Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 137

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non ce ne andiam noi?” A cui Bruno rispose: “Andianne; ma io giuro a Dio che mai Calandrino non me ne farà più niuna; e se io gli fossi presso come stato sono tutta mattina, io gli darei tale di questo ciotto nelle calcagna, che egli si ricorderebbe forse un mese di questa beffa”; e il dir le parole e l'aprirsi e 'l dar del ciotto nel calcagno a Calandrino fu tutto uno. Calandrino, sentendo il duolo, levò alto il piè e cominciò a soffiare ma pur si tacque e andò oltre. Buffalmacco, recatosi in mano uno de' codoli che raccolti avea, disse a Bruno: “Deh vedi bel codolo: così giugnesse egli testé nelle reni a Calandrino!” e lasciato andare, gli diè con esso nelle reni una gran percossa; e in brieve in cotal guisa, or con una parola e or con un'altra, su per lo Mugnone infino alla porta a San Gallo il vennero lapidando. Quindi, in terra gittate le pietre che ricolte aveano, alquanto con le guardie de' gabellieri si ristettero; le quali, prima da loro informate, faccendo vista di non vedere lasciarono andar Calandrino con le maggior risa del mondo. Il quale senza arrestarsi se ne venne a casa sua, la quale era vicina al Canto alla Macina; e in tanto fu la fortuna piacevole alla beffa, che, mentre Calandrino per lo fiume ne venne e poi per la città, niuna persona gli fece motto, come che pochi ne scontrasse per ciò che quasi a desinare era ciascuno. Entrossene adunque Calandrino così carico in casa sua. Era per avventura la moglie di lui, la quale ebbe nome monna Tessa, bella e valente donna, in capo della scala: e alquanto turbata della sua lunga dimora, veggendol venire cominciò proverbiando a dire: “Mai, frate, il diavol ti ci reca! Ogni gente ha già desinato quando tu torni a desinare.” Il che udendo Calandrino e veggendo che veduto era, pieno di cruccio e di dolore cominciò a gridare: “Oimè, malvagia femina, o eri tu costì? Tu m'hai diserto, ma in fé di Dio io te ne pagherò!” e salito in una sua saletta e quivi scaricate le molte pietre che recate avea, niquitoso corse verso la moglie e presala per le trecce la si gittò a' piedi, e quivi, quanto egli poté menar le braccia e' piedi, tanto le diè per tutta la persona: pugna e calci, senza lasciarle in capo capello o osso adosso che macero non fosse le diede, niuna cosa valendole il chieder mercé con le mani in croce. Buffalmacco e Bruno, poi che co' guardiani della porta ebbero alquanto riso, con lento passo cominciarono alquanto lontani a seguitar Calandrino; e giunti a piè dell'uscio di lui sentirono la fiera battitura la quale alla moglie dava, e faccendo vista di giugnere pure allora il chiamarono. Calandrino tutto sudato, rosso e affannato si fece alla finestra e pregogli che suso a lui dovessero andare. Essi, mostrandosi alquanto turbati, andaron suso e videro la sala piena di pietre e nell'un de' canti la donna scapigliata, stracciata, tutta livida e rotta nel viso, dolorosamente piagnere; e d'altra parte Calandrino, scinto e ansando a guisa d'uom lasso, sedersi. Dove, come alquanto ebbero riguardato, dissero: “Che è questo, Calandrino? vuoi tu murare, ché noi veggiamo qui tante pietre?” e oltre a questo sugiunsero: “E monna Tessa che ha? E' par che tu l'abbi battuta: che novelle son queste?” Calandrino, faticato dal peso delle pietre e dalla rabbia con la quale la donna aveva battuta e del dolore della ventura la quale perduta gli pareva avere, non poteva raccoglier lo spirito a formare intera la parola alla risposta; per che soprastando, Buffalmacco rincominciò: “Calandrino, se tu avevi altra ira, tu non ci dovevi per ciò straziare come fatto hai; ché, poi sodotti ci avesti a cercar teco della pietra preziosa, senza dirci a Dio né a diavolo, a guisa di due becconi nel Mugnon ci lasciasti e venistitene, il che noi abbiamo forte per male; ma per certo questa fia la sezzaia che tu ci farai mai.” A queste parole Calandrino sforzandosi rispose: “Compagni, non vi turbate, l'opera sta altramenti che voi non pensate. Io, sventurato!, aveva quella pietra trovata; e volete udire se io dico il vero? Quando voi primieramente di me domandaste l'un l'altro, io v'era presso a men di diece braccia e veggendo che voi ve ne venavate e non mi vedavate v'entrai innanzi, e continuamente poco innanzi a voi me ne son venuto.” E cominciandosi dall'un de' capi infin la fine raccontò loro ciò che essi fatto e detto aveano e mostrò loro il dosso e le calcagna come i ciotti conci gliel'avessero; e poi seguitò: “E dicovi che, entrando alla porta con tutte queste pietre in seno che voi vedete qui, niuna cosa mi fu detta, ché sapete quanto esser sogliano spiacevoli e noiosi que' guardiani a volere ogni cosa vedere; e oltre a questo ho trovati per la via più miei compari e amici, li quali sempre mi soglion far motto e invitarmi a bere, né alcun fu che parola mi dicesse né mezza, sì come quegli che non mi vedeano. Alla fine, giunto qui a casa, questo diavolo di questa femina maladetta mi si parò dinanzi e ebbemi veduto, per ciò che, come voi sapete, le femine fanno perder la vertù a ogni cosa: di che io, che mi poteva dire il più avventurato uom di Firenze, sono rimaso il più sventurato; e per questo l'ho tanto battuta quanto io ho potuto menar le mani e non so a quello che io mi tengo che io non le sego le veni, che maladetta sia l'ora che io prima la vidi e quando ella mai venne in questa casa!” E raccesosi nell'ira si voleva levare per tornare a batterla da capo. Buffalmacco e Bruno, queste cose udendo, facevan vista di maravigliarsi forte e spesso affermavano quello che Calandrino diceva, e avevano sì gran voglia di ridere, che quasi scoppiavano; ma vedendolo furioso levare per battere un'altra volta la moglie, levatiglisi alla 'ncontro il ritennero, dicendo di queste cose niuna colpa aver la donna ma egli, che sapeva che le femine facevano perdere la vertù alle cose e non l'aveva detto che ella si guardasse d'apparirgli innanzi quel giorno: il quale avvedimento Idio gli aveva tolto o per ciò che la ventura non doveva esser sua o perché egli aveva in animo d'ingannare i suoi compagni, a' quali, come s'avedeva averla trovata, il dovea palesare. E dopo molte parole, non senza gran fatica la dolente donna riconciliata con essolui e lasciandol malinconoso con la casa piena di pietre, si partirono.– 4 Il proposto di Fiesole ama una donna vedova: non è amato da lei e, credendosi giacer con lei, giace con una sua fante, e i fratelli della donna vel fanno trovare al vescovo suo. Venuta Elissa alla fine della sua novella non senza gran piacere di tutta la compagnia avendola raccontata, quando la reina a Emilia voltatasi le mostrò voler che ella appresso d'Elissa la sua raccontasse; la quale prestamente così cominciò: –Valorose donne, quanto i preti e' frati e ogni cherico sieno sollecitatori delle menti nostre in più novelle dette mi ricorda esser mostrato; ma per ciò che dire non se ne potrebbe tanto, che ancora più non ne fosse, io oltre a quelle intendo di dirvene una d'un proposto il quale, malgrado di tutto il mondo, voleva che una gentil donna vedova gli volesse bene, o volesse ella o no: la quale, sì come molto savia, il trattò sì come egli era degno. Come ciascuna di voi sa, Fiesole, il cui poggio noi possiamo di quinci vedere, fu già antichissima città e grande, come che oggi tutta disfatta sia, né per ciò è mai cessato che vescovo avuto non abbia, e ha ancora. Quivi vicino alla maggior chiesa ebbe già una gentil donna vedova, chiamata monna Piccarda, un suo podere con una casa non troppo grande; e per ciò che la più agiata donna del mondo non era, quivi la maggior parte dell'anno dimorava, e con lei due suoi fratelli, giovani assai da bene e cortesi. Ora avvenne che, usando questa donna alla chiesa maggiore e essendo ancora assai giovane e bella e piacevole, di lei s'innamorò sì forte il proposto della chiesa, che più qua né più là non vedea; e dopo alcun tempo fu di tanto ardire, che egli medesimo disse a

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