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Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 111sempre soleva in sul far del dì vedersi delle gru, nel menò dicendo: “Tosto vedremo chi avrà iersera mentito, o tu o io.” Chichibio, veggendo che ancora durava l'ira di Currado e che far gli conveniva pruova della sua bugia, non sappiendo come poterlasi fare cavalcava appresso a Currado con la maggior paura del mondo, e volentieri, se potuto avesse, si sarebbe fuggito; ma non potendo, ora innanzi e ora adietro e dallato si riguardava, e ciò che vedeva credeva che gru fossero che stessero in due piè. Ma già vicini al fiume pervenuti, gli venner prima che a alcun vedute sopra la riva di quello ben dodici gru, le quali tutte in un piè dimoravano, sì come quando dormono soglion fare; per che egli, prestamente mostratele a Currado, disse: “Assai bene potete, messer, vedere che iersera vi dissi il vero, che le gru non hanno se non una coscia e un piè, se voi riguardate a quelle che colà stanno.” Currado vedendole disse: “Aspettati, che io ti mostrerò che elle n'hanno due”, e fattosi alquanto più a quelle vicino, gridò: “Ho, ho!”, per lo qual grido le gru, mandato l'altro piè giù, tutte dopo alquanti passi cominciarono a fuggire; laonde Currado rivolto a Chichibio disse: “Che ti par, ghiottone? parti che elle n'abbian due?” Chichibio quasi sbigottito, non sappiendo egli stesso donde si venisse, rispose: “Messer sì, ma voi non gridaste ‘ho, ho!’ a quella d'iersera; ché se così gridato aveste ella avrebbe così l'altra coscia e l'altro piè fuor mandata, come hanno fatto queste.” A Currado piacque tanto questa risposta, che tutta la sua ira si convertì in festa e riso, e disse: “Chichibio, tu hai ragione: ben lo doveva fare.” Così adunque con la sua pronta e sollazzevol risposta Chichibio cessò la mala ventura e paceficossi col suo signore.– 5 Messer Forese da Rabatta e maestro Giotto dipintore, venendo di Mugello, l'uno la sparuta apparenza dell'altro motteggiando morde. Come Neifile tacque, avendo molto le donne preso di piacere della risposta di Chichibio, così Panfilo per volere della reina disse: –Carissime donne, egli avviene spesso che, sì come la fortuna sotto vili arti alcuna volta grandissimi tesori di vertù nasconde, come poco avanti per Pampinea fu mostrato, così ancora sotto turpissime forme d'uomini si truovano maravigliosi ingegni dalla natura essere stati riposti. La qual cosa assai apparve in due nostri cittadini de' quali io intendo brievemente di ragionarvi: per ciò che l'uno, il quale messer Forese da Rabatta fu chiamato, essendo di persona piccolo e isformato, con viso piatto e ricagnato che a qualunque de' Baronci più trasformato l'ebbe sarebbe stato sozzo, fu di tanto sentimento nelle leggi, che da molti valenti uomini uno armario di ragione civile fu reputato; e l'altro, il cui nome fu Giotto, ebbe uno ingegno di tanta eccellenzia, che niuna cosa dà la natura, madre di tutte le cose e operatrice col continuo girar de' cieli, che egli con lo stile e con la penna o col pennello non dipignesse sì simile a quella, che non simile, anzi più tosto dessa paresse, in tanto che molte volte nelle cose da lui fatte si truova che il visivo senso degli uomini vi prese errore, quello credendo esser vero che era dipinto. E per ciò, avendo egli quell'arte ritornata in luce, che molti secoli sotto gli error d'alcuni, che più a dilettar gli occhi degl'ignoranti che a compiacere allo 'ntelletto de' savi dipignendo, era stata sepulta, meritamente una delle luci della fiorentina gloria dir si puote; e tanto più, quanto con maggiore umiltà, maestro degli altri in ciò, vivendo quella acquistò, sempre rifiutando d'esser chiamato maestro. Il qual titolo rifiutato da lui tanto più in lui risplendeva, quanto con maggior disidero da quegli che men sapevan di lui o da' suoi discepoli era cupidamente usurpato. Ma quantunque la sua arte fosse grandissima, non era egli per ciò né di persona né d'aspetto in niuna cosa più bello che fosse messer Forese. Ma alla novella venendo, dico. Avevano in Mugello messer Forese e Giotto lor possessioni; e essendo messer Forese le sue andate a vedere, in quegli tempi di state che le ferie si celebran per le corti, e per avventura in su un cattivo ronzin da vettura venendosene, trovò il già detto Giotto, il quale similmente avendo le sue vedute se ne tornava a Firenze; il quale né in cavallo né in arnese essendo in cosa alcuna meglio di lui, sì come vecchi a pian passo venendosene insieme s'accompagnarono. Avvenne, come spesso di state veggiamo avvenire, che una subita piova gli sopraprese: la quale essi, come più tosto poterono, fuggirono in casa d'un lavoratore amico e conoscente di ciascheduno di loro. Ma dopo alquanto, non faccendo l'acqua alcuna vista di dover ristare e costoro volendo essere il dì a Firenze, presi dal lavoratore in prestanza due mantellacci vecchi di romagnuolo e due cappelli tutti rosi dalla vecchiezza, per ciò che migliori non v'erano, cominciarono a camminare. Ora, essendo essi alquanto andati e tutti molli veggendosi e per gli schizzi che i ronzini fanno co' piedi in quantità zaccherosi, le quali cose non sogliono altrui accrescer punto d'orrevolezza, rischiarandosi alquanto il tempo, essi, che lungamente erano venuti taciti, cominciarono a ragionare. E messer Forese, cavalcando e ascoltando Giotto, il quale bellissimo favellatore era, cominciò a considerarlo e da lato e da capo e per tutto, e veggendo ogni cosa così disorrevole e così disparuto, senza avere a sé niuna considerazione, cominciò a ridere e disse: “Giotto, a che ora venendo di qua alla 'ncontro di noi un forestiere che mai veduto non t'avesse, credi tu che egli credesse che tu fossi il migliore dipintore del mondo, come tu se'?” A cui Giotto prestamente rispose: “Messere, credo che egli il crederebbe allora che, guardando voi, egli crederebbe che voi sapeste l'abicì.” Il che messer Forese udendo il suo error riconobbe, e videsi di tal moneta pagato, quali erano state le derrate vendute.– 6 Pruova Michele Scalza a certi giovani come i Baronci sono i più gentili uomini del mondo o di Maremma e vince una cena. Ridevano ancora le donne della bella e presta risposta di Giotto, quando la reina impose il seguitare alla Fiammetta; la quale così incominciò a parlare: –Giovani donne, l'essere stati ricordati i Baronci da Panfilo, li quali per avventura voi non conoscete come fa egli, m'ha nella memoria tornata una novella, nella quale quanta sia la lor nobiltà si dimostra senza dal nostro proposito deviare; e per ciò mi piace di raccontarla. Egli non è ancora guari di tempo passato che nella nostra città era un giovane chiamato Michele Scalza, il quale era il più piacevole e il più sollazzevole uom del mondo e le più nuove novelle aveva per le mani; per la qual cosa i giovani fiorentini avevan molto caro, quando in brigata si trovavano, di potere aver lui. Ora avvenne un giorno che, essendo egli con alquanti a Montughi, si cominciò tra loro una quistion così fatta: quali fossero li più gentili uomini di Firenze e i più antichi; de' quali alcuni dicevano gli Uberti e altri i Lamberti, e chi uno e chi un altro, secondo che nell'animo gli capea. Li quali udendo lo Scalza cominciò a ghignare e disse: “Andate via, andate, goccioloni che voi siete, voi non sapete ciò che voi vi dite: i più gentili uomini e i più antichi, non che di Firenze ma di tutto il mondo o di Maremma, sono i Baronci, e a questo s'accordano tutti i fisofoli e ogni uomo che gli conosce come fo io: e acciò che voi non intendeste d'altri, io dico de' Baronci vostri vicini da Santa Maria Maggiore.” Quando i giovani, che aspettavano che egli dovesse dire altro, udiron questo, tutti si fecero beffe di lui e dissero: “Tu ci uccelli, quasi come se noi non cognoscessimo i Baronci come facci tu.” Disse lo Scalza: “Alle guagnele non fo, anzi mi dico il vero: e se egli ce n'è niuno che voglia metter sù una cena a doverla dare a chi vince, con sei compagni quali Tag: forese uomini gru mondo tanto uno tutti alquanto due Argomenti: tanto sentimento, persona piccolo, ragione civile, visivo senso, lavoratore amico Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Le femmine puntigliose di Carlo Goldoni Garibaldi di Francesco Crispi Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi Nel sogno di era Novelle rusticane di Giovanni Verga Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Offerte Capodanno Bali Il Boa constrictor Maldive, immersi in paradiso Betta splendens: caratteristiche del pesce combattente Sharm El Sheik, un mare d'Egitto
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