Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 67

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lasciata la possessione e dileguatasi con intenzione di mai in Rossiglione non tornare. Quivi, mentre ella parlava, furon lagrime sparte assai da' buoni uomini e a lei porti molti prieghi che le piacesse di mutar consiglio e di rimanere; ma niente montarono. Essa, accomandati loro a Dio, con un suo cugino e con una sua cameriera in abito di pellegrini, ben forniti a denari e care gioie, senza sapere alcuno ove ella s'andasse, entrò in camino né mai ristette sì fu in Firenze: e quivi per avventura arrivata in uno alberghetto, il quale una buona donna vedova teneva, pianamente a guisa di povera pellegrina si stava, disiderosa di sentir novelle del suo signore. Avvenne adunque che il seguente dì ella vide davanti all'albergo passare Beltramo a cavallo con sua compagnia; il quale quantunque ella molto ben conoscesse, nondimeno domandò la buona donna dell'albergo chi egli fosse. A cui l'albergatrice rispose: “Questi è un gentile uom forestiere, il quale si chiama il conte Beltramo, piacevole e cortese e molto amato in questa città, e è il più innamorato uom del mondo d'una nostra vicina, la quale è gentil femina ma è povera. Vero è che onestissima giovane è e per povertà non si marita ancora ma con una sua madre, savissima e buona donna, si sta; e forse, se questa sua madre non fosse, avrebbe ella già fatto di quello che a questo conte fosse piaciuto.” La contessa queste parole intendendo raccolse bene e più tritamente essaminando vegnendo ogni particularità e bene ogni cosa compresa, formò il suo consiglio: e apparata la casa e 'l nome della donna e della sua figliuola dal conte amata, un giorno tacitamente in abito pellegrino là se ne andò. E la donna e la sua figliuola trovate assai poveramente, salutatele disse alla donna, quando le piacesse, le volea parlare. La gentil donna, levatasi, disse che apparecchiata era d'udirla; e entratesene sole in una sua camera e postesi a sedere, cominciò la contessa: “Madonna, e' mi pare che voi siate delle nemiche della fortuna come sono io: ma, dove voi voleste, per avventura voi potreste voi e me consolare.” La donna rispose che niuna cosa disiderava quanto di consolarsi onestamente. Seguì la contessa: “A me bisogna la vostra fede nella quale se io mi rimetto e voi m'ingannaste, voi guastereste i vostri fatti e' miei.” “Sicuramente” disse la gentil donna “ogni cosa che vi piace mi dite, ché mai da me non vi troverete ingannata.” Allora la contessa, cominciatasi dal suo primo innamoramento, chi ella era e ciò che intervenuto l'era infino a quel giorno le raccontò per sì fatta maniera che la gentil donna, dando fede alle sue parole, sì come quella che già in parte udite l'aveva da altrui, cominciò di lei a aver compassione. E la contessa, i suoi casi raccontati, seguì: “Udite adunque avete tra l'altre mie noie quali sieno quelle due cose che aver mi convenga se io voglio avere il mio marito; le quali niuna altra persona conosco che farmele possa avere se non voi, se quello è vero che io intendo, cioè che il conte mio marito sommamente ami vostra figliuola.” A cui la gentil donna disse: “Madonna, se il conte ama mia figliuola io nol so, ma egli ne fa gran sembianti; ma che posso io per ciò in questo adoperare che voi disiderate?” “Madonna, “ rispose la contessa “io il vi dirò; ma primieramente vi voglio mostrar quello che io voglio che ve ne segua, dove voi mi serviate. Io veggio vostra figliuola bella e grande da marito: e, per quello che io abbia inteso e comprender mi paia, il non aver ben da maritarla ve la fa guardare in casa. Io intendo che, in merito del servigio che mi farete, di darle prestamente de' miei denari quella dote che voi medesima a maritarla onorevolemente stimerete che sia convenevole.” Alla donna, sì come bisognosa, piacque la proferta ma tuttavia, avendo l'animo gentil, disse: “Madonna, ditemi quello che io possa per voi operare, e, se egli sarà onesto a me, io il farò volentieri, e voi appresso farete quello che vi piacerà.” Disse allora la contessa: “A me bisogna che voi, per alcuna persona di cui voi vi fidiate, facciate al conte mio marito dire che vostra figliuola sia presta a fare ogni suo piacere, dove ella possa esser certa che egli così l'ami come dimostra; il che ella non crederà mai, se egli non le manda l'anello il quale egli porta in mano e che ella ha udito che egli ama cotanto: il quale se egli vi manda, voi mi donerete. E appresso gli manderete a dire vostra figliuola essere apparecchiata di fare il piacer suo, e qui il farete occultamente venire e nascosamente me in iscambio di vostra figliuola gli metterete allato. Forse mi farà Idio grazia d'ingravidare: e così appresso, avendo il suo anello in dito e il figliuolo in braccio da lui generato, io il racquisterò e con lui dimorerò come moglie dee dimorar con marito, essendone voi stata cagione.” Gran cosa parve questa alla gentil donna, temendo non forse biasimo ne seguisse alla figliuola: ma pur pensando che onesta cosa era il dare opera che la buona donna riavesse il suo marito e che essa a onesto fine a far ciò si mettea, nella sua buona e onesta affezion confidandosi, non solamente di farlo promise alla contessa, ma infra pochi giorni con segreta cautela, secondo l'ordine dato da lei, e ebbe l'anello, quantunque gravetto paresse al conte, e lei in iscambio della figliuola a giacer col conte maestrevolemente mise. Ne' quali primi congiugnimenti affettuosissimamente dal conte cercati, come fu piacer di Dio, la donna ingravidò in due figliuoli maschi, come il parto al suo tempo venuto fece manifesto. Né solamente d'una volta contentò la gentil donna la contessa degli abbracciamenti del marito ma molte, sì segretamente operando che mai parola non se ne seppe, credendosi sempre il conte non con la moglie ma con colei la quale egli amava essere stato; a cui, quando a partir si venia la mattina, avea parecchi belle e care gioie donate, le quali tutte diligentemente la contessa guardava. La quale, sentendosi gravida, non volle più la gentil donna gravare di tal servigio ma le disse: “Madonna, la Dio mercé e la Vostra, io ho ciò che io disiderava, e per ciò tempo è che per me si faccia quello che v'agraderà, acciò che io poi me ne vada.” La gentil donna le disse che, se ella aveva cosa che l'agradisse, che le piaceva, ma che ciò ella non avea fatto per alcuna speranza di guiderdone ma perché le pareva doverlo fare a voler ben fare. A cui la contessa disse: “Madonna, questo mi piace bene, e così d'altra parte io non intendo di donarvi quello che voi mi domanderete per guiderdone ma per far bene, ché mi pare che si debba così fare.” La gentil donna allora, da necessità costretta, con grandissima vergogna cento lire le domandò per maritar la figliuola. La contessa, cognoscendo la sua vergogna e udendo la sua cortese domanda, le ne donò cinquecento e tanti belli e cari gioielli che valeano per avventura altrettanto; di che la gentil donna vie più che contenta, quelle grazie che maggior poté alla contessa rendé, la quale da lei partitasi se ne tornò all'albergo. La gentil donna, per torre materia a Beltramo di più né mandar né venire a casa sua, insieme con la figliuola se n'andò in contado a casa di suoi parenti; e Beltramo ivi a poco tempo, da' suoi uomini richiamato, a casa sua, udendo che la contessa s'era dileguata, se ne tornò. La contessa, sentendo lui di Firenze partito e tornato nel suo contado, fu contenta assai; e tanto in Firenze dimorò, che 'l tempo del parto venne, e partorì due figliuoli maschi simigliantissimi al padre loro. Quegli fé diligentemente nudrire e, quando tempo le parve, in cammino messasi, senza essere da alcuna persona conosciuta, a Monpulier se ne venne; e quivi più giorni riposata, e del conte e dove fosse avendo spiato e sentendo lui il di d'Ognisanti in Rossiglione dover fare una gran festa di donne e di cavalieri, pure in forma di pellegrina, come uscita n'era, là se

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