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Decameron di Giovanni Boccaccio pagina 129

Testo di pubblico dominio

udito come il buono vostro cognato tratta la sirocchia vostra, mercatantuolo di quatro denari che egli è? Ché, se io fossi come voi, avendo detto quello che egli ha di lei e faccendo quello che egli fa, io non mi terrei mai né contenta né appagata se io nol levassi di terra; e se io fossi uomo come io son femina, io non vorrei che altri ch'io se ne 'mpacciasse. Domine, fallo tristo, ubriaco doloroso che non si vergogna!” I giovani, vedute e udite queste cose, rivoltisi a Arriguccio gli dissero la maggior villania che mai a niun cattivo uom si dicesse; e ultimamente dissero: “Noi ti perdoniam questa sì come a ebbro, ma guarda che per la vita tua da quinci innanzi simili novelle noi non sentiamo più, ché per certo, se più nulla ce ne viene agli orecchi, noi ti pagheremo di questa e di quella”; e così detto se n'andarono. Arriguccio, rimaso come uno smemorato, seco stesso non sappiendo se quello che fatto avea era stato vero o se egli aveva sognato, senza più farne parola lasciò la moglie in pace; la qual non solamente con la sua sagacità fuggì il pericolo soprastante ma s'aperse la via a poter fare nel tempo avvenire ogni suo piacere, senza paura alcuna più aver del marito.– 9 Lidia moglie di Nicostrato ama Pirro: il quale, acciò che credere il possa, le chiede tre cose le quali ella gli fa tutte; e oltre a questo in presenza di Nicostrato si sollazza con lui e a Nicostrato fa credere che non sia vero quello che ha veduto. Tanto era piaciuta la novella di Neifile, che né di ridere né di ragionar di quella si potevano le donne tenere, quantunque il re più volte silenzio loro avesse imposto, avendo comandato a Panfilo che la sua dicesse: ma pur poi che tacquero, così Panfilo incominciò: –Io non credo, reverende donne, che niuna cosa sia, quantunque sia grave e dubbiosa, che a far non ardisca chi ferventemente ama; la qual cosa, quantunque in assai novelle sia stato dimostrato, nondimeno io il mi credo molto più con una che dirvi intendo mostrare, dove udirete d'una donna alla quale nelle sue opere fu troppo più favorevole la fortuna che la ragione avveduta. E per ciò non consiglierei io alcuna che dietro alle pedate di colei, di cui dire intendo, s'arrischiasse d'andare, per ciò che non sempre è la fortuna disposta, né sono al mondo tutti gli uomini abbagliati igualmente. In Argo, antichissima città d'Acaia, per li suoi passati re molto più fomosa che grande, fu già uno nobile uomo il quale appellato fu Nicostrato, a cui già vicino alla vecchiezza la fortuna concedette per moglie una gran donna non meno ardita che bella, detta per nome Lidia. Teneva costui, sì come nobile uomo e ricco, molta famiglia e cani e uccegli, e grandissimo diletto prendea nelle cacce; e aveva tra gli altri suoi famigliari un giovinetto leggiadro e addorno e bello della persona e destro a qualunque cosa avesse voluta fare, chiamato Pirro, il quale Nicostrato oltre a ogn'altro amava e più di lui si fidava. Di costui Lidia s'innamorò forte, tanto che né dì né notte che in altra parte che con lui aver poteva il pensiere: del quale amore o che Pirro non s'avvedesse o non volesse niente mostrava se ne curasse; di che la donna intollerabile noia portava all'animo. E disposta del tutto di fargliele sentire, chiamò a sé una sua cameriera nomata Lusca, della quale ella si confidava molto, e sì le disse: “Lusca, li benifici li quali tu hai da me ricevuti ti debbono fare obediente e fedele: e per ciò guarda che quello che io al presente ti dirò niuna persona senta già mai se non colui al quale da me ti fia imposto. Come tu vedi, Lusca, io son giovane e fresca donna e piena e copiosa di tutte quelle cose che alcuna può disiderare, e brievemente fuor che d'una non mi posso ramaricare: e questa è che gli anni del mio marito son troppi se co' miei si misurano, per la qual cosa di quello che le giovani donne prendono più piacere io vivo poco contenta. E pur come l'altre disiderandolo, è buona pezza che io diliberai meco di non volere, se la fortuna m'è stata poco amica in darmi così vecchio marito, essere io nimica di me medesima in non saper trovar modo a' miei diletti e alla mia salute. E per avergli così compiuti in questo come nell'altre cose, ho per partito preso di volere, sì come di ciò più degno che alcun altro, che il nostro Pirro co' suoi abbracciamenti gli supplisca, e ho tanto amore in lui posto, che io non sento mai bene se non tanto quanto io il veggio o di lui penso: e se io senza indugio non mi ritruovo seco per certo io me ne credo morire. E per ciò, se la mia vita t'è cara, per quel modo che miglior ti parrà, il mio amore gli significherai e sì 'l pregherrai da mia parte che gli piaccia di venire a me quando tu per lui andrai.” La cameriera disse che volentieri; e come prima tempo e luogo le parve, tratto Pirro da parte, quanto seppe il meglio l'ambasciata gli fece della sua donna. La qual cosa udendo Pirro si maravigliò forte, sì come colui che mai d'alcuna cosa avveduto non se n'era, e dubitò non la donna ciò facesse dirgli per tentarlo; per che subito e ruvidamente rispose: “Lusca, io non posso credere che queste parole vengano della mia donna, e per ciò guarda quel che tu parli; e se pure da lei venissero, non credo che con l'animo dir te le faccia; e se pur con l'animo dir le facesse, il mio signore mi fa più onore che io non vaglio, io non farei a lui sì fatto oltraggio per la vita mia; e però guarda che tu più di sì fatte cose non mi ragioni.” La Lusca non sbigottita per lo suo rigido parlare gli disse: “Pirro, e di queste e d'ogn'altra cosa che la mia donna m'imporrà ti parlerò io quante volte ella il mi comanderà, o piacere o noia che egli ti debbia essere: ma tu se' una bestia!” E turbatetta con le parole di Pirro se ne tornò alla donna, la quale udendole disiderò di morire; e dopo alcun giorno riparlò alla cameriera e disse: “Lusca, tu sai che per lo primo colpo non cade la quercia; per che a me pare che tu da capo ritorni a colui che in mio progiudicio nuovamente vuol divenir leale, e prendendo tempo convenevole gli mostra interamente il mio ardore e in tutto t'ingegna di far che la cosa abbia effetto; però che, se così s'intralasciasse, io ne morrei e egli si crederebbe essere stato beffato; e, dove il suo amor cerchiamo, ne seguirebbe odio.” La cameriera confortò la donna, e cercato di Pirro il trovò lieto e ben disposto e sì gli disse: “Pirro, io ti mostrai pochi dì sono in quanto fuoco la tua donna e mia stea per l'amor che ella ti porta, e ora da capo te ne rifò certo, che, dove tu in su la durezza che l'altrieri dimostrasti dimori, vivi sicuro che ella viverà poco. Per che io ti priego che ti piaccia di consolarla del suo disiderio; e dove tu pure in su la tua obstinazione stessi duro, là dove io per molto savio t'aveva, io t'avrò per uno scioccone. Che gloria ti può egli essere che una così fatta donna, così bella, così gentile te sopra ogn'altra cosa ami! Appresso questo, quanto ti può' tu conoscere alla fortuna obligato, pensando che ella t'abbia parata dinanzi così fatta cosa e a' disideri della tua giovanezza atta e ancora un così fatto rifugio a' tuoi bisogni! Qual tuo pari conosci tu che per via di diletto meglio stea che starai tu, se tu sarai savio? quale altro troverrai tu che in arme, in cavalli, in robe e in denari possa star come tu starai, volendo il tuo amor concedere a costei? Apri adunque animo alle mie parole e in te ritorna: ricordati che una volta senza più suole avvenire che la fortuna si fa altrui incontro col viso lieto e col grembo aperto; la quale chi allora non sa ricevere, poi trovandosi povero e mendico, di sé e non di lei s'ha a ramaricare. E oltre a questo non si vuol quella lealtà tra servidori usare e signori, che tra gli amici e par si conviene; anzi gli deono così i servidori trattare, in quel che possono, come essi da loro trattati sono. Speri tu, se tu avessi o bella moglie o madre o figliuola o sorella

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Argomenti: tanto amore,    nobile uomo,    donna intollerabile,    intollerabile noia,    tempo convenevole

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