Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 13

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farlo incarcerare acciò che esso solo possedesse la guadagnata preda: e fattoselo chiamare, gravissimamente e con mal viso il riprese e comandò che fosse in carcere messo. Il monaco prontissimamente rispose: “Messere, io non sono ancora tanto all'Ordine di san Benedetto stato, che io possa avere ogni particularità di quello apparata; e voi ancora non m'avavate monstrato che' monaci si debban far dalle femine premiere come da' digiuni e dalle vigilie; ma ora che mostrato me l'avete, vi prometto, se questa mi perdonate, di mai più in ciò non peccare, anzi farò sempre come io a voi ho veduto fare.” L'abate, che accorto uomo era, prestamente conobbe costui non solamente aver più di lui saputo, ma veduto ciò che esso aveva fatto; per che, dalla sua colpa stessa rimorso, si vergognò di fare al monaco quello che egli, sì come lui, aveva meritato. E perdonatogli e impostogli di ciò che veduto aveva silenzio, onestamente misero la giovanetta di fuori e poi più volte si dee credere ve la facesser tornare.– 5 La marchesana di Monferrato con un convito di galline e con alquante leggiadre parolette reprime il folle amore del re di Francia. La novella da Dioneo raccontata prima con un poco di vergogna punse i cuori delle donne ascoltanti e con onesto rossore nel loro viso apparito ne diede segno; e poi quella, l'una l'altra guardando, appena del rider potendosi abstenere, soghignando ascoltarono. Ma venuta di questa la fine, poi che lui con alquante dolci parolette ebber morso, volendo mostrare che simili novelle non fossero tra donne da raccontare, la reina, verso la Fiammetta che appresso di lui sopra l'erba sedeva rivolta, che essa l'ordine seguitasse le comandò. La quale vezzosamente e con lieto viso incominciò: –Sì perché mi piace noi essere entrati a dimostrare con le novelle quanta sia la forza delle belle e pronte risposte, e sì ancora perché quanto negli uomini è gran senno il cercar d'amar sempre donna di più alto legnaggio che egli non è, così nelle donne è grandissimo avvedimento il sapersi guardare dal prendersi dell'amore di maggiore uomo che ella non è, m'è caduto nell'animo, donne mie belle, di mostrarvi, nella novella che a me tocca di dire, come e con opere e con parole una gentil donna sé da questo guardasse e altrui ne rimovesse. Era il marchese di Monferrato, uomo d'alto valore, gonfaloniere della Chiesa, oltremare passato in un general passaggio da' cristiani fatto con armata mano. E del suo valore ragionandosi nella corte del re Filippo il bornio, il quale a quello medesimo passaggio andar di Francia s'aparecchiava, fu per un cavalier detto non esser sotto le stelle una simile coppia a quella del marchese e della sua donna: però che, quanto tra' cavalieri era d'ogni virtù il marchese famoso, tanto la donna tra tutte l'altre donne del mondo era bellissima e valorosa. Le quali parole per sì fatta maniera nell'animo del re di Francia entrarono, che, senza mai averla veduta, di subito ferventemente la cominciò a amare; e propose di non volere, al passaggio al quale andava, in mare entrare altrove che a Genova, acciò che quivi, per terra andando, onesta cagione avesse di dovere andare la marchesana a vedere, avvisandosi che, non essendovi il marchese, gli potesse venir fatto di mettere a effetto il suo disio. E secondo il pensier fatto mandò a essecuzione: per ciò che, mandato avanti ogni uomo, esso con poca compagnia e di gentili uomini entrò in cammino; e, avvicinandosi alle terre del marchese, un dì davanti mandò a dire alla donna che la seguente mattina l'attendesse a desinare. La donna, savia e avveduta, lietamente rispose che questa l'era somma grazia sopra ogn'altra e che egli fosse il ben venuto. E appresso entrò in pensiero che questo volesse dire, che uno così fatto re, non essendovi marito di lei, la venisse a visitare: né la 'ngannò in questo l'aviso, cioè che la fama della sua bellezza il vi traesse. Nondimeno, come valorosa donna dispostasi a onorarlo, fattisi chiamar di que' buoni uomini che rimasi v'erano, a ogni cosa oportuna con lor consiglio fece ordine dare, ma il convito e le vivande ella sola volle ordinare. E fatte senza indugio quante galline nella contrada erano ragunare, di quelle sole varie vivande divisò a' suoi cuochi per lo convito reale. Venne adunque il re il giorno detto e con gran festa e onore dalla donna fu ricevuto. Il quale, oltre a quello che compreso aveva per le parole del cavaliere, riguardandola, gli parve bella e valorosa e costumata, e sommamente se ne maravigliò e commendolla forte, tanto nel suo disio più accendendosi quanto da più trovava esser la donna che la sua passata stima di lei. E dopo alcun riposo preso in camere ornatissime di ciò che a quelle, per dovere un sì fatto re ricevere, s'appartiene, venuta l'ora del desinare, il re e la marchesana a una tavola sedettero, e gli altri secondo le loro qualità a altre mense furono onorati. Quivi essendo il re successivamente di molti messi servito e di vini ottimi e preziosi, e oltre a ciò con diletto talvolta la marchesana bellissima riguardando, sommo piacere avea; ma pur, venendo l'un messo appresso l'altro, cominciò il re alquanto a maravigliarsi conoscendo che quivi, quantunque le vivande diverse fossero, non pertanto di niuna cosa essere altro che di galline. E come che il re conoscesse il luogo, là dove era, dovere esser tale che copiosamente di diverse salvaggine avervi dovesse, e l'avere davanti significata la sua venuta alla donna spazio l'avesse dato di poter far cacciare, non pertanto, quantunque molto di ciò si maravigliasse, in altro non volle prender cagion di doverla mettere in parole se non delle sue galline; e con lieto viso rivoltosi verso lei disse: “Dama, nascono in questo paese solamente galline senza gallo alcuno?” La marchesana, che ottimamente la dimanda intese, parendole che secondo il suo disidero Domenedio l'avesse tempo mandato oportuno a poter la sua intenzion dimostrare, al re domandante baldanzosamente verso lui rivolta rispose: “Monsignor no, ma le femine, quantunque in vestimenti e in onori alquanto dall'altre variino, tutte per ciò son fatte qui come altrove.” Il re, udite queste parole, raccolse bene la cagione del convito delle galline e la vertù nascosa nelle parole, e accorsesi che invano con così fatta donna parole si gitterebbono e che forza non v'avea luogo; per che così come disavedutamente acceso s'era di lei, saviamente s'era da spegnere per onor di lui il male concetto fuoco. E senza più motteggiarla, temendo delle sue risposte, fuori d'ogni speranza desinò; e, finito il desinare, acciò che il presto partirsi ricoprisse la sua disonesta venuta, ringraziatala dell'onor ricevuto da lei, accomandandolo ella a Dio, a Genova se n'andò.– 6 Confonde un valente uomo con un bel detto la maluagia ipocresia de' religiosi. Emilia, la quale appresso la Fiammetta sedea, essendo già stato da tutte commendato il valore e il leggiadro gastigamento della marchesana fatto al re di Francia, come alla sua reina piacque, baldanzosamente a dir cominciò: –Né io altressì tacerò un morso dato da un valente uomo secolare a uno avaro religioso con un motto non meno da ridere che da commendare. Fu dunque, o care giovani, non è ancora gran tempo, nella nostra città un frate minore inquisitore della eretica pravità, il quale, come che molto s'ingegnasse di parer santo e tenero amatore della cristiana fede, sì come tutti fanno, era non meno buono investigatore di chi piena aveva la borsa che di chi di scemo nella fede sentisse. Per la quale sollecitudine per avventura gli venne trovato un buono uomo, assai più ricco di denar che di senno, al quale, non già per difetto di fede ma semplicemente parlando forse da vino o da soperchia letizia riscaldato, era venuto detto un dì a una sua brigata sé avere un vino sì buono che ne berebbe Cristo. Il che essendo allo 'nquisitor rapportato, e egli sentendo che li suoi poderi eran grandi e ben tirata la

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Argomenti: folle amore,    onesto rossore,    frate minore,    maggiore uomo,    medesimo passaggio

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