse: “Io son diserto per ciò che il legno, sopra il quale è la mercatantia che io aspettava, è stato preso da' corsari di Monaco e riscattasi diecemilia fiorin d'oro, de' quali ne tocca a pagare a me mille, e io non ho un denaio, per ciò che li cinquecento che mi rendeste incontanente mandai a Napoli a investire in tele per far venir qui. E se io vorrò al presente vendere la mercatantia la quale ho qui, per ciò che non è tempo, appena che io abbia delle due derrate un denaio; e io non ci sono sì ancora conosciuto che io ci trovassi chi di questo mi sovenisse, e per ciò io non so che mi fare né che mi dire; e se io non mando tosto i denari, la mercatantia ne fia portata a Monaco e non ne riavrò mai nulla.” La donna, forte crucciosa di questo, sì come colei alla quale tutto il pareva perdere, avvisando che modo ella dovesse tenere acciò che a Monaco non andasse, disse: “Dio il sa che ben me ne incresce per tuo amore: ma che giova il tribolarsene tanto? Se io avessi questi denari, sallo Idio che io gli ti presterei incontanente, ma io no' gli ho. È il vero che egli ci è alcuna persona il quale l'altrieri mi servì de' cinquecento che mi mancavano, ma grossa usura ne vuole, ché egli non ne vuol meno che a ragione di trenta per centinaio; se da questa cotal persona tu gli volessi, converrebbesi far sicuro di buon pegno, e io per me sono acconcia d'impegnar per te tutte queste robe e la persona per tanto quanto egli ci vorrà sù prestare, per poterti servire: ma del rimanente come il sicurerai tu?” Conobbe Salabaetto la cagione che movea costei a fargli questo servigio e accorsesi che di lei dovevano essere i denari prestati; il che piacendogli, prima la ringraziò, e appresso disse che già per pregio ingordo non lascerebbe, strignendolo il bisogno; e poi disse che egli il sicurerebbe della mercatantia la quale aveva in dogana, faccendola scrivere in colui che i denar gli prestasse, ma che egli voleva guardare la chiave de' magazzini, sì per potere mostrare la sua mercatantia se richesta gli fosse e sì acciò che niuna cosa gli potesse essere tocca o tramutata o scambiata. La donna disse che questo era ben detto, e era assai buona sicurtà; e per ciò, come il dì fu venuto, ella mandò per un sensale di cui ella si confidava molto e, ragionato con lui questo fatto, gli diè mille fiorin d'oro li quali il sensale prestò a Salabaetto e fece in suo nome scrivere alla dogana ciò che Salabaetto dentro v'avea; e fattesi loro scritte e contrascritte insieme e in concordia rimasi, attesero a' loro altri fatti. Salabaetto, come più tosto poté montato in su un legnetto, con millecinquecento fiorini d'oro a Pietro dello Canigiano se ne tornò a Napoli, e di quindi buona e intera ragione rimandò a Firenze a' suoi maestri che co' panni l'avevan mandato. E pagato Pietro e ogni altro a cui alcuna cosa doveva, più dì col Canigiano si diè buon tempo dello inganno fatto alla ciciliana; poi di quindi, non volendo più mercatante essere, se ne venne a Ferrara. Iancofiore, non trovandosi Salabaetto in Palermo, s'incominciò a maravigliare e divenire sospettosa; e poi che ben due mesi aspettato l'ebbe, veggendo che non veniva, fece che il sensale fece schiavare i magazzini. E primieramente tastate le botti che si credeva che piene d'olio fossero, trovò quelle esser piene d'acqua marina, avendo in ciascuna forse un baril d'olio di sopra vicino al cocchiume; poi, sciogliendo le balle, tutte, fuor che due che panni erano, piene le trovò di capecchio; e in brieve, tra ciò che v'era, non valeva oltre a dugento fiorini. Di che Iancofiore tenendosi scornata, lungamente pianse i cinquecento renduti e troppo più i mille prestati, spesse volte dicendo: “Chi ha a far con tosco, non vuole esser losco.” E così, rimasasi col danno e con le beffe, trovò che tanto seppe altri quanto altri.– Conclusione Come Dioneo ebbe la sua novella finita, così Lauretta, conoscendo il termine esser venuto oltre al quale più regnar non dovea, commendato il consiglio di Pietro Canigiano che apparve dal suo effetto buono e la sagacità di Salabaetto che non fu minore a mandarlo a essecuzione, levatasi la laurea di capo, in testa a Emilia la pose donnescamente dicendo:–Madonna, io non so come piacevole reina noi avrem di voi, ma bella la pure avrem noi: fate adunque che alle vostre bellezze l'opere sien rispondenti–; e tornossi a sedere. Emilia, non tanto dell'esser reina fatta quanto del vedersi così in publico commendare di ciò che le donne sogliono esser più vaghe, un pochetto si vergognò e tal nel viso divenne quali in su l'aurora son le novelle rose; ma pur, poi che tenuti ebbe gli occhi alquanto bassi e ebbe il rossor dato luogo, avendo col suo siniscalco de' fatti pertinenti alla brigata ordinato, così cominciò a parlare:– Dilettose donne assai manifestamente veggiamo che, poi che i buoi alcuna parte del giorno hanno faticato sotto il giogo ristretti, quegli esser dal giogo alleviati e disciolti, e liberamente dove lor più piace, per li boschi lasciati sono andare alla pastura: e veggiamo ancora non esser men belli ma molto più i giardini di varie piante fronzuti che i boschi ne' quali solamente querce veggiamo; per le quali cose io estimo, avendo riguardo quanti giorni sotto certa legge ristretti ragionato abbiamo, che, sì come a bisognosi, di vagare alquanto e vagando riprender forze a rientrar sotto il giogo non solamente sia utile ma oportuno. E per ciò quello che domane, seguendo il vostro dilettevole ragionar, sia da dire non intendo di ristrignervi sotto alcuna spezialtà, ma voglio che ciascuno secondo che gli piace ragioni, fermamente tenendo che la varietà delle cose che si diranno non meno Tag: tanto mille fatto essere sotto amore assai oro cinquecento Argomenti: pregio ingordo, effetto buono Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Corbaccio di Giovanni Boccaccio Orfeo di Angelo Poliziano Diario del primo amore di Giacomo Leopardi Il benefattore di Luigi Capuana Il fiore di Dante Alighieri Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come seccare i petali di rosa Come affrontare con fiducia un colloquio di lavoro in azienda Come affrontare la paura del tradimento La pausa di riflessione in amore Come scegliere gli occhiali da sole
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