Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 120

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io non ne posso levar con l'unghie, e però io nol torrei se io nol vedessi prima netto.” Disse allora Peronella: “No, per quello non rimarrà il mercato; mio marito il netterà tutto.” E il marito disse: “Sì bene”, e posti giù i ferri suoi e ispogliatosi in camiscione, si fece accendere un lume e dare una radimadia e fuvvi entrato dentro e cominciò a radere. E Peronella, quasi veder volesse ciò che facesse, messo il capo per la bocca del doglio, che molto grande non era, e oltre a questo l'un de' bracci con tutta la spalla, cominciò a dire: “Radi quivi e quivi e anche colà” e “Vedine qui rimaso un micolino.” E mentre che così stava e al marito insegnava e ricordava, Giannello, il quale appieno non aveva quella mattina il suo disidero ancor fornito quando il marito venne, veggendo che come volea non potea, s'argomentò di fornirlo come potesse; e a lei accostatosi, che tutta chiusa teneva la bocca del doglio, e in quella guisa che negli ampi campi gli sfrenati cavalli e d'amor caldi le cavalle di Partia assaliscono, a effetto recò il giovinil desiderio; il quale quasi in un medesimo punto ebbe perfezione e fu raso il doglio, e egli scostatosi e la Peronella tratto il capo del doglio e il marito uscitone fuori. Per che Peronella disse a Giannello: “Te' questo lume, buono uomo, e guata se egli è netto a tuo modo.” Giannello, guardatovi dentro, disse che stava bene e che egli era contento; e datigli sette gigliati a casa sel fece portare.– 3 Frate Rinaldo si giace colla comare; truovalo il marito in camera con lei, e fannogli credere che egli incantava vermini al figlioccio. Non seppe sì Filostrato parlare obscuro delle cavalle partice, che l'avedute donne non ne ridessono, sembiante faccendo di rider d'altro. Ma poi che il re conobbe la sua novella finita, a Elissa impose che ragionasse; la quale, disposta a ubidire, incominciò: –Piacevoli donne, lo 'ncantar della fantasima d'Emilia m'ha fatto tornare alla memoria una novella d'un'altra incantagione, la quale, quantunque così bella non sia come fu quella, per ciò che altra alla nostra materia non me ne occorre al presente, la racconterò. Voi dovete sapere che in Siena fu già un giovane assai leggiadro e d'orrevole famiglia, il quale ebbe nome Rinaldo; e amando sommamente una sua vicina, e assai bella donna e moglie d'un ricco uomo, e sperando, se modo potesse avere di parlarle senza sospetto, dovere aver da lei ogni cosa che egli disiderasse, non vedendone alcuno e essendo la donna gravida, pensossi di volere suo compar divenire: e accontatosi col marito di lei, per quel modo che più onesto gli parve gliele disse, e fu fatto. Essendo adunque Rinaldo di madonna Agnesa divenuto compare e avendo alquanto d'albritrio più colorato di poterle parlare, assicuratosi, quello della sua intenzione con parole le fece conoscere che ella molto davanti negli atti degli occhi suoi avea conosciuto: ma poco per ciò gli valse, quantunque d'averlo udito non dispiacesse alla donna. Addivenne non guari poi, che che si fosse la ragione, che Rinaldo si rendé frate, e chente che egli trovasse la pastura egli perseverò in quello. E avvegna che egli alquanto, di que' tempi che frate si fece, avesse dall'un de' lati posto l'amore che alla sua comar portava e certe altre sue vanità, pure in processo di tempo, senza lasciar l'abito, se le riprese; e cominciò a dilettarsi d'apparere e di vestir di buon panni e d'essere in tutte le sue cose leggiadretto e ornato e a fare delle canzoni e de' sonetti e delle ballate e a cantare, e tutto pieno d'altre cose a queste simili. Ma che dico io di frate Rinaldo nostro di cui parliamo? Quali son quegli che così non facciano? Ahi vitupero del guasto mondo! Essi non si vergognano d'apparir grassi, d'apparir coloriti nel viso, d'apparir morbidi ne' vestimenti e in tutte le cose loro, e non come colombi ma come galli tronfi colla cresta levata pettoruti procedono: e che è peggio (lasciamo stare d'aver le lor celle piene d'alberelli di lattovari e d'unguenti colmi, di scatole di varii confetti piene, d'ampolle e di guastadette con acque lavorate e con oli, di bottacci di malvagia e di greco e d'altri vini preziosissimi traboccanti, in tanto che non celle di frati ma botteghe di speziali o d'unguentarii appaiono più tosto a' riguardanti) essi non si vergognano che altri sappia loro esser gottosi, e credonsi che altri non conosca e sappia che i digiuni assai, le vivande grosse e poche e il viver sobriamente faccia gli uomini magri e sottili e il più sani; e se pure infermi ne fanno, non almeno di gotte gl'infermano, alle quali si suole per medicina dare la castità e ogn'altra cosa a vita di modesto frate appartenente. E credonsi che altri non conosca, oltra la sottil vita, le vigilie lunghe, l'orare e il disciplinarsi dover gli uomini pallidi e afflitti rendere, e che né san Domenico né san Francesco, senza aver quatro cappe per uno, non di tintillani né d'altri panni gentili ma di lana grossa fatti e di natural colore, a cacciare il freddo e non a apparere si vestissero. Alle quali cose Iddio provega, come all'anime de' semplici che gli nutricano fa bisogno. Così adunque ritornato frate Rinaldo ne' primi appetiti, cominciò a visitare molto spesso la comare; e cresciutagli baldanza, con più instanzia che prima non faceva la cominciò a sollicitare a quello che egli di lei disiderava. La buona donna, veggendosi molto sollicitare e parendole frate Rinaldo forse più bello che non pareva, essendo un dì molto da lui infestata a quello ricorse che fanno tutte quelle che voglia hanno di concedere quello che è addimandato, e disse: “Come, frate Rinaldo, o fanno così fatte cose i frati?” A cui frate Rinaldo rispose: “Madonna, qualora io avrò questa cappa fuor di dosso, che me la traggo molto agevolmente, io vi parrò uno uomo fatto come gli altri e non frate.” La donna fece bocca da ridere e disse: “Oimè trista! voi siete mio compare: come si farebbe questo? Egli sarebbe troppo gran male, e io ho molte volte udito che egli è troppo gran peccato: e per certo, se ciò non fosse, io farei ciò che voi voleste.” A cui frate Rinaldo disse: “Voi siete una sciocca se per questo lasciate. Io non dico che non sia peccato, ma de' maggiori perdona Iddio a chi si pente. Ma ditemi: chi è più parente del vostro figliuolo, o io che il tenni a battesimo o vostro marito che il generò?” La donna rispose: “È più suo parente mio marito.” “E voi dite il vero, “ disse il frate “e vostro marito non si giace con voi?” “Mai sì” rispose la donna. “Adunque” disse il frate “e io, che son men parente di vostro figliuolo che non è vostro marito, così mi debbo poter giacere con voi come vostro marito.” La donna, che loica non sapeva e di piccola levatura aveva bisogno, o credette o fece vista di credere che il frate dicesse vero, e rispose: “Chi saprebbe rispondere alle vostre savie parole?”; e appresso, non obstante il comparatico, si recò a dover fare i suoi piaceri. Né incominciarono per una volta ma sotto la coverta del comparatico avendo più agio, perché la sospezione era minore, più e più volte si ritrovarono insieme. Ma tra l'altre una avvenne che, essendo frate Rinaldo venuto a casa la donna e vedendo quivi niuna persona essere altri che una fanticella della donna, assai bella e piacevoletta, mandato il compagno suo con essolei nel palco de' colombi a insegnarle il paternostro, egli colla donna, che il fanciullin suo avea per mano, se n'entrarono nella camera e dentro serrati sopra un lettuccio da sedere, che in quella era, s'incominciarono a trastullare. E in questa guisa dimorando, avvenne che il compar tornò e, senza esser sentito da alcuno, fu all'uscio della camera e picchiò e chiamò la donna. Madonna Agnesa, questo sentendo, disse: “Io son morta, ché ecco il marito mio: ora sì pure avvedrà egli qual sia la cagione della nostra dimestichezza.” Era frate Rinaldo spogliato, cioè senza cappa e

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Argomenti: modesto frate

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