Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 66

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pose a questo Beltramo. Al quale, morto il conte e lui nelle mani del re lasciato, ne convenne andare a Parigi, di che la giovinetta fieramente rimase sconsolata: e non guari appresso essendosi il padre di lei morto, se onesta cagione avesse potuta avere, volentieri a Parigi per vedere Beltramo sarebbe andata; ma essendo molto guardata, per ciò che ricca e sola era rimasa, onesta via non vedea. E essendo ella già d'età da marito, non avendo mai potuto Beltramo dimenticare, molti a' quali i suoi parenti l'avevan voluta maritare rifiutati n'avea senza la cagion dimostrare. Ora avvenne che, ardendo ella dell'amor di Beltramo più che mai, per ciò che bellissimo giovane udiva ch'era divenuto, le venne sentita una novella, come al re di Francia, per una nascenza che avuta avea nel petto e era male stata curata, gli era rimasa una fistola la quale di grandissima noia e di grandissima angoscia gli era, né s'era ancor potuto trovar medico, come che molti se ne fossero espermentati, che di ciò l'avesse potuto guerire ma tutti l'avean peggiorato: per la qual cosa il re disperatosene, più d'alcun non volea né consiglio né aiuto. Di che la giovane fu oltre modo contenta, e pensossi non solamente per questo aver legittima cagione d'andare a Parigi, ma, se quella infermità fosse che ella credeva, leggiermente poterle venir fatto d'aver Beltram per marito. Laonde, sì come colei che già dal padre aveva assai cose apprese, fatta sua polvere di certe erbe utili a quella infermità che avvisava che fosse, montò a cavallo e a Parigi n'andò. Né prima altro fece che ella s'ingegnò di veder Beltramo; e appresso nel cospetto del re venuta, di grazia chiese che la sua infermità gli mostrasse. Il re, veggendola bella giovane e avvenente, non gliele seppe disdire, mostrogliele. Come costei l'ebbe veduta, così incontanente si confortò di doverlo guerire e disse: “Monsignore, quando vi piaccia, senza alcuna noia o fatica di voi, io ho speranza in Dio d'avervi in otto giorni di questa infermità renduto sano.” Il re si fece in se medesimo beffe delle parole di costei dicendo: “Quello che i maggior medici del mondo non hanno potuto né saputo, una giovane femina come il potrebbe sapere?” Ringraziolla adunque della sua buona volontà e rispose che proposto avea seco di più consiglio di medico non seguire. A cui la giovane disse: “Monsignore, voi schifate la mia arte perché giovane e femina sono, ma io vi ricordo che io non medico con la mia scienza, anzi con l'aiuto di Dio e con la scienza del maestro Gerardo nerbonese, il quale mio padre fu e famoso medico mentre visse.” Il re allora disse seco: “Forse m'è costei mandata da Dio; perché non pruovo io ciò che ella sa fare, poi dice senza noia di me in picciol tempo guerirmi?”; e accordatosi di provarlo disse: “Damigella, e se voi non ci guerite, faccendoci rompere il nostro proponimento, che volete voi che ve ne segua?” “Monsignore, “ rispose la giovane “fatemi guardare, e se io infra otto giorni non vi guerisco, fatemi brusciare: ma se io vi guerisco, che merito me ne seguirà?” A cui il re rispose: “Voi me parete ancora senza marito; se ciò farete, noi vi maritaremo bene e altamente.” Al quale la giovane disse: “Monsignore, veramente mi piace che voi mi maritiate, ma io voglio un marito tale quale io il vi domanderò, senza dovervi domandare alcun de' vostri figliuoli o della casa reale.” Il re tantosto le promise di farlo. La giovane cominciò la sua medicina e in brieve anzi il termine l'ebbe condotto a sanità; di che il re, guerito sentendosi, disse: “Damigella, voi avete ben guadagnato il marito.” A cui ella rispose: “Adunque, monsignore, ho io a guadagnato Beltramo di Rossiglione, il quale infino nella mia puerizia io cominciai a amare e ho poi sempre sommamente amato.” Gran cosa parve al re dovergliele dare; ma poi che promesso l'avea, non volendo della sua fé mancare, sel fece chiamare e sì gli disse: “Beltramo, voi siete omai grande e fornito: noi vogliamo che voi torniate a governare il vostro contado e con voi ne meniate una damigella la quale noi v'abbiamo per moglier data.” Disse Beltramo: “E chi è la damigella, monsignore?” A cui il re rispose: “Ella è colei la quale n'ha con le sue medicine sanità renduta.” Beltramo, il quale la conoscea e veduta l'avea, quantunque molto bella gli paresse, conoscendo lei non esser di legnaggio che alla sua nobiltà bene stesse, tutto sdegnoso disse: “Monsignore, dunque mi volete voi dar medica per mogliere? Già a Dio non piaccia che io sì fatta femina prenda giammai.” A cui il re disse: “Dunque volete voi che noi vegniamo meno di nostra fede, la qual noi per riaver sanità donammo alla damigella che voi in guiderdon di ciò domandò per marito?” “Monsignore, “ disse Beltramo “voi mi potete torre quanto io tengo, e donarmi, sì come vostro uomo, a chi vi piace; ma di questo vi rendo sicuro che mai io non sarò di tal maritaggio contento.” “Sì sarete” disse il re “per ciò che la damigella è bella e savia e amavi molto: per che speriamo che molto più lieta vita con lei avrete che con una dama di più alto legnaggio non avreste.” Beltramo si tacque, e il re fece fare l'apparecchio grande per la festa delle nozze; e venuto il giorno a ciò diterminato, quantunque Beltramo mal volentieri il facesse, nella presenzia del re la damigella sposò che più che sé l'amava. E questo fatto, come colui che seco già pensato avea quello che far dovesse, dicendo che al suo contado tornar si volea e quivi consumare il matrimonio, chiese commiato al re: e montato a cavallo, non nel suo contado se n'andò ma se ne venne in Toscana. E saputo che i fiorentini guerreggiavano co' sanesi, a essere in lor favor si dispose; dove lietamente ricevuto e con onore fatto di certa quantità di gente capitano, e da loro avendo buona provisione, al loro servigio si rimase e fu buon tempo. La novella sposa, poco contenta di tal ventura, sperando di doverlo, per suo bene operare, rivocare al suo contado, se ne venne a Rossiglione, dove da tutti come lor donna fu ricevuta. Quivi trovando ella, per lo lungo tempo che senza conte stato v'era, ogni cosa guasta e scapestrata, sì come savia donna con gran diligenzia e sollecitudine ogni cosa rimise in ordine; di che i subgetti si contentaron molto e lei ebbero molto cara e poserle grande amore, forte biasimando il conte di ciò che egli di lei non si contentava. Avendo la donna tutto racconcio il paese, per due cavalieri al conte il significò pregandolo che, se per lei stesse di non venire al suo contado, gliele significasse, e ella per compiacergli si partirebbe. Alli quali esso durissimo disse: “Di questo faccia ella il piacer suo; io per me vi tornerò allora a esser con lei che ella questo anello avrà in dito e in braccio figliuolo di me acquistato.” Egli avea l'anello assai caro né mai da sé il partiva per alcuna vertù che stato gli era dato a intendere ch'egli avea. I cavalieri intesero la dura condizione posta nelle due quasi impossibili cose; e veggendo che per loro parole dal suo proponimento nol potevan rimovere, si tornarono alla donna e la sua risposta le raccontarono. La quale, dolorosa molto, dopo lungo pensiero diliberò di voler sapere se quelle due cose potessero venir fatto. Dove, acciò che per conseguente il marito suo riavesse e avendo quello che far dovesse avvisato, ragunati una parte de' maggiori e de' migliori uomini del suo contado, loro assai ordinatamente e con pietose parole raccontò ciò che già fatto avea per amor del conte e mostrò quello che di ciò seguiva: e ultimamente disse che sua intenzion non era che per la sua dimora quivi il conte stesse in perpetuo essilio, anzi intendeva di consumare il rimanente della sua vita in pellegrinaggi e in servigi misericordiosi per salute dell'anima sua; e pregogli che la guardia e il governo del contado prendessero e al conte significassero lei avergli vacua e espedita

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Argomenti: lungo tempo,    bella giovane,    lungo pensiero

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